Durata degli incarichi dei dirigenti a contratto. La Corte dei conti si adegua alle indicazioni della Cassazione

26 Ottobre 2021
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Pure dichiarando il quesito sulla durata minima degli incarichi dirigenziali inammissibile, la Corte dei conti per l’Emilia-Romagna (deliberazione n.220/2021) abbandona le indicazioni a suo tempo fornite dai colleghi pugliesi, e si conforma alle più recenti e consolidate indicazioni della Consulta e della Cassazione.

La domanda

Il Presidente di una Provincia ha chiesto ai magistrati contabili quale sia la durata dei dirigenti assunti a tempo determinato, ai sensi dell’art.110 del Tuel. In effetti vi sarebbero due condizioni diverse se si seguissero le regole del Tuel rispetto a quelle indicate dal testo unico del pubblico impiego, in quanto per quest’ultimo la durata non potrebbe essere inferiore ai tre anni. La questione non è di poco conto, in quanto a seguito delle dimissioni o decadenza del Sindaco o del Presidente il contratto si dovrebbe risolvere di diritto, mentre in caso di applicazione delle disposizioni del Testo unico sul pubblico impiego la durata minima prevista renderebbe priva di legittimazione una revoca anticipata rispetto alla scadenza triennale.

Le indicazioni della giurisprudenza contabile

Il Collegio contabile emiliano-romagnolo pur ritenendo la questione inammissibile, in quanto oggetto di procedura contenziosa da parte del dirigente estromesso prima della scadenza della durata minima dei tre anni, ha evidenziato come, la Corte dei conti della Puglia (parere n. 125/2013), avesse a suo tempo ritenuto che la proroga o il rinnovo di un incarico triennale ex art. 110 del Tuel non fosse da considerare illegittimo, avendo poi precisato che, in generale, non dovrebbero essere considerati vietati la proroga o il rinnovo di detta tipologia di incarichi, purché sia rispettato il termine massimo del mandato elettorale. Inoltre, ha ritenuto “ininfluente un eventuale frazionamento dell’incarico dirigenziale per due o più periodi all’interno del periodo di mandato” con ciò implicitamente ammettendo che, quantomeno, la durata del rinnovo o della proroga potesse essere infratriennale.

La posizione della Cassazione

Alla risalente indicazione del Collegio contabile pugliese la Corte di Cassazione (sentenza n.478/2014) ha, invece, valorizzato l’applicabilità delle disposizioni del testo unico sul pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) alle amministrazioni pubbliche (art. 1 primo comma) intendendosi per tali, “tra le altre, «le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni (secondo comma). Tali disposizioni – afferma la Cassazione secondo la lettera della norma (art.1 comma 3 Tupi) – «costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art.117 della Costituzione (terzo comma)». In questo caso, pertanto, i giudici di Piazza Cavour hanno affermato, quanto alla durata minima degli incarichi a contratto ex art. 110 TUEL, il principio di diritto secondo cui:

“In tema di affidamento, negli enti locali, di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione si applica l’art. 19 d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo modificato dall’art. 14 sexies D.L. n. 155 del 2005,

convertito con modificazioni nella l. n. 168 del 2005, secondo cui la durata di tali incarichi non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque, e non già l’art. 110, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U. Enti locali), il quale stabilisce che gli incarichi a contratto non possono avere durata superiore al mandato elettivo del Sindaco in carica. La disciplina statale integra quella degli enti locali: la prima, con la predeterminazione della durata minima dell’incarico, è volta ad evitare il conferimento di incarichi troppo brevi ed a consentire al dirigente di esercitare il mandato per un tempo sufficiente ad esprimere le sue capacità ed a conseguire i risultati per i quali l’incarico gli è stato affidato; la seconda ha la funzione di fornire al Sindaco uno strumento per affidare incarichi di rilievo sulla base dell’intuitus personae, anche al di fuori di un rapporto di dipendenza stabile e oltre le dotazioni organiche, e di garantire la collaborazione del funzionario incaricato per tutto il periodo del mandato del Sindaco, fermo restando il rispetto del suddetto termine minimo nell’ipotesi di cessazione di tale mandato”.

Tale posizione è stata, successivamente, ribadita dalla sentenza n. 2510/2017 dove, la Cassazione, ripercorrendo le numerose decisioni della Consulta, ha ricordato che “Con le sentenze n. 124 del 2011 si è ribadita «l’illegittimità costituzionale di meccanismi di spoils system riferiti ad incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di compiti di gestione, cioè di «funzioni amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico» (sentenze n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e 351 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007), ritenendo, di converso, costituzionalmente legittimo lo spoils system quando riferito a posizioni apicali (sentenza n. 233 del 2006), del cui supporto l’organo di governo ‘si avvale per svolgere l’attività di indirizzo politico amministrativo’ (sentenza n. 304 del 2010)»”.

In conclusione, il Collegio contabile, preso atto dell’attuale e granitico quadro giurisprudenziale, che giudica lo spoils system legittimo solo in relazione alle figure “apicali” dell’ente, la Sezione non può non rinviare al principio, allo stato immutato, affermato a più riprese dalla richiamata giurisprudenza costituzionale e di legittimità in funzione nomofilattica.

 

 

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