di Carlo Valentini
Mentre i conti pubblici ritornano all’attenzione dell’Ue vi è una frana che rischia di sconvolgere i piani, si tratta del deficit dei Comuni. Durante la recente campagna elettorale amministrativa sono avvenute promesse bipartisan di ripianarlo e adesso questi nodi vengono al pettine. Alla montagna di debiti dello Stato debbono essere aggiunti 67,3 miliardi di deficit periferico, tra Comuni e Regioni. Alcuni emendamenti sono stati presentati alla legge di bilancio che incomincia il suo iter in parlamento, ma Mario Draghi è intenzionato a porre la fiducia e quindi essi potrebbero decadere, a meno che non vengano accettati dal governo. L’inflazione che cresce è un campanello d’allarme perché le banche centrali potrebbero decidere di intervenire e allora addio alle politiche espansive e occhi puntati sul debiti dei vari Paesi. Non sarà più il rigore assoluto che tanti danni ha provocato all’Ue ma certo l’allargamento della spesa determinato dal Covid dovrà in qualche nodo essere rivisto. Anche l’emissione di titoli europei, con garanzie comuni, si basava su un andamento lineare dell’economia, se cambia lo scenario c’è da attendersi qualche dietrofront. Insomma, un problema (il deficit pubblico) che era strato messo sotto il tappeto grazie al Covid, ritorna in primo piano nelle discussioni sulla politica economica dell’Ue e il governo, pur capeggiato da un leader assai rispettato in Europa, dovrà incominciare a rifare i conti. Il fatto è che mentre i conti pubblici ritornano all’attenzione dell’Ue vi è una frana che rischia di sconvolgere i piani, si tratta del deficit dei Comuni.
Durante la recente campagna elettorale amministrativa sono avvenute promesse bipartisan di ripianarli e adesso questi nodi vengono al pettine. Alcuni emendamenti sono stati presentati alla legge di bilancio che incomincia il suo iter in parlamento ma Mario Draghi è intenzionato a porre la fiducia e quindi essi potrebbero decadere, a meno che non vengano accettati dal governo. Perciò sono incominciate le pressioni sul presidente del Consiglio. In ogni caso la spada di Damocle è sulla testa dei politici: lasciare che i Comuni si ritrovino in default oppure aggiunger questo moloch al deficit dei conti pubblici? La senatrice Dem, Valeria Valente (di Napoli), è stata chiara nell’emendamento che ha depositato: lo Stato deve accollarsi il debito finanziario dei Comuni capoluogo delle Città metropolitane. E’ scritto nell’emendamento: “Il ministero delle Finanze è autorizzato a procedere alla ristrutturazione, con integrale accollo da parte dello Stato, dei mutui e delle operazioni derivate ad essi connessi, e dei prestiti obbligazionari di titolarità dei Comuni capoluogo delle Città metropolitane che, al momento dell’entrata in vigore di questa norma, abbiano già deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”. Si tratta di 14 Comuni metropolitani che si ritrovano in rosso e chiedono il colpo di spugna, che poi sarebbe estrarre dalle tasse dello Stato, cioè da quanto hanno versato i contribuenti diligenti, ciò che serve per appianare i debiti contratti con la spesa, spesso allegra, avvenuta in questi anni nei Comuni. Non nasconde (ovviamente) il suo consenso Pier Paolo Baretta, ex sottosegretario al ministero delle Finanze e ora assessore al Bilancio del Comune di Napoli, chiamato dal neo-sindaco Gaetano Manfredi: “I parlamentari napoletani cominciano a muoversi e questo è necessario perchè siamo in una difficoltà finanziaria da pre-dissesto”. Aggiunge Baretta: “A noi interessa una drastica riduzione del debito del Comune, come si arrivi a farlo poco importa, quel che conta è il risultato”. Anche Forza Italia e i 5stelle stanno convergendo sul cancella-debito. Il senatore napoletano pentastellato Enzo Presutto ha presentato un altro emendamento in cui prevede un versamento statale di 200 milioni l’anno dalle casse statali a quelle comunali della città partenopea “per il concorso a sostegno degli oneri derivanti dal piano per l’estinzione dei debito pregresso del Comune di Napoli”. Pure la Lega non pone ostacoli ma vuole che tutti i Comuni, anche quelli a guida leghista, abbiano lo stesso trattamento. “Noi ragioniamo- spiega Matteo Salvini-su come aiutare i Comuni italiani in difficoltà, tutti i Comuni che hanno bisogno di aiuto, non ci può essere la norma per un Comune sì e per l’altro no. Questi problemi ci sono in mezza Italia ma bisogna capire come nascono. Napoli è amministrata da 30 anni dalla stessa parte politica. Chi li ha fatti quei debiti? Chi ha speso male quei soldi? Chi non ha riscosso i tributi? Laddove ci sono cittadini da aiutare noi ci siamo ma bisogna che emergano le responsabilità. Detto questo se c’è da aiutare una comunità noi ci siamo basta che sia un intervento unanime. Il Covid ha dissestato i bilanci di tutti i Comuni italiani, quindi bisogna fare un ragionamento per aiutare tutti, non solo qualcuno”.
Secondo l’Anci, l’associazione dei Comuni, sono oltre 800 i Comuni che rischiano il crack. In cima alla classifica, vi è Napoli che nonostante il rosso ha continuato a fare debiti, cresciuti tra il 2019 e il 2020 di 249 milioni, passando da circa 4 miliardi e 651 milioni di euro a 4 miliardi e 900 milioni Analizzando il più recente bilancio approvato dal Comune emerge che la voce debitoria più grande è quella riguardante i “debiti verso altri finanziatori”, che ammonta a 2 miliardi e 264 milioni. Si tratta soprattutto di posizioni aperte con Cassa Depositi e Prestiti che finanzia continuamente il Comune per aiutarlo a ripagare i debiti più urgenti, quelli commerciali con i fornitori, la cui copertura è indispensabile per l’erogazione dei servizi. Nel 2020, per esempio, la Cassa ha concesso 487 milioni di euro al Comune. E si tratta sempre di soldi pubblici. In pratica ci si indebita per pagare i debiti, in attesa che arrivi qualche anima buona che cancelli la vergogna. Che si tratti di vergogna lo conferma l’Istat che ha certificato l’incapacità di riscuotere i tributi: solo il 27% delle tasse comunali e delle multe viene effettivamente incassato. In particolare mancano all’appello, secondo il Comune stesso, 802 milioni di sanzioni varie non riscosse, 910 milioni di Tari, Tarsu e Tares, 236 milioni di Ici e Imu. I Comuni italiani hanno 33,8 miliardi di debiti che i politici locali vogliono addossare allo Stato. Accanto agli “aspiranti” al dissesto vi sono i Comuni che già vi sono entrati, il loro numero è 126, quasi tutti collocati nel Mezzogiorno, in aree tradizionalmente depresse dal punto di vista economico. In testa, con 10 Comuni a testa, troviamo le province di Caserta, Reggio Calabria, Palermo. In particolare località note anche per un’alta densità criminale, come Villa Literno sul litorale campano, o Locri e Taurianova in Calabria, Partinico in provincia di Palermo. Questa deriva della spesa pubblica locale non finisce qui. Anche le Regioni hanno i conti in rosso per ben 33,5 miliardi. Quindi alla montagna di debiti dello Stato debbono essere aggiunti 67,3 miliardi di deficit periferico, tra Comuni e Regioni.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
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