Fondo rischi e contenzioso: compiti del revisore

29 Novembre 2021
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  1. La questione di massima

La sezione di controllo della Corte conti dell’Emilia Romagna, con Deliberazione n. 229 del 9 novembre 2021 (relatore Tiziano Tessaro), affronta un tema centrale per la stabilità dell’Ente locale su un aspetto (quello del contenzioso) dove il revisore dei conti non può limitarsi ad una “verifica formale” sul Fondo rischi e contenzioso ma deve spingersi ad un’analisi concreta e analitica (cd. asseverata) tale da assicurare la permanenza degli equilibri di bilancio[1], distinguendo questa attività concreta dalle altre (ex art. 238 del D.Lgs. n. 267/2000, TUEL) in una prospettiva di certezza (cd. verificazione) incidendo sull’intero regime finanziario, impedendo il disavanzo.

Solo attraverso la corretta determinazione del Fondo rischi per le passività derivanti dal contenzioso è possibile realizzare i canoni della sana gestione finanziaria, della buona amministrazione della corretta e ponderata programmazione delle politiche pubbliche (ex artt. 81 e 97 Cost.), impedendo di gestire partite di spesa superiori a quelle costituzionalmente consentite, con evidente detrimento dello stato dei propri conti.

In effetti, l’attività del revisore viene delineata dalle lettere del comma 1 (il comma 6 precisa che lo statuto possa «prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori»), dell’art. 239 del TUEL:

  1. a) di collaborazione;
  2. b) espressione di pareri obbligatori (anche attraverso un «espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti»);
  3. c) di vigilanza sull’attività contabile, finanziaria e contrattuale;
  4. d) informativa/relazionale, includendo la lettera d bis), su consuntivo e bilancio consolidato;
  5. e) di referto (controllo e denuncia);
  6. f) di verifica (ordinaria/straordinaria di cassa, gestione del servizio di tesoreria e degli agenti contabili).

Le ricadute delle attività assegnate ex lege, nella cangiante linearità del pronunciamento, si profilano e distinguono nel progressivo grado di certezza delle funzioni proprie in:

  • parere;
  • verifica;
  • attestazione;

La conclusione a cui perviene la Corte impone di affermare che l’esigenza di certezza, connaturata alla determinazione del Fondo rischi, postula che il revisore effettui un controllo minuzioso e puntuale (rectius completo) del contenzioso ad esso afferente: un’analisi specifica delle singole poste e partite, richiedendo «una approfondita e analitica “verifica”, che non si limiti all’espressione di un mero giudizio», escludendo un controllo a campione (o sporadico).

  1. La questione concreta

Il tema nasce all’esito di un controllo sui rendiconti del Comune, ove si riscontrava l’assenza di accantonamenti al Fondo rischi e contenzioso nel risultato di amministrazione, e la equivalente assenza di rilievi nella relazione dell’Organo di revisione.

In definitiva, il revisore ometteva:

  • l’attestazione in merito al processo di costante ricognizione o aggiornamento di contenzioso in essere o potenziale (anche se negativo);
  • le dovute verifiche sulla congruità di altri accantonamenti a fondi[2].

La conseguenza diretta portava la Giunta comunale, su diposizione della Corte, ad effettuare una ricognizione del contenzioso pendente e all’istituzione del “Registro dei contenzioni giudiziari, con i criteri generali per la valutazione del rischio soccombenza e asseverazione debiti potenziali”, con la presentazione di apposita attestazione da parte dell’organo di revisione.

Gli obblighi rientrano all’interno delle previsioni dell’art. 187, Composizione del risultato di amministrazione, del TUEL dove al comma 1 distingue nel risultato di amministrazione in:

  • Fondi liberi;
  • Fondi vincolati;
  • Fondi destinati agli investimenti;
  • Fondi accantonati, dove sono ricompresi gli accantonamenti per passività potenziali e il Fondo crediti di dubbia esigibilità FCDE (il “Fondo rischi e spese”, ai sensi del D.Lgs. n. 118/2011, All. 4/2, § 9.2, è determinato, tra l’altro, da «accantonamenti per le passività potenziali»)[3].

