Norme anticorruzione estese a partecipate locali, associazioni e fondazioni

Il Sole 24 Ore
24 Marzo 2015
Modifica zoom
100%

È un terremoto in arrivo: società ed enti di diritto privato, controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici economici, devono adeguarsi a tutte le norme in materia di anticorruzione e – innanzitutto – di trasparenza finora previste per lo Stato. Oggi al ministero dell’Economia e delle Finanze si presentano le Linee guida dell’Anac (l’autorità nazionale anticorruzione) e la direttiva del Mef. Atti in sostanza analoghi, con una differenza nell’ambito di destinazione: le norme Mef riguardano le società riferibili allo Stato, quelle Anac si estendono al mondo infinito di enti e società sul territorio – il caso tipico è la partecipata di un Comune – comprese le associazioni e le fondazioni (sempre con un capitale pubblico presente). È il frutto atteso di un lavoro dei tecnici dell’Anac alla guida di Raffaele Cantone e di quelli del Mef con il capo di gabinetto Roberto Garofoli. Vedrà il suggello ufficiale con i ministri Pier Carlo Padoan (Mef), Marianna Madia (Funzione pubblica) e lo stesso Cantone.

Le Linee guida Anac saranno in consultazione per venti giorni sul sito (www.anticorruzione.it) dal 25 marzo – si valuteranno osservazioni e obiezioni – e il 15 aprile è prevista la loro entrata in vigore, insieme alla direttiva Mef. È la scomessa di una rivoluzione o, quantomeno, di un colpo decisivo alle prassi, ai vizi e alle ombre di illegalità ritrovate a più riprese nelle strutture di diritto privato in controllo pubblico, nazionali o – molto più spesso – locali: dove i vantaggi del regime privatistico hanno consentito, per esempio, di assumere senza concorso personale privo o quasi di criteri se non quelli della vicinanza alla politica. La letteratura di questa casistica è sterminata, con molte pagine a carattere giudiziario. Nelle Linee guida Anac si dice espressamente che «sostituiscono integralmente le previsioni contenute nel Pna (piano nazionale anticorruzione, n.d.r.) in materia di misure di prevenzione della corruzione che devono essere adottate dagli enti pubblici economici, dagli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale e regionale/locale e dalle società a partecipazione pubblica». Restano fuori per ora «le società quotate e le società, non quotate, che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati»: una disciplina anticorruzione ad hoc sarà definita al termine del tavolo di lavoro in corso tra Anac, Mef e Consob.

Ma già il campo d’azione dell’intervento annunciato è molto vasto. Basta guardare i numeri: «Nel solo settore degli enti controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni, sulla base dei dati comunicati dalle stesse amministrazioni al Mef al 31 dicembre 2012 – si legge nel testo delle Linee guida alla firma – le Amministrazioni centrali partecipano, direttamente o in via indiretta, in 423 enti a cui si aggiungono le 17 partecipate dagli Enti previdenziali. Le Amministrazioni locali hanno dichiarato di detenere, direttamente o in via indiretta, 35.311 partecipazioni che insistono su 7.726 enti». Una galassia infinita dov’era fin troppo facile nascondersi impuniti davanti agli obblighi di anticorruzione e trasparenza.
Uno degli atti-simbolo che tutti gli enti e le società dovranno adottare è il «Piano di prevenzione della corruzione» della società. Il piano deve prevedere, spiegano le Linee guida, specifici «contenuti minimi» declinati nel contesto concreto della realtà societaria. Devono riguardare l’individuazione e gestione dei rischi di corruzione; il sistema di controlli; il codice etico o di comportamento; la trasparenza. E ancora, l’inconferibilità e l’incompatibilità specifica per gli incarichi di amministratore e di dirigente; l’attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici; la formazione; la tutela del dipendente che segnala illeciti; la rotazione o le misure alternative negli incarichi; il monitoraggio di tutte queste disposizioni. Fondamentale, poi, la nomina della figura del «responsabile della prevenzione della corruzione»: dovrà essere un dirigente della società e gli «dovranno essere riconosciuti poteri di vigilanza sull’attuazione effettiva delle misure».

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento