I calcoli
La palma della sfortuna spetta ai Comuni della provincia di Enna, che in termini di base imponibile Imu rappresenta lo 0,16% del totale ma come gettito è allo 0,23 per cento. Questo vuol dire che lo scostamento rappresenta quasi il 50 per cento. In linea di massima, infatti, a una certa base imponibile dovrebbe corrispondere un certo gettito d’imposta medio che, rispetto ai totali, non dovrebbe essere molto diverso.
La bontà di questo ragionamento contabile sta anche nei fatti: nella grandissima maggioranza dei casi le percentuali di scostamento tra i due valori sono minime e perfettamente accettabili nel gioco delle variabili indipendenti territoriali come il numero di abitazioni principali (con aliquote speciali e detrazioni) e gli immobili esenti. Ma se questo scostamento comincia a superare il 10% c’è da chiedersi il perché. E quando arriva a superare il 20% in più o in meno probabilmente le cose non tornano.
Il fatto è che quando lo scostamento ha un segno più, vuol dire che si paga di più: quindi, a parte il caso macroscopico di Enna, è il Nord a sostenere l’Imu con maggiore generosità. Mentre le province fortunate sono tutte al Sud. Ma bisogna togliere da questa considerazione quelle di Oristano, Cagliari, Ascoli Piceno, Bari, Nuoro, Sassari e Campobasso, perché nel loro territorio sono sorte nuove province le cui rendite catastali, a livello statistico, l’agenzia del Territorio non ha ancora scorporato: quindi nel calcolo la mancanza del gettito delle nuove province ha falsato il dato. Anche Milano. Ma questo vale per chi paga meno rispetto alla percentuale di base imponibile, perché (come nel caso di Monza e Brianza, ex Milano), dove invece c’è il segno più il calcolo farebbe emergere uno scostamento ancora maggiore.
Ecco quindi un interrogativo per le province “fortunate” senza problemi di scorporo, come Catania, Modena, Trieste (le altre due eccezioni speculari), Napoli, Reggio Calabria, Caltanissetta, Catanzaro: non è che ci sono troppe abitazioni principali o che qualcuno ha addirittura mancato l’appello del 18 giugno?
Il ravvedimento
In ogni caso, per chi vuole ripensarci, non chiude la cassa del Fisco, che rimane sempre aperta. Alla cassa sono chiamati i contribuenti Imu che hanno omesso o pagato in ritardo la prima rata per il 2012 in scadenza il 18 giugno 2012. Domani, 18 luglio, scade infatti il termine per il ravvedimento sprint per i contribuenti che hanno “saltato” l’appuntamento con la scadenza del 18 giugno, ma che hanno pagato la prima rata Imu per il 2012 in ritardo entro il 2 luglio 2012. Con il ravvedimento “sprint”, la sanzione ordinaria del 30%, applicabile sui tardivi od omessi versamenti di imposte, si riduce allo 0,2% per ogni giorno di ritardo. La misura del 30%, che si riduce normalmente al 3% in caso di ravvedimento “breve o mensile” entro trenta giorni, è ulteriormente ridotta a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Il quindicesimo del 3% è infatti uguale allo 0,2% giornaliero. La misura varia dallo 0,2% per un giorno di ritardo, fino al 2,80% per 14 giorni di ritardo. Nel calcolo delle somme da pagare, oltre alle sanzioni, occorre considerare gli interessi dovuti nella misura del 2,5% annuo.
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