La responsabilità degli amministratori
Nel caso di specie, secondo il Collegio contabile di appello gli amministratori hanno avuto responsabilità secondo la declinazione prevista dal Testo unico degli enti locali, per non aver posto rimedio alle indicazioni formulate dalla Sezione di controllo regionale. Quest’ultima aveva, infatti, evidenziato le seguenti criticità:
la tardiva approvazione del rendiconto, tenuto conto che il mancato rispetto dei termini all’uopo normativamente previsti costituisce “una irregolarità in grado di dispiegare effetti anche negli altri esercizi, compromettendo la sana gestione finanziaria dell’Ente”.
Il saldo di cassa al 31 dicembre, pari a zero, ed il ricorso ad anticipazioni di tesoreria per 300 giorni, con una scopertura di esercizio pari ad euro, precisando a tal riguardo che “il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, soprattutto se protratto nel tempo, denota difficoltà di gestione dei flussi di cassa e rende evidente, se ripetuto e relativo a somme rilevanti, uno stato di precarietà degli equilibri soprattutto nel caso in cui permanga alla fine dell’esercizio, una carenza di liquidità con eventuale disavanzo di cassa. La Sezione, quindi, raccomanda l’utilizzo delle anticipazioni di tesoreria nel rispetto dei rigorosi limiti normativi esistenti (art. 222 TUEL), per quanto attiene alle somme ed ai periodi strettamente necessari, anche in considerazione degli interessi passivi che maturano sulle somme effettivamente prelevate per l’intera durata del loro utilizzo”; la mancata rappresentazione delle ragioni della cancellazione dei residui attivi;
l’importo dei residui passivi titolo II superiore a quello dei residui attivi titoli IV e V per una differenza complessiva di importo consistente che denota una situazione sintomatica dell’utilizzo per spese correnti di entrate di cassa vincolate non ricostituite a fine esercizio, in quanto l’indicato importo, non essendo affluito nella cassa, che presenta a fine esercizio un saldo pari a zero, non può che essere stato destinato a finanziare spese correnti.
Su tali criticità la Sezione di controllo aveva richiamato l’attenzione del Consiglio comunale, chiesto al Sindaco l’adozione dei provvedimenti conseguenti e la comunicazione delle misure correttive eventualmente assunte. Tuttavia, contrariamente a quanto richiesto dai giudici contabili di controllo, gli organi di governo non risultano aver adottato idonee iniziative in tal senso.
Non so lo, nella deliberazione di dissesto, avvenuta alcuni anni successivi, è stata evidenziata la difficile situazione economico-finanziaria del Comune di Ari, tale da porre a rischio la capacità dell’Ente di garantire l’assolvimento delle funzioni e servizi indispensabili e da far dubitare, per il livello di squilibrio finanziario che la connotava, della possibilità di far fronte ai crediti di terzi nei confronti dell’Ente.
L’aggravamento della situazione finanziaria
Nella deliberazione, accompagnata da una nota di un consulente esterno incaricato dall’ente si riferisce quanto segue: a) L’esistenza incontrovertibile di un ingente indebitamento, al di fuori della contabilità dell’Ente, a carico del bilancio regolarmente accertato ai sensi dell’art. 194 del TUEL, il cui ammontare è pari al 139% delle entrate correnti; b) L’esistenza di un ricorso strutturale all’anticipazione di tesoreria in violazione dell’art. 119 della Costituzione; c) le risorse di diritto accertate, qualora venissero impiegate per far fronte al pagamento della massa debitoria non consentirebbero comunque all’ente la possibilità di erogare i servizi indispensabili, né in particolare di assolvere ai suoi impegni come il pagamento delle quote di capitali ed interessi per i mutui contratti. A ciò si aggiunge la mancata ricostruzione dei fondi vincolati utilizzati al di fuori delle procedure di cui all’art. 195 del TUEL, determinando in tal modo un impiego artificioso dell’anticipazione di tesoreria al di sopra del limite di legge di cui all’art. 222 del TUEL.
Pertanto, secondo i giudici di appello, tale situazione di criticità, a differenza di quanto opinato dal primo giudice, offre una sufficiente ed adeguata rappresentazione delle cause del dissesto, con colpa grave da parte degli amministratori. Questi ultimi, infatti, sono responsabili in quanto nessuna adeguata misura di contenimento, contrasto e rimozione delle criticità già presenti, e successivamente aggravatesi, tanto da sfociare nella delibera di dissesto, risulta essere stata prevista nelle delibere consiliari di approvazione dei bilanci preventivi. Tali omissioni, pertanto, per il Collegio contabile di appello, risulta qualificabile in termini di colpa grave, siccome denotante grave noncuranza per la tutela delle sorti finanziarie dell’Ente, tanto più nella ricorrenza di oggettivi segnali d’allarme, conosciuti o comunque conoscibili usando l’ordinaria diligenza.
La responsabilità del revisore
A non miglior sorte giunge anche la responsabilità del revisore, nella compartecipazione dello stesso alla causazione del dissesto, a fronte della mancata adozione di iniziative ed interventi volti ad orientare le decisioni degli Amministratori comunali, come condivisibilmente rilevato dalla Procura regionale. Tutto ciò in un contesto di sostanziale e palese sottovalutazione, da parte del revisore, della precarietà della situazione economico-finanziaria dell’Ente, così come fatto palese dalla circostanza della mancata rilevazione, di “gravi problematiche” e di “non aver suggerito, di conseguenza, misure correttive da adottare” ancora nell’ultimo esercizio precedente a quello in cui è intervenuta la delibera di dissesto. Allo stesso apparato sanzionatorio, pertanto, oltre agli amministratori deve essere esteso anche al revisore attesa la particolare delicatezza dei molteplici compiti gravanti sull’organo di revisione dell’Ente locale, chiamato, per espressa previsione normativa, anche a vigilare sulla regolarità contabile e finanziaria dell’Ente.
Conclusioni
I giudici di appello, pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, hanno accolto il ricorso della Procura con relativa condanna degli amministratori e del revisore dei conti, per dichiarata responsabilità nella causazione del dissesto del Comune.
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