Il responsabile finanziario è legittimato ad impugnare la deliberazione di Giunta che abbia modificato la sua relazione al conto consuntivo?

31 Ottobre 2018
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L’autonomia del responsabile finanziario attribuita dall’ordinamento non lo abilita ad impugnare la deliberazioni di Giunta Comunale che approvano il conto consuntivo modificando la relazione da lui predisposta, questo sembra valido prima della novella legislativa introdotta dal d.l.174/2012 che ne ha ampliato la sua indipendenza e terzietà. Queste sono le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato, Sez. V°, con la sentenza 22/10/2018 n.6031.

La vicenda

Il caso riguarda la predisposizione del rendiconto di gestione 2011 nel quale era allegata anche la relazione del responsabile finanziario che la Giunta chiedeva invano di modificare, tanto che le modifiche venivano apportate dallo stesso organo esecutivo contro il parere e il volere del responsabile finanziario. A fronte di tale approvazione successivamente disposta dal Consiglio comunale, il responsabile finanziario impugna innanzi al TAR la deliberazione del Consiglio comunale, chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione alla rimozione delle deliberazioni impugnate dal sito web del Comune, la rettifica delle parti delle deliberazioni pregiudizievoli, nonché il risarcimento del danno professionale e morale.  A sostegno di tale impugnazione, il responsabile finanziario ha dedotto la violazione dell’art. 151, comma 6, del d.lgs. n. 267 del 2000, la violazione degli artt. 107 e 109 dello stesso corpus legislativo, nonché il vizio motivazionale, allegando l’illegittima predisposizione di una diversa relazione da parte della Giunta, adempimento rispetto al quale la competenza è invece dirigenziale. Dopo che il TAR del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione e di interesse, ricorre in Consiglio di Stato il responsabile finanziario evidenziando l’errore in cui era incorso il TAR nel non avere adeguatamente valutato il ruolo del responsabile finanziario che non si esaurisce nel mero ausilio tecnico degli organi politici dell’ente, ma anche funzioni di vigilanza e controllo dell’operato degli altri organi dell’Amministrazione, divenendo, anche a norma di quanto disposto dall’art. 153 dello stesso t.u.e.l., soggetto terzo rispetto all’Amministrazione, cui, pure, appartiene, derivando da tale premessa la configurabilità, in capo a tale responsabile, di una legittimazione attiva avverso atti che comprimano il ruolo di garante della veridicità e della tenuta del sistema finanziario.

La conferma del Consiglio di Stato

Conferma il Consesso amministrativo di appello come il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive. Ne consegue che gli organi non hanno neppure un interesse protetto e differenziato all’impugnazione delle deliberazioni dell’ente del quale fanno parte, salvo il caso, enucleato essenzialmente per gli organi elettivi, in cui venga lesa in modo diretto ed immediato la propria sfera giuridica per effetto di atti direttamente incidenti sul diritto all’ufficio. Né, d’altra parte, continuano i giudici di Palazzo Spada, si può riconoscere la legittimazione attiva qualora il soggetto agisca a tutela del principio di legalità dell’azione amministrativa o degli interessi (anche finanziari) del Comune, atteso che nel processo amministrativo l’accertamento dell’interesse a ricorrere non può prescindere dalla verifica della lesione, concreta ed immediata, che dal provvedimento impugnato deriverebbe alla sfera giuridica dei ricorrenti.

Evidenzia, inoltre, il Collegio amministrativo di Appello, come oggetto di impugnazione nel caso di specie non sono i dati e documenti contabili, ma solamente la circostanza che sia stata allegata al rendiconto una relazione diversa da quella redatta dall’appellante, in asserita violazione dell’art. 151, comma 6, del t.u.e.l., letto in combinato disposto con l’art. 107 e con l’art. 49 dello stesso corpus legislativo. Vero è che il ricorrente costruisce la propria legittimazione ad agire nella considerazione della peculiare posizione istituzionale del responsabile del servizio finanziario, che, ai sensi dell’art. 153, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, acquisirebbe un ruolo di terzietà rispetto all’ente, benché allo stesso legato da un rapporto di servizio e di lavoro. Ma, altrettanto, vero è che si tratta di circostanza comunque inidonea a modificare la dimensione interorganica della controversia.

Solo con le modifiche apportate dal d.l.174/2012, possono evidenziarsi condizioni di indipendenza o più accentuata imparzialità, in quanto si indica che il responsabile del servizio finanziario “agisce in autonomia”, ma tale situazione non consente di estendere retroattivamente la normativa anche prima della novella legislativa, essendo l’impugnazione riferita ad atti precedenti all’operatività del citato decreto. Infatti, nel regime previgente il riferimento era contenuto nell’art. 3 del d.lgs. n. 77 del 1995, richiamato da parte appellante, dove la posizione di autonomia del responsabile del servizio finanziario non era predicata, limitandosi la norma a prescrivere che «il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate o di impegno delle spese».

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

La nuova portata applicativa dell’art.153 del Tuel

E’ indubbio come successivamente alla novella legislativa introdotta dal d.l.174/2012 sia uscito rafforzato il ruolo del responsabile finanziario. In questo caso, in presenza di una discordanza tra organo politico ed il responsabile del servizio finanziario, nel caso di ritenuta illegittimità di deliberazioni non conformi alle relative proposte, la rappresentanza tecnica costituisce necessariamente una scelta autonoma di quest’ultimo, se l’azione in giudizio sia ritenuta necessaria per salvaguardare l’ente da conseguenze lesive della gestione finanziaria, indipendentemente dalla circostanza che i relativi atti siano stati approvati nella sfera di legittimazione derivante dall’art. 49, c. 4, o siano, invece, formalmente illegittimi o nulli. Tale tipo di apertura sembra contenuto in questa sentenza del Consiglio di Stato che, giudicando inammissibile l’impugnazione prima della novella legislativa, appare assentire, invece, una diversa legittimazione del responsabile finanziario e della sua autonomia, fino ad oggi sconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa. Resterà da verificare se il d.l.174/2012, predicando una reale autonomia da parte del responsabile finanziario, consenta oggi la difesa del superiore interesse finanziario superando di fatto il rigido legame intersoggettivo che lo lega al Consesso politico.

 

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