Il Consiglio di Stato, ribaltando la sentenza del giudici amministrativi di prime cure, ha disposto l’annullamento della procedura di recupero dei buoni pasto distribuiti da un ente pubblico. In particolare secondo i giudici di Palazzo Spada non avendo ricevuto i dipendenti somme in denaro, bensì titoli non monetizzabili destinati esclusivamente ad esigenze alimentari in sostituzione del servizio mensa e, per tale causale, pacificamente spesi nel periodo di riferimento, e che, pertanto, si tratta di benefici destinati a soddisfare esigenze di vita primarie e fondamentali dei dipendenti medesimi, di valenza costituzionale, con conseguente inconfigurabilità di una pretesa restitutoria, per equivalente monetario, del maggior valore attribuito ai buoni-pasto nel periodo di riferimento. A fronte di tale motivazione, nel caso di buoni pasto, ancorché distribuiti in mancanza del titolo legittimante, non è conferito alcun potere all’amministrazione pubblica di considerare tale distribuzione come indebito oggettivo ed attivare il recupero per equivalente monetario quale atto dovuto ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Tali sono le conclusioni a cui è pervenuto il Consiglio di Stato, con la sentenza 29 febbraio 2016 n.850.
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