Le indicazioni della Corte Ue
Nella sua sentenza, la magistratura comunitaria ritiene che le concessioni balneari siano rette giuridicamente dalla direttiva sui servizi risalente al 2006 (la cosiddetta Bolkestein). Precisa inoltre che “la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere, a tal proposito, dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro”.
“L’obbligo per i paesi membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva”, aggiungono i giudici europei. Di conseguenza, ai giudici nazionali e alle autorità amministrative spetta il compito di applicare la direttiva e disapplicare la norma nazionale.
Le possibili sanzioni per l’Italia
Ricordiamo che nel mese di marzo anche il Consiglio di Stato (mediante sentenza del 1° marzo 2023, n. 2192) aveva dichiarato illegittima la proroga fino alla fine del 2024 delle concessioni pubbliche agli stabilimenti balneari, decisa dal Governo nel Decreto Milleproroghe.
Come si legge questa mattina sul Sole 24 Ore, in assenza di una riforma della legislazione italiana, la Commissione europea sarebbe costretta a inviare al governo un parere motivato con il quale darebbe all’Italia due mesi di tempo per rispettare il diritto comunitario. Passato questo termine senza riforme, l’esecutivo comunitario potrebbe adire la Corte europea di Giustizia, con il rischio a quel punto di ammende. Vi sono in Italia circa 30mila società balneari, la cui concessione è spesso rinnovata in automatico e a prezzi bassi.
* Articolo integrale pubblicato su La Gazzetta degli Enti Locali del 21 aprile 2023.
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