In questo senso, il revisore «provvede a verificare la congruità degli accantonamenti», ossia secondo il cit. allegato 4/2, al paragrafo 5.2., ultimo capoverso della lettera h), la quantificazione di detto Fondo è un compito che spetta al revisore in presenza dell’incertezza del contenzioso, essendo un obbligo cogente: «in tale situazione l’Ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla sentenza, stanziando nell’esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva. A tal fine si ritiene necessaria la costituzione di un apposito Fondo rischi»[4].

Risulta determinante, quindi, l’attività del revisore atteso che la somma accantonata non può dare luogo ad alcun impegno di spesa, deve confluire nel risultato di amministrazione per la copertura delle eventuali spese derivanti da sentenze, proprio a tutela degli equilibri di competenza nell’anno in cui si verificherà l’eventuale soccombenza: l’accantonamento e la sua corretta quantificazione ha lo scopo di sterilizzare il rischio di passività[5].

  1. I compiti del revisore

Sul Fondo rischi il revisore non deve esprimere un parere (come ad es. previsto sul bilancio di previsione, sul rendiconto o in tema di riconoscimento di debiti fuori bilancio) ma esige una specifica attestazione sulla congruità dell’accantonamento e una verifica, ossia una asseverazione analitica[6]: la (cit.) certezza/regolarità del quantum accantonato.

Giova allora con finalità dirimenti soffermarsi sull’attività che il revisore concretamente deve porre in essere: la sezione osserva, in termini di teoria generale, sui concetti tra loro diversi in relazione al grado crescente di certezza (alias valutazione effettuata sempre più in profondità):

  • parere”: espressione di giudizio situato necessariamente in un momento anteriore all’adozione dell’atto (ovvero, alla produzione degli effetti, si tratta di un momento prodromico istruttorio)[7], costituendo manifestazioni la cui finalità, almeno di norma, consiste nell’apportare agli organi attivi degli elementi da utilizzare nelle loro determinazioni (con una evidente funzione consultiva obbligatoria o facoltativa)[8];
  • verifica”: tale attività ha carattere ricognitivo di una situazione di fatto già prodottasi (ad es. nel caso delle verifiche di cassa, attengono all’entità della liquidità presente nell’Ente nel trimestre passato), nel senso di un accertamento di quanto realmente è presente con una funzione dichiarativa ascrivibile, alla categoria degli acclaramenti, ovverosia acquisizioni di scienza, concernenti l’esistenza, la misurazione e l’analisi tecnica o amministrativa dei dati fattuali. Sotto il profilo della generale regola stabilita dall’art. 239, lett. c), del TUEL la verifica viene intesa letteralmente con “vigilanza”, sinonimo di controllo, che potrà anche avvenire a campione («l’organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento»), rispetto all’indiscutibile esigenza di certezza richiesta dall’ordinamento dalle verifiche di cassa, ai sensi dell’art. 223 e 224 del TUEL. In effetti, anche il primo comma dell’art. 147 quinquies (Controllo sugli equilibri finanziari) del D.Lgs. n. 267/2000 assegna al revisore il compito di “vigilanza” sugli equilibri finanziari, svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario[9];
  • attestazione”: le valutazioni effettuate sono funzionali alla creazione di una vera e propria certezza giuridicamente rilevante nella formazione dell’atto/procedimento, verso la quale non è consentito discostarsi dai contenuti (non vi sono margini di discrezionalità). L’attestazione differisce dal parere, in quanto quest’ultimo può essere disatteso dall’organo decidente, ex 6, lett. e), della Legge n. 241/1990, con una chiara ed esplicita motivazione sul contrasto di opinioni venutosi a creare ed è, anzi, illegittimo il provvedimento che si discosta senza motivazione dalle conclusioni di un parere[10];
  • asseverazione”: consiste in un’attività valutativa e accertativa, con lo scopo di evitare incongruenze sui risultati, garantire una piena attendibilità dei dati analizzati, con un onere motivazionale di quanto rilevato e osservato.
  1. Fondo rischi e contenzioso e natura dell’attività del revisore

Alla luce del quadro descrittivo, il compito del revisore con riferimento al Fondo rischi e contenzioso si compone:

  • nella VERIFICAZIONE: che attiene all’entità delle quote accantonate al Fondo rischi, la cui indiscutibile esigenza di determinazione matematica non può risolversi nell’enunciazione di un mero giudizio valutativo, ma richiede al contrario un procedimento di apprendimento, frutto cioè di una ricognizione puntuale del contenzioso (una verifica della sua dimensione reale), che si risolve nella formulazione di una vera e propria attestazione con valore di certezza;
  • nell’ASSEVERAZIONE: che attiene naturaliter ad un’attività di verifica non campionaria o sporadica, ma completa con un’analisi (anche motivazionale/giustificativa sull’attività effettuata)[11] consistente nell’accertamento della conformità al “diritto” della rappresentazione e del calcolo effettuato e riscontrato[12].

In conclusione, l’importanza dell’attività effettuata dal revisore è funzionale a determinare correttamente la situazione di equilibrio o di disequilibrio dell’Ente, dal momento che nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, il Comune è in disavanzo di amministrazione (ex art. 187 del D.Lgs. n. 267/2000).

La sua violazione è in grado di “ridondare” sulla legittimità della spesa nonché dell’entrata, alterando, così, i saldi finali[13]; dovendo riaffermare che solo attraverso la corretta determinazione del Fondo rischi è possibile evitare squilibri di bilancio derivanti dall’insufficienza delle risorse disponibili nell’anno o nel triennio di riferimento del bilancio di previsione finanziario, per far fronte alle spese necessarie a dare esecuzione a sentenze di condanna esecutive o ad altri atti ad esse equiparabili.

La costituzione e l’adeguatezza del Fondo rischi contenzioso è, dunque, una responsabilità che appartiene al revisore, nei termini descritti, osservando che l’attività non può prescindere da una valutazione della passività potenziale che deve essere sorretta dalle conoscenze delle specifiche situazioni, dall’esperienza del passato e da ogni altro elemento utile, dovendo effettuare l’analisi nel rispetto dei postulati del bilancio ed in modo particolare quelli di imparzialità e verificabilità[14].

  1. Indicazioni operative

La Corte termina con alcune indicazioni operative/programmatiche, invitando l’Ente a effettuare la classificazione analitica delle passività potenziali, distinguendole tra:

  • il debito certo: indice di rischio 100%, l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;
  • la passività probabile: indice di rischio del 51%, che impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno a tale percentuale, vi rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui l’avvocato abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza[15];
  • la passività possibile: indice di rischio tra un massimo del 49% e un minimo al 10%, quello in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile;
  • la passività da evento remoto: indice inferiore al 10%, con accantonamento previsto pari a zero[16].
  1. La revoca del revisore

Appurate le competenze del revisore, il comma 2 dell’art. 235 (Durata dell’incarico e cause di cessazione) del TUEL prevede che «il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, co. 1, lettera d)», segnando i limiti del potere consiliare a fronte di mancanze stabilite dalla legge.

Ne consegue che, indipendentemente da previsioni statutarie (che potrebbero presentare profili di illegittimità rispetto al TUEL), il revisore qualora sia inadempiente può essere revocato, non certo per il venir meno della fiducia, essendo la funzione tecnica avulsa rispetto ad una appartenenza di natura politica, dove questa fides può identificarsi come coerenza all’indirizzo politico[17].

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7885 del 24 novembre 2021, delinea il percorso attraverso il quale l’Amministrazione può revocare il revisore per inadempimento: ossia, «sul piano prettamente istituzionale» riferito a fatti/condotte che «attengono esclusivamente al mancato o ritardato esercizio delle funzioni proprie dell’organo di revisione, per effetto del quale sarebbe derivato un grave pregiudizio alla gestione economico-finanziaria dell’Ente».

Le questioni affrontate:

  • piena legittimità del Segretario comunale quale responsabile del procedimento di revoca (ovvero, di redazione della proposta da sottoporre all’organo consiliare), visto che l’istruttoria delle relative proposte di deliberazione non può che spettare agli organi dell’apparato burocratico;
  • l’istruttoria del procedimento che ha portato all’approvazione del provvedimento deliberativo di revoca, affidata al Segretario comunale, risulta coerente con quanto disposto dall’art. 97, co. 2, dello stesso TUEL;
  • non sussiste alcuna incompatibilità (conflitto di interessi) del Segretario comunale atteso che i contrasti con il revisore sono insorti con l’Amministrazione comunale, attenendo a profili di inadempimento dell’esercizio delle funzioni proprie;
  • la verifica del non corretto adempimento agli obblighi istituzionali relativi alla carica ricoperta (espletamento di attività libero-professionale come commercialista a tutela di contribuenti del Comune in conflitto di interessi rispetto alla carica ricoperta; ritardo nel rilascio dei pareri previsti per il bilancio di previsione e il rendiconto; mancata compilazione del questionario da trasmettere alla Corte dei conti relativo al rendiconto e al bilancio di previsione[18]; mancata co-sottoscrizione del certificato attestante il rispetto degli obiettivi imposti dal Patto di stabilità; mancato adempimento corretto ad alcuni dei propri obblighi istituzionali; rilievi della sez. contr. della Corte dei conti sulla mancata indicazione di alcuni dati relativi al bilancio di previsione con invito a provvedere tempestivamente alla integrale compilazione di tutti i prospetti non compilati, trattandosi di attività obbligatoria prevista dall’art. 1, co. 166, della Legge n. 266/2005 e, da ultimo, dall’art. 148 bis del TUEL; invio di n. 4 pareri/interventi tramite fax «solo pochissimi minuti prima dell’inizio del Consiglio comunale… senza alcuna giustificazione o scuse per il ritardo», impedendo l’esercizio consapevole delle funzioni degli uffici e degli organi)[19] legittima l’esercizio del potere di revoca promosso dall’organo consiliare dell’Ente;
  • il parere pro veritate esterno (ad un legale) in ordine alla verifica della sussistenza dei requisiti per l’adozione del provvedimento di revoca dell’organo di revisione, risulta un ausilio giuridico (facoltativo e consultivo, che assume carattere meramente interno, quindi quelle in esso contenute sono valutazioni che rimangono nel dominio esclusivo dell’Amministrazione stessa, senza che possano incidere nella sfera soggettiva di un terzo) cui talvolta le Amministrazioni fanno ricorso per la soluzione di questioni giuridiche controverse (e dunque legittimo anche se non menzionato nella delibera).

Il Collegio di seconde cure condivide il percorso motivazionale della sentenza di primo grado che legittima la revoca, laddove afferma che «fermo restando che l’organo di revisione ha piena libertà di esprimere motivatamente parere negativo sulle proposte di deliberazione sottoposte alla sua valutazione, è evidente che il modus operandi seguito …, oltre che in contrasto con il regolamento consiliare (a norma del quale le proposte di deliberazione, corredate di tutti i pareri e degli allegati obbligatori, debbono essere messe a disposizione entro un certo tempo dalla convocazione della seduta consiliare, in modo da consentire ai componenti dell’organo consiliare l’espressione di un voto consapevole), rappresenta un grave vulnus per il funzionamento dell’organo consiliare dell’Ente, in quanto, non consentendo un tempestivo intervento diretto alla risoluzione delle criticità rilevate dall’organo di revisione, pregiudica il buon funzionamento dell’organo consiliare e, quindi, in definitiva l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa».

In termini diversi, la gravità dei ritardi contestati «risulta ancora più evidente ove si pensi che la sua attività, concernendo gli atti contabili fondamentali dell’Ente, incide non solo sulla continuità dell’azione degli organi di governo, ma sulla stessa gestione economico-finanziaria dell’Ente», a nulla sono valse le osservazioni del revisore secondo le quali «il provvedimento di revoca sia stato strumentalmente preordinato a punirlo per l’attività di controllo posta in essere».

Il dato fattuale e probatorio ha portato i giudici di Palazzo Spada a rigettare il ricorso, con condanna alle spese, confermando la revoca a seguito di una serie di contestazioni tali da rendere inevitabile il permanere del rapporto in relazione ai gravi inadempimenti che se da una parte, pregiudicavano la stabilità finanziaria dell’Ente, dall’altra, impedivano agli uffici di svolgere l’attività amministrativa, mancando i dovuti atti del revisore, e all’organo elettivo (i consiglieri comunali) di valutare i provvedimenti nei tempi dovuti[20].

