Sono le autonomie locali emiliano-romagnole le meno indebitate del Centro-Nord, con una media pro capite di 1.168 euro. Ma, nel loro complesso, secondo i dati più recenti del dipartimento del Tesoro, risalenti a ottobre 2011, tutte le amministrazioni dell’area si posizionano sotto la media nazionale: 1.354 euro contro 1.798. In pratica le quattro regioni con il 17,6% della popolazione italiana “valgono” il 13,2% dell’indebitamento della Pa. La riduzione del debito è uno dei punti previsti dalla legge di stabilità votata nei giorni scorsi, prima delle dimissioni del Governo Berlusconi. L’articolo 8, infatti, chiede un importante contributo alle amministrazioni locali. In primis, modifica le regole per l’accensione di nuovi mutui e per l’accesso ad altre forme di finanziamento, dall’altro, prevede regole per l’abbattimento del debito in essere. Per quanto riguarda il primo punto, l’articolo 8 cambia quanto previsto dall’articolo 204 del Tuel (L.10/2011) che stabiliva che gli enti locali possono fare nuovi debiti solo se l’importo annuale degli interessi, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 12% per cento per l’anno 2011, il 10% per il 2012 e l’8% a decorrere dal 2013 della somma delle entrate relative ai primi tre titoli del penultimo rendiconto approvato. Con l’ultima legge di stabilità i limiti diventano l’8% per l’anno 2012, il 6% per il 2013; dal 2014 il limite sarà posto al 4 per cento. Novità anche per le Regioni, che incassano la modifica del secondo comma dell’articolo 10 della legge 281/1970: l’importo delle annualità per capitale e interessi rispetto al totale delle entrate tributarie non vincolate scende di cinque punti, al 20 per cento. Ma, come detto, dovrà essere abbattuto anche il pregresso. L’ultima Finanziaria rimanda, a questo proposito, a un decreto che stabilirà, per Regioni, Province e Comuni, la differenza percentuale, rispetto al debito medio pro capite, che gli enti dovranno tagliare; e inoltre la quota annuale di riduzione e le modalità. Chi non rispetta le nuove regole si ritroverà a essere sanzionato con spese correnti contingentate e divieto di assumere nuovo personale. «La norma contenuta nella legge di stabilità – spiegano Giuseppe Farneti ed Emanuele Padovani, docenti di Economia presso l’Università di Bologna, forti delle elaborazioni delle banche dati AidaPA e AidaSPL di Bureau Van Dijk – non centra pienamente l’obiettivo, perché non prende in considerazione il debito che grava sulle società partecipate: 3 miliardi nel 2010 solo per quanto riguarda i Comuni dell’area, ossia un terzo dell’ammontare dei debiti registrati, invece, nei bilanci degli enti». Altrimenti detto, alla media aritmetica dell’indebitamento pro capite di ciascun Comune, 979 euro, occorrerebbe aggiungerne altri 134 a carico delle partecipate. «E l’importo dei debiti delle partecipate dei soli Comuni è pure sottostimato: sia perché stanno crescendo fuori da ogni controllo, sia perché i dati in nostro possesso non comprendono le Asp, alcune aziende per la mobilità e per l’edilizia residenziale e le altre aziende a regime giuridico pubblico. Negli ultimi anni gli enti hanno creato società partecipate al fine di eludere il patto di stabilità e per trasferire a loro parte del debito. Una prassi più diffusa in Toscana: in questa regione una maggiore percentuale di enti ha trasferito alle partecipate quote ingenti di debito, mentre in EmiliaRomagna il fenomeno sembra più concentrato in un minor numero di amministrazioni». Anche per questo motivo – oltre al fatto che è a oggi ignoto il tetto sotto al quale gli enti saranno chiamati a riportarsi – risulta difficile prevedere quale sarà l’effetto della manovra a livello di singolo ente. Da parte loro, le amministrazioni sono preoccupate per l’impatto che avrà questa misura, assieme all’inasprimento del patto di stabilità, sullo sviluppo territoriale. «Le limitazioni progressive impresse ai mutui e la mancata modifica del patto di stabilità – dice Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente nazionale dell’Anci – porteranno nel 2012 a una riduzione degli investimenti da parte dei Comuni di 1,7 miliardi, dopo un taglio che quest’anno ha raggiunto il 18 per cento. Chiediamo di avere le stesse condizioni delle amministrazioni comunali del resto dell’Europa, con riduzioni della spesa corrente e non degli investimenti. Il nuovo Governo ha deciso di consultarci, e questo è un bene». Resta il fatto che, elaborando una massa di dati, purtroppo poco omogenei e coerenti, sono proprio i Comuni a essere i più indebitati, con una quota attorno al 60% del totale. Inoltre, prendendo in considerazione ancora i dati elaborati su dati AidaPA, Bureau Van Dijk (tratti dai consuntivi del Ministero dell’Interno), si nota come i debiti dei Comuni dell’area sia cresciuto dal 2001 al 2009 (+22,7%), ma con un assestamento a partire dal 2005; per le Province, invece, si registra tra 2005 e 2009 un aumento del 22 per cento.Una conferma di questi andamenti viene dall’EmiliaRomagna, dove Regione e gli enti locali si sono dotati di uno strumento ad hoc per tenere monitorati i propri conti: tra 2005 e 2009 l’indebitamento dei Comuni è stato solo ritoccato (passando da 3.686 a 3.655 milioni, al netto dei 7 Comuni della Valmarecchia), mentre le Province l’hanno aumentato da 810 a 940 milioni.
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