Il Comune riferisce di aver ricevuto richiesta di esenzione permanente dal pagamento dell’imposta di pubblicità da parte di una associazione locale di donatori di sangue, di cui ha verificato la natura di ONLUS, e chiede se, avuto riguardo alle previsioni del D.Lgs. n. 460/1997 e a quelle del proprio regolamento in materia di pubblicità e pubbliche affissioni[1], possa essere disposta la riduzione o l’esenzione permanente dal tributo.
Si precisa che l’attività di consulenza di questo Servizio è finalizzata a fornire un supporto giuridico in generale agli enti locali, nella materia posta, che questi possono utilizzare per la soluzione dei casi concreti che si presentano al loro operare, in relazione alle loro specificità. In particolare, l’interpretazione e applicazione di norme regolamentari emanate dai comuni, nell’esercizio della loro potestà normativa, compete unicamente agli enti medesimi. Per cui, solo in via collaborativa, si esprimono le considerazioni che seguono.
L’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997, precisa che sono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, ove ricorrano i presupposti e le condizioni fissati dalla norma medesima.
Ai soggetti che, ai sensi dell’art. 10 richiamato, possono qualificarsi ONLUS, il legislatore ha riconosciuto particolari agevolazioni, soprattutto di carattere fiscale, subordinati alla necessaria iscrizione all’Anagrafe delle ONLUS (art. 11, D.Lgs. n. 460/1997).
Specificamente, in materia di tributi locali, l’art. 21, D.Lgs. n. 460/1997, prevede che i comuni, possono deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti[2].
Per quanto concerne specificamente l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità ai soggetti ONLUS, il regolamento dell’Ente in materia di imposta di pubblicità e pubbliche affissioni, nello stralcio riportato nel quesito, relativo alla riduzione e all’esenzione dall’imposta, prevede, tra i casi di riduzione, quello ‘per la pubblicità effettuata da comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia finalità di lucro’[3], quali le ONLUS. Mentre, per quanto concerne l’esenzione, il regolamento comunale, così come riportato nel quesito, non sembra contemplare alcune ipotesi di esenzione per gli enti senza fini di lucro.
Sul piano dell’ordinamento statale, il D.Lgs. n. 507/1993 disciplina, agli artt. 16 e 17, le ipotesi, rispettivamente, di riduzione e di esenzione dell’imposta di pubblicità. La riduzione è prevista, tra l’altro, ‘per la pubblicità effettuata da comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia finalità di lucro’ (art. 16). Può trattarsi, invero, della pubblicità mediante insegne, cartelli, locandine, targhe (Pubblicità ordinaria, di cui all’art. 12), oppure della pubblicità a mezzo striscioni (come riferito nel caso in esame), contemplata all’art. 15 (Pubblicità varia), assoggettata alla stessa tariffa prevista dall’art. 12.
Per quanto concerne, invece, le ipotesi di esenzione dall’imposta di cui si tratta, il D.Lgs. n. 507/1993 indica, con riferimento ai soggetti non aventi finalità di lucro, quella specifica per ‘le insegne, le targhe e simili apposte per l’individuazione delle sedi di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non persegua scopo di lucro’ (art. 17, comma 1, lett. h).
In generale, emerge dalle norme richiamate come i soggetti non aventi fine di lucro possono essere destinatari della riduzione o dell’esenzione dall’imposta di pubblicità. La ricorrenza dei presupposti dell’una o dell’altra fattispecie deve essere valutata dagli enti in relazione alle particolarità dei casi concreti.
Con particolare riferimento al caso di specie, l’Ente osserva, peraltro, che sugli striscioni esposti dall’associazione locale (ONLUS) ‘non viene pubblicizzata alcuna attività economica né evento di raccolta fondi’. Ne deriva la necessità che l’Ente valuti innanzitutto la ricorrenza del presupposto di applicazione dell’imposta di pubblicità, che, avuto riguardo al dettato normativo come esplicitato dalla giurisprudenza, sembra poggiare sulla natura economica dell’attività pubblicizzata. Ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 507/1993, infatti, presupposto dell’imposta sulla pubblicità è ‘la diffusione di messaggi pubblicitari’ (comma 1), e ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato (comma 2)[4]. La valutazione di un tanto, nel caso specifico, è rimessa all’autonomia dell’Ente.
Rimane ferma, ovviamente, la possibilità per l’Ente di prevedere in generale l’esenzione per le ONLUS espressamente del tributo locale di cui si tratta, in via regolamentare, ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. n. 460/1997.
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[1]Ai sensi dell’art. 3, D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale), il comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni.
[2] La norma è espressione della potestà regolamentare generale degli enti locali di cui all’art. 52 del D.Lgs n. 446/1997, che riconosce ai Comuni e alle Province il potere di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e alla definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, la cui determinazione è riservata alla legge. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
[3] Analogamente prevede la normativa statale, come specificato subito nel prosieguo.
[4] Precisa la giurisprudenza che presupposto impositivo è la ‘pubblicità (economica)’ attinente all’attività economica di un soggetto imprenditoriale, distinta dalla legge nelle due specie della ‘propaganda (economica)’, che consiste nella trasmissione di conoscenza di prodotti e servizi dell’impresa al fine di incrementarne la domanda, e dell”attività di relazioni pubbliche’, che consiste nella trasmissione di conoscenza sul soggetto imprenditoriale allo scopo di migliorarne l’immagine presso il pubblico dei consumatori, che domandano i beni e i servizi di quell’impresa. La prima è una pubblicità (economica) diretta (dei beni e dei servizi); la seconda è una pubblicità (economica) indiretta (degli stessi beni e degli stessi servizi). Cfr. Cass. civ., Sez. V, 6 novembre 2009, n. 23573.
Conformi sul collegamento dei messaggi pubblicitari all’esercizio di un’attività economica: Cass. civ., sez. trib., 11 febbraio 2015, n. 2629; Commissione tributaria provinciale, Ascoli Piceno, sez. V, 21 settembre 2010, n. 219, che ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo nel caso di esposizione di uno striscione senza alcun collegamento con un’attività imprenditoriale.
In ordine al concetto di impresa, la Cassazione civile, sez. trib., 16 luglio 2010, n. 16722, richiama la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, nell’ambito del diritto alla concorrenza, secondo cui la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica (Corte di giustizia UE, sez. VI, 23 aprile 1991, n. 41 e 11 dicembre 1997, n. 55), e costituisce un’attività economica qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte di giustizia UE, sez. V, 18 giugno 1998, n. 35). In questo senso, v.: Cass. civ., sez. I, 28 novembre 1995, n. 12319, secondo cui il messaggio pubblicitario, per essere soggetto all’imposta in esame, deve avere il suo punto di riferimento nella produzione o vendita di merci o nella fornitura di servizi, e ciò anche se si ritiene non essenziale che tale attività sia posta in essere da un soggetto organizzato ad impresa; Cass. civ., sez. V, 27 giugno 2005, n. 13823, che ha ritenuto che le scritte sulle fiancate delle navi recanti il nome e il logo della compagnia navale non devono essere assoggettate all’imposta sulla pubblicità, in quanto sprovviste dello scopo di promuovere la domanda di beni e di servizi per la società di appartenenza e di pubblicità, ma hanno lo scopo di indirizzare i passeggeri che hanno già acquistato il biglietto verso la nave su cui imbarcarsi.
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