Il riordino degli enti di area vasta

La Camera ha approvato in data 13/09/2017 la risoluzione D’Alia, Ribaudo, Kronbichler, Parisi, Gigli, Plangger ed altri n. 6-00335 presentata alla Relazione all’Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull’attuazione degli statuti speciali.
In particolare per gli enti di Area Vasta viene precisato quanto segue:

All’indomani del referendum costituzionale, si è avviato un dibattito sulle possibili conseguenze della mancata entrata in vigore della riforma della Costituzione sulla legge n.56 del 2014, con cui è si è operato il riordino degli enti di area vasta.

Come rilevato anche dai rappresentanti della Corte dei conti intervenuti in audizione, la mancata entrata in vigore della riforma costituzionale, che avrebbe espunto dal testo della Costituzione ogni riferimento alle Province, « ha avuto l’effetto di cristallizzare la riforma ordinamentale » operata con la richiamata legge n. 56 del 2014, che detta una disciplina per molti aspetti anticipatrice della riforma costituzionale. È peraltro la stessa legge a disporre (ai commi 5 e 51 dell’articolo 1) che le discipline riferite, rispettivamente, alle Città metropolitane e alle Province sono dettate in « attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione ».

A seguito degli esiti del referendum rimane immutata la collocazione nell’ordinamento delle Province, che continuano ad essere enti costitutivi della Repubblica assieme allo Stato, le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni (ai sensi dell’art. 114, primo comma, Cost.) e a vantare una propria autonomia (ai sensi dell’articolo 114, secondo comma, Cost.), anche in termini finanziari (ai sensi dell’articolo 119 Cost.). Ed è proprio alla luce della posizione di equiparazione agli altri enti territoriali delle Province che deve essere rapportata ogni ipotesi di intervento ulteriore che incida sugli enti di area vasta.

La Commissione ritiene auspicabile che ogni riflessione in proposito non prescinda dalle trasformazioni a livello territoriale nel frattempo intervenute, ed in particolare dalla rilevante attività legislativa posta in essere dalle Regioni in attuazione della legge n. 56. Le Regioni hanno proceduto infatti ad una complessiva ed estremamente articolata ridefinizione delle funzioni (peraltro non sempre circoscritta a quelle non fondamentali) e degli assetti degli enti locali che si è accompagnata ad una riorganizzazione delle strutture amministrative delle Regioni e degli enti di area vasta (che ha riguardato anche procedure di mobilità di personale, ormai definite), nonché a trasferimenti di risorse finanziarie e beni strumentali. Si tratta di un processo, avviato alla conclusione, che sembrerebbe opportuno non rimettere completamente in discussione al fine di non introdurre elementi di ulteriore incertezza in ordine all’esercizio delle funzioni appena riordinate e all’erogazione dei servizi ai cittadini.

Nell’ambito dell’attività istruttoria della Commissione, non è pertanto emersa l’esigenza di una rivisitazione dell’impianto complessivo della legge n. 56, ferma restando la legittimità di ogni riflessione rivolta ad aspetti ulteriori, quali ad esempio l’opportunità di mantenere l’elezione di secondo grado delle Province, a fronte della loro collocazione in Costituzione. Piuttosto, la Commissione ritiene prioritaria una riconsiderazione di talune misure che, nell’incidere sull’autonomia organizzativa e finanziaria degli enti di area vasta, fondavano la loro legittimità nella prospettiva della riforma costituzionale.

Si tratta infatti di misure che, come ha anche ricordato la Corte dei Conti in audizione, « hanno resistito al vaglio costituzionale “in considerazione della programmata soppressione delle province” » (il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale n. 143 del 2016).

È stata l’inadeguatezza delle risorse, risultante dalla contestualità del taglio dei trasferimenti statali e del ritardo nell’attuazione del federalismo fiscale, a generare situazioni di criticità finanziaria che hanno messo a rischio lo svolgimento di funzioni fondamentali (quali la viabilità e l’edilizia scolastica), così come di funzioni non fondamentali (come ad esempio l’assistenza nei confronti delle persone con disabilità).

Si tratta peraltro di una situazione di criticità finanziaria non limitata alle Province, ma che investe anche le Città metropolitane le quali, a tre anni dall’approvazione della legge n. 56 del 2014, continuano a conservare un assetto sostanzialmente equivalente a quello precedente al riordino e faticano a trasformarsi in enti di effettivo governo del territorio.

Ad avviso della Commissione, la priorità dovrà pertanto essere accordata all’adozione di interventi legislativi diretti ad assicurare corrispondenza fra funzioni affidate e risorse assegnate, in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale (si vedano in particolare le sentenze n. 188 del 2015 e n. 10 del 2016). Ciò nell’ottica di superare in modo strutturale le condizioni di difficoltà finanziaria, che rappresentano il principale impedimento ad un efficace governo di area vasta.

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