Pagamento mansioni superiori. La Cassazione confuta la tesi dell’ARAN

13 Gennaio 2023
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Per l’ARAN il pagamento delle mansioni superiori deve essere calcolato tra categorie iniziali, cui vanno aggiunte in seguito le posizioni economiche acquisite dal dipendente nella categoria di appartenenza. Di diverso avviso è la Cassazione (sentenza n.30053/2022) secondo cui, seguendo l’interpretazione contrattuale, le posizioni economiche acquisite dal dipendente devono essere sottratte a quanto dovuto, di fatto diminuendo fino ad azzerare il differenziale economico dovuto.

Esempio

Un dipendente in cat. C4 che abbia svolto le funzioni nella categoria superiore D, dovrebbe ricevere secondo l’ARAN la differenza tra il valore annuo della cat.D1 (euro 23.808,10) e il valore C1 (euro 21.881,33), ossia una differenza pari a euro 1.926,77. Secondo la Cassazione a questo valore andrebbe sottratto il differenziale di sviluppo in C4 pari a 1.873,69, ottenendo una differenza per lo svolgimento delle mansioni superiori pari ad euro 53,08. Se il dipendente fosse stato in C5 (euro 24.633,83) non avrebbe ricevuto nulla, essendo quest’ultimo valore superiore a quello della D1.

Il fatto

Un dipendente, cui sono state riconosciute le mansioni superiori rispetto alla categoria di appartenenza, si è visto corrispondere dalla Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, la differenza tra lo stipendio della categoria superiore (D1) e quella di appartenenza comprensiva della posizione di sviluppo ottenuta negli anni (C4 e C5). Il dipendente ha rivendicato la corretta applicazione suggerita dall’ARAN che, in risposta ad una domanda esattamente sovrapponibile a quella oggetto della sentenza, ha precisato quanto segue: “se, ad esempio, il dipendente è inquadrato nella categoria C, posizione economica C5, il compenso pari alla differenza tra il trattamento stipendiale iniziale della categoria C, corrispondente alla posizione economica C1, e quello iniziale della categoria D, corrispondente alla posizione economica D1, si aggiungerà al trattamento economico stipendiale corrispondente alla posizione economica C5” (orientamento applicativo RAL_1793). Pertanto, ha proposto ricorso in Cassazione chiedendo la modifica dell’importo da ricevere.

L’interpretazione della Cassazione

Di contrario avviso è stata la posizione dei giudici di Piazza Cavour che hanno confermato come corretta l’interpretazione fornita dai giudici di appello, in merito alla clausola contrattuale. Non vi sono dubbi che al dipendente debba essere corrisposto il trattamento iniziale della categoria superiore. Infatti, l’art.52 del d.lgs. 165/2001, precisa che, qualora ricorrano i presupposti per l’assegnazione del pubblico dipendente a mansioni superiori “per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore”. La questione è, allora, quale valore considerare della categoria inferiore prevista dalle norme contrattuali. L’art.8, del Ccnl. 14 settembre 2000, prevede che “Il dipendente assegnato alle mansioni superiori ha diritto alla differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per l’assunzione nel profilo rivestito e quello iniziale corrispondente alle mansioni superiori di temporanea assegnazione, fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità”. In altri termini, il differenziale da calcolare, rispetto al trattamento iniziale corrispondente alle mansioni superiori assegnate, deve tenere conto del trattamento iniziale della qualifica di appartenenza “fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità”. Tale ultimo, inciso che, secondo la plausibile interpretazione accolta dalla Corte di appello, e non specificamente confutata dalla parte ricorrente, va inteso quale importo relativo alla posizione economica di appartenenza quale somma da detrarre ai fini della determinazione del trattamento differenziale.

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