[1] Il principio dell’equilibrio di bilancio, il quale «consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche», Corte Cost., sentenza n. 250/2013, reca con sé l’indefettibile esigenza di evitare la sottostima delle quote accantonate del risultato di amministrazione, Corte Cost., sentenza n. 274/2017.

[2] I controlli risultano doverosi alla luce dei principi dell’armonizzazione contabile, in quanto fattori di possibile perturbazione degli equilibri di bilancio: «la salvaguardia degli equilibri di bilancio ex art. 81, quarto comma, Cost. … risulta inscindibilmente connessa al coordinamento della finanza pubblica perché, da un lato, i richiesti elementi, di carattere non solo finanziario ma anche economico …, costituiscono indefettibili informazioni al fine della definizione dell’indebitamento pubblico in ambito nazionale; dall’altro … sono finalizzati a verificare che l’impostazione e la gestione del bilancio siano conformi alle regole di sana amministrazione», Corte Cost., 28 marzo 2012, n. 70.

[3] Cfr. Corte dei conti, sez. Autonomie, Deliberazione 2 febbraio 2016, n. 3, dove, in prima applicazione, rileva che il Fondo rischi per spese legali debba essere determinato nel primo esercizio del bilancio di previsione, o in quote uguali tra gli esercizi del bilancio finanziario, sia per il contenzioso sorto nell’anno precedente e nell’anno in corso (2014 e 2015), sia per il contenzioso formatosi negli esercizi precedenti (2013 e anteriori). Vedi, il Principio contabile applicato della programmazione 4/1, paragrafo 9.11.1, «la nota integrativa allegata al bilancio di previsione presenta un contenuto minimo costituito da: a) i criteri di valutazione adottati per la formulazione delle previsioni, con particolare riferimento agli stanziamenti riguardanti gli accantonamenti per le spese potenziali e al Fondo crediti di dubbia esigibilità, dando illustrazione dei crediti per i quali non è previsto l’accantonamento a tale Fondo».

[4] Cfr. Corte dei conti, sez. contr. Liguria, Deliberazione 28 luglio 2020, n. 71, ove si evidenzia che a seguito del deposito di una sentenza (pur non definitiva né esecutiva), l’obbligo di effettuare adeguato accantonamento a Fondo rischi risulta imposto dal Principio contabile, che, sul punto, riempie di contenuto la clausola generale dell’equilibrio cd. dinamico dei bilanci pubblici, avente fonte negli artt. 81, 97 e 119, comma sesto, della Costituzione, come più volte interpretati dalla Corte Costituzionale, ad esempio, sentenze n. 274/2017, n. 18/2019 e n. 115/2020.

[5] Cfr. Corte dei conti, sez. Autonomie, Deliberazione n. 14/2017, ove si esige una puntuale definizione alla quantificazione del Fondo contenzioso, legato a rischi di soccombenza su procedure giudiziarie in corso, risultando «essenziale procedere ad una costante ricognizione e all’aggiornamento del contenzioso formatosi per attestare la congruità degli accantonamenti, che deve essere verificata dall’Organo di revisione».

[6] Cfr. l’art. 11, co. 6, lett. j), del D.Lgs. n. 118/2011, dove la relazione del revisore deve asseverare «gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate», evidenziando «analiticamente eventuali discordanze e ne fornisce la motivazione». Nel caso del Fondo rischi, così come delle poste di debito e credito con gli organismi partecipati, le quote vincolate e accantonate necessitano di essere garantite da adeguate risorse loro specificamente destinate in conformità ai principi della copertura economica, Corte Cost., sentenza n. 274/2017.

[7] La funzione consultiva non può essere esercitata a posteriori dovendo ritenere che il parere è sempre preventivo, un parere ex post non ha senso, TAR Lazio, Roma, sez. II, 30 novembre 1988, n. 1536, né è ammissibile la sanatoria di un atto amministrativo da emettersi in esito all’acquisizione di un parere, quando questo intervenga tardivamente.

[8] Cfr. Corte dei Conti, sez. contr. Emilia – Romagna, Deliberazione 11 aprile 2017, n. 62.

