DI Francesco Cerisano
Il 15% dei comuni ha bilanci fragili dal punto di vista finanziario, soprattutto al Sud e nelle Isole, ma non mancano anche situazioni critiche in una decina di città medio-grandi del Centro Nord (su tutte Alessandria, Torino, La Spezia e Varese). E in quest’ottica, gli aiuti anti-Covid, copiosamente erogati dal governo Conte II nel corso del 2020 (circa 7 miliardi) non hanno potuto fare nulla per stabilizzarli visto che si è trattato di erogazioni che per forza di cose sono andate a premiare le aree più floride del Paese, ossia quelle che più di tutte hanno subìto gli effetti della pandemia in termini di diminuita mobilità e caduta dei flussi turistici. Per questo è necessario un intervento strutturale sulla finanza locale, «in grado di assorbire in modo sistematico i divari esistenti». Con una forte perequazione verticale, da parte dello Stato, che garantisca l’erogazione dei servizi minimi tutelati dalla Costituzionale (Lep) e la sopravvivenza dei piccoli comuni e le aree interne.
In audizione dinanzi alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, il sindaco di Novara e presidente dell’Ifel, Alessandro Canelli, ha tracciato un quadro della finanza comunale che, seppur «complessivamente in buona salute», necessita di un forte intervento statale sulle risorse correnti, anche in prospettiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza e della definitiva attuazione del Federalismo fiscale. Il modello potrebbe essere l’iniezione di fondi extra stanziati dal governo per i servizi sociali comunali (+216 milioni di euro nel 2021, fino a + 651 mln. dal 2030, una progressione che potrebbe essere ravvicinata nel tempo) e la gestione degli asili nido. Ma va risolto anche il nodo del Fondo crediti di dubbia esigibilità che attualmente cuba circa 5 miliardi di euro (4,9 per l’esattezza, pari a circa 80 euro per abitante) e mostra una forte concentrazione tra i comuni del Sud e delle Isole. Su 1.268 comuni (pari al 16% del totale) che presentano un rapporto Fcde-Entrate correnti superiore alla soglia critica dell’8%, ben 817 sono concentrati nel Meridione, mentre al Nord se ne contano 238 e al Centro Italia 213. All’opposto, sul totale di 6.517 municipi che presentano un rapporto Fcde-Entrate correnti non preoccupante (sotto la soglia dell’8%), ben 4.069 enti sono del Nord Italia, contro i 752 del Centro e i 1.696 del Sud. «In un comparto in complessivo stato di buona salute finanziaria», ha osservato Canelli che è anche delegato all’Anci alla finanza locale, «una quota significativa di Comuni resta imprigionata nelle difficoltà dettate dalla storiarecente e meno recente».
Di qui la richiesta di attenuare i vincoli del Fcde non solo riducendo la percentuale obbligatoria di accantonamento, ma incentivando il recupero di credititributari e tariffari grazie all’abbattimento di sanzioni e interessi e alle rateizzazioni. Un altro intervento urgente riguarda l’utilizzo degli avanzi vincolati che per gli enti in disavanzo risulta estremamente restrittivo, limitando in modo paradossale l’utilizzo di risorse disponibili per investimento. Senza dimenticare la ristrutturazione del debito locale, prevista dalla legge di bilancio 2020, ma mai decollata, mediante il meccanismo di accollo da parte dello Stato dell’intero debito locale, adeguandone i costi per gli enti locali alle più favorevoli condizioni di mercato. Pnrr Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia i Comuni hanno mantenuto nel 2020 una capacità operativa forte sul versante degli investimenti; hanno aumentato del 2,3 % i pagamenti, portando a circa 10 mld. di euro la spesa erogata, dopo l’aumento del 14% registrato nel 2019. Nel primo semestre del 2021, l’incremento è paro al 23%, con una netta ripresa del trend positivo ante pandemia. «È nell’interesse nazionale mettere gli enti locali, nelle condizioni di poter effettivamente utilizzare le risorse che saranno erogate, attraverso apparati e regole profondamente rinnovati», ha spiegato il sindaco di Novara, secondo cui «gli obiettivi quantitativi e temporali del Pnrr non sono raggiungibili senza un profondo ripensamento del quadro di regole costruito nello scorso decennio in un contesto del tutto differente dall’attuale».
Per questo l’Anci chiede finanziamenti diretti e non intermediati dalle regioni a sostegno degli investimenti, un ampliamento delle semplificazioni al codice degli appalti, un’ampia semplificazione degli strumenti di programmazione degli enti locali (in parte anticipata per i piccoli comuni ma da estendere ulteriormente), l’allentamento dei vincoli sulle assunzioni di personale qualificato, anche in deroga ai criteriintrodotti dall’art. 33 del dl 34/2019, in corso di estensione alle Città metropolitane e alle province.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento