Il fatto
A seguito del decreto ingiuntivo non soddisfatto un creditore ha agito con giudizio di ottemperanza richiedendo, oltre al capitale, anche gli interessi maturati per tutto il periodo intercorrente tra giudicato e soddisfo del credito, non essendo stato il creditore soddisfatto nella procedura dell’organo di straordinario di liquidazione.
L’ente locale si è opposto precisando che il mancato pagamento sia dipeso dalla procedura di dissesto e che, in ogni caso, gli interessi reclamati per tutto il periodo di dissesto non avrebbero dovuto essere liquidati, per espressa disposizione legislativa.
La sentenza
Evidenzia il Collegio amministrativo di primo grado che, la questione della maturazione degli interessi durante tutta la procedura di dissesto è stata esaminata dalla Consulta. Quest’ultima con sentenza n.219/2022 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 248, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 secondo cui “la disposizione relativa agli accessori del credito ha la finalità di determinare esattamente la consistenza della massa passiva da ammettere al pagamento nell’ambito del dissesto dell’ente locale, ma essa ‘non implica la estinzione dei crediti non ammessi o residui, i quali, conclusa la procedura di liquidazione, potranno essere fatti valere nei confronti dell’ente risanato”. Pertanto, il creditore rimasto insoddisfatto, ha riacquistato, la piena possibilità di recuperare i propri crediti in misura integrale nei confronti dell’Ente una volta tornato in bonis. E’, quindi, corretta la richiesta del creditore di ottenere l’ottemperanza del giudicato mediante il pagamento delle somme a titolo di capitale e di interessi, maturati dalla data di ogni singola fattura, sino al soddisfo, comprensivi quindi degli interessi maturati nel corso della procedura di dissesto. Non è, infatti, suscettibile di favorevole apprezzamento la tesi difensiva propugnata dal Comune secondo cui non dovrebbe ritenersi sussistente il requisito dell’inadempimento alla luce del lungo periodo della procedura di dissesto. È pacifico che il credito vantato dal ricorrente non sia stato adempiuto né dall’organo straordinario, né dal Comune tornato in bonis. Quest’ultimo non può, pertanto, che essere considerato allo stato inadempiente. La soluzione opposta comporterebbe un’estinzione di fatto delle poste “sopravvissute” al dissesto, non essendo queste ultime esigibili né dalla relativa gestione (che ha concluso il mandato), né dall’amministrazione con il bilancio riequilibrato (che non ne risponderebbe). Si avrebbe, in sostanza, un’interpretazione abrogativa sia del disposto normativo dell’art. 248, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000 che prevede una inesigibilità solo temporanea dei crediti verso l’ente locale in dissesto, sia – più in generale – del principio di completa e necessaria esecuzione integrale del giudicato.
Anche la tesi sulla non debenza degli interessi maturati nel corso della procedura di dissesto, deve essere respinta, posto che tale interpretazione del dato normativo è contraria all’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, anche a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 219/2022.
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