[9] Anche questa verifica sugli equilibri di bilancio assegna una funzione di certezza, il cui mancato assolvimento genera oltretutto specifiche responsabilità, rilevanti anche ai fini dell’art. 148, co. 4, del TUEL, Corte dei conti, sez. Autonomie, Deliberazione n. 23/SEZAUT/2019/FRG.

[10] Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 695/1990.

[11] Si tratta di un’attività che ha un obiettivo riscontro finanziario (Corte Cost., sentenza n. 49/2018), a differenza delle altre poste che compongono il risultato di amministrazione (come i residui attivi e passivi, e il Fondo pluriennale vincolato di spesa), di carattere eminentemente valutativo, e su cui si fonda il parametro di verifica degli equilibri di bilancio (Corte Cost., sentenza n. 18/2019), rilevando in ossequio al brocardo ubi lex dixit voluit che quando il legislatore ha consentito l’utilizzo della modalità a campione del controllo l’ha espressamente stabilito.

[12] Corte dei conti, sez. contr. Campania, Deliberazione n. 217/2019.

[13] La quantificazione del Fondo per il contenzioso richiede un attento e costante monitoraggio sulle liti, per le quali occorre procedere, quanto meno annualmente, alla stima del rischio di soccombenza e alla verifica del loro andamento: occorre dotarsi di un’apposita banca dati o, comunque, di un sistema di analisi e di stima delle controversie, Corte dei conti, sez. reg. contr. Sicilia, Deliberazione n. 6/2019/SS.RR/PARI.

[14] Corte dei conti, sez. contr. Trentino-Alto Adige/Südtirol Trento, Deliberazione n. 57/2019/PRSE.

[15] Cfr., al riguardo, documento dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario, ossia la probabilità che il fatto si verificherà è maggiore della probabilità che non si verificherà; mentre la passività è possibile o potenziale, quando il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile.

[16] Cfr. Corte dei Conti, sez. contr. Lazio, 26 ottobre 2020, n. 112.

[17] Vedi, M. LUCCA, La mancata “fiducia” non legittima la revoca del revisore, ildirittomministrativo.it, n. 10, 18 ottobre 2019, dove si chiarisce che l’elemento fiduciario nel rapporto intercorrente tra l’organo tecnico (revisore di conti) e il datore di lavoro pubblico che lo nomina (Consiglio comunale, peraltro a seguito di una scelta effettuata per estrazione da un soggetto diverso, con le esclusioni previste dall’art. 57 ter del D.L. n. 124/2019), non può trasmodare in una relazione eterodiretta ma deve reggersi su aspetti di ampia autonomia e terzietà, potendosi semmai limitarsi a ricevere direttive di carattere generale, per realizzare le quali si vale di ampia autonomia, distinguendosi d’altronde dalle nomine fiduciarie legate al c.d. spoil system (dirigenza a chiamata).

[18] Cfr. Corte conti, sez. contr. Sardegna, deliberazione 9 ottobre 2019, n. 71, relativa al mancato invio delle relazioni-questionario o del grave ritardo nella trasmissione delle stesse che costituisce violazione di un preciso obbligo di legge e di un dovere d’ufficio, compromettendo lo svolgimento del controllo della Corte.

[19] Il mancato rispetto del termine sancito dalla normativa per il deposito e la messa a disposizione dei consiglieri comunali della relazione dei revisori dei conti integra uno specifico profilo di legittimità e determina la lesione del c.d. ius ad officium dei consiglieri comunali, TAR Campania, Napoli, sez. I, 5 gennaio 2018, n. 3710 e 27 settembre 2021, n. 6050.

[20] L’incarico di revisore dei conti se non è revocabile ad nutum dall’ente comunale, per ragioni di contrasto in ordine alle scelte dell’Amministrazione, perché ne verrebbe alterato il corretto rapporto tra controllore e controllati, che le funzioni dell’organo di revisione devono assicurare, tuttavia, quando l’Amministrazione dimostra in modo adeguato le inadempienze del revisore la gravità va apprezzata nel loro complesso, Consiglio di Stato, sez. V, 9 maggio 2018, n. 2785.

 

 

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