Nelle amministrazioni locali la scelta del presidente dei revisori non risponde ai princìpi della parità di genere

ItaliaOggi
17 Novembre 2021
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di Vincenzo Giannotti

PARERE DEL VIMINALE: NESSUNO SPAZIO PER L’AUTONOMIA DEI MUNICIPI
Le disposizioni legislative che prevedono un vero e proprio obbligo nell’assicurare un equilibrio di genere nella composizione degli organi collegiali, non possono essere estensibili agli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali. Infatti, la composizione e le relative modalità di scelta e di nomina sono tassativamente disciplinate dalla legge, senza possibili spazi per l’autonomia statutaria o regolamentare dell’ente. Sono queste le indicazioni fornite dal Ministero dell’Interno nel parere del 10 novembre 2021. La domanda Un ente locale ha chiesto, ai tecnici del Viminale, se la nomina del Presidente dell’organo di revisione debba o meno rispettare l’equilibrio di genere, tenuto conto che dall’estrazione degli altri due componenti la scelta è ricaduta su due uomini.

Le disposizioni legislative L’art.16, comma 25-bis, del d.l. n.138/2011 ha previsto che «nei casi di composizione collegiale dell’organo di revisione economico-finanziario previsti dalla legge, in deroga al comma 25, i consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane e le unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali eleggono, a maggioranza assoluta dei membri, il componente dell’organo di revisione con funzioni di presidente, scelto tra i soggetti validamente inseriti nella fascia 3 formata ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 15 febbraio 2012, n. 23, o comunque nella fascia di più elevata qualificazione professionale in caso di modifiche al citato regolamento». Il dlgs n.198/2006 e la legge n.215/2012 disciplinano il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, nonché le pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni. La risposta del Viminale A dire del Viminale le disposizioni legislative sulla parità di genere non dovrebbero essere estensibili all’organo di revisione economico-finanziaria degli enti locali, la cui composizione e le relative modalità di scelta e di nomina sono tassativamente disciplinate dalla legge, senza possibili spazi per l’autonomia statutaria o regolamentare dell’ente. Infatti, si tratta di un organo di verifica e vigilanza della regolarità contabile finanziaria ed economica della gestione e, come tale, collocato in un ruolo di terzietà verso l’ente (art.239 del Tuel e art.3 del d.l. 174/2012). Proprio per le sue funzioni non appare ravvisabile un contrasto tra la nomina del presidente e quella del rispetto del principio di equa rappresentanza di genere affermato dalla stessa legge.

D’altra parte, osservano i tecnici ministeriali, qualora si dovesse ritenere, anche mediante un intervento legislativo, di estendere l’obbligatorietà del rispetto della rappresentanza di genere anche all’organo di revisione collegiale, allora si renderebbe necessario rettificare il sistema di scelta dei revisori, attualmente in uso, basato sull’estrazione a sorte dei nominativi dall’elenco dei revisori degli enti locali, previa valutazione che tale modifica avrebbe in funzione del numero degli iscritti, degli enti locali interessati e anche del limite degli incarichi di cui all’articolo 238 del testo unico 267 del 2000. A livello nazionale, infatti, gli iscritti in fascia 3 sono per il 77,52% uomini e solo il 22,48% sono donne e tale ultima percentuale scende drasticamente in diverse regioni. In conclusione, pur nella autonomia dell’ente locale, una eventuale disciplina estensiva di equilibri di genere nella composizione dell’organo collegiale, non potrà non tenere conto che la platea degli iscritti dovrà pur sempre essere attinta nella fascia 3 dell’elenco provinciale.

In collaborazione con Mimesi s.r.l.

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