di Matteo Barbero (ItaliaOggi – 17/05/2022)
La distribuzione dei contributi statali per l’aumento dell’indennità dei sindaci, non sempre copre le effettive necessità. La Conferenza Stato-città ha approvato ieri lo schema di decreto per il riparto del fondo da 100 milioni istituito dall’ultima manovra a titolo di concorso alla copertura del maggiore onere derivante dai commi 583 e seguenti della legge 234/2021.
L’aumento è finanziato in gran parte per intero dallo Stato, con un fondo da 100 milioni di euro che copre la maggior spesa sull’anno corrente che si attesta su 100.365.257 euro. Ma il problema si pone quando gli amministratori, per scelta, attualmente percepiscono un indennità inferiore a quella prevista. Ad esempio: indennità prevista € 1650, indennità percepita € 800, indennità spettante dal 1 gennaio 2022 € 1900. Il contributo dello Stato va a coprire la differenza tra 1900 e 1650 e non fra 1900 e 800. Per cui, per riconoscere le nuove indennità, anche con gli abbattimenti previsti dalla legge (che per il 2022 limita il contributo al 45% dell’aumento teorico, salendo al 68% nel 2023) gli enti dovranno comunque mettere dei soldi propri. Sul versante opposto, ci sono gli enti che hanno preso più soldi del necessario, perché ad alcuni amministratori spettano indennità più basse di quelle considerate (ad esempio, perché lavoratori dipendenti). Inoltre, per tutti i mini enti è assegnata anche la quota per il poresidente del consiglio comunale, che non è prevista. Gli aumenti sono previsti dalla legge. Chi deciderà di rinunciare all’aumento non farà un favore al proprio ente, perché le somme saranno trattenute.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento