Piano di rientro anticipato. Il dubbio sugli enti che hanno attivato ma non ancora avuto approvato il piano di riequilibrio

5 Maggio 2023
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In ragione della lunghezza del periodo di istruttoria del piano di riequilibrio finanziario approvato da un ente locale, gli effetti di una eventuale piano di rientro anticipato, ha posto un dubbio sulla sua concreta attuazione agli che hanno attivato il piano di riequilibrio ma di cui la Commissione di stabilità degli enti locali non abbia ancora concluso l’istruttoria. Pertanto, a dire della corte dei conti del Molise (deliberazione n.20/2023), si rende necessario la risoluzione della seguente questione di massima, ossia «se la facoltà di non applicare il disavanzo di amministrazione ripianato nel corso di un esercizio per un importo superiore a quello applicato, per effetto dell’anticipo delle attività riguardanti maggiori accertamenti o minori impegni previsti in bilancio per gli esercizi successivi in attuazione del piano di rientro, al bilancio degli esercizi seguenti possa ritenersi applicabile anche agli Enti il cui piano di riequilibrio finanziario pluriennale sia ancora oggetto d’esame presso la Commissione di cui all’articolo 155 TUEL».

Il piano di rientro anticipato

Si ricorda come un peggioramento del risultato di amministrazione obbliga l’ente al ripiano nell’anno successivo o, se questo è da considerarsi importante, il Consiglio comunale può disporre la ripartizione di tale maggior disavanzo nel periodo triennale del bilancio di previsione successivo, inscrivendo come prima quota nel bilancio di previsione il recupero del disavanzo da attuare, bloccando per tutto il triennio l’espansione della spesa. In questo caso, il Consiglio dovrà indicare in modo puntuale i maggiori accertamenti o le minori spese che si prevede di sostenere nell’intero arco triennale pari al disavanzo inserito nel bilancio triennale. A tale riguardo, il principio contabile ha, infatti, previsto che la deliberazione di approvazione deve contenere la «descrizione delle iniziative che si prevede di assumere per recuperare il disavanzo […]» e «l’individuazione puntuale, distintamente per ciascun esercizio, delle entrate e delle economie di spesa destinate al ripiano del disavanzo», evidenziando che «[i]l piano di rientro che individua puntualmente i maggiori accertamenti e/o i minori impegni che si prevede di registrare a seguito dell’attuazione del piano di rientro nel corso di ciascun esercizio, consente di verificare l’importo del disavanzo ripianato annualmente e di distinguerlo dall’eventuale ulteriore disavanzo che potrebbe formarsi nel corso di ciascun esercizio» (paragrafo 9.2.25 dell’allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, introdotto dal D.M. 7 settembre 2020). Sempre il principio contabile, integrato con le nuove disposizioni del citato D.M. 7 settembre 2020, concede la facoltà di «non applicare» il maggior recupero del disavanzo nei soli casi di piani di risanamento dal contenuto dettagliato, occorrendo «verificare se tale maggiore ripiano è determinato dall’anticipo delle attività previste nel piano di rientro per gli anni successivi». Inoltre, nel caso in cui l’accertato maggior ripiano non è causalmente riferibile all’anticipazione delle previste attività, nell’ambito di un percorso di risanamento attuato tramite «piani di rientro», ovvero nel caso di disavanzo integrato anche – o soltanto – da componente derivante dal riaccertamento straordinario, trova applicazione il terzo periodo del paragrafo 9.2.30, che completa lo statuto regolamentare dettato per le fattispecie di recupero in misura superiore all’obiettivo, prescrivendo quanto segue: «[n]el caso in cui non sia possibile riferirlo ai piani di rientro, il maggiore ripiano del disavanzo è attribuito alle componenti del disavanzo di amministrazione in ordine di anzianità di formazione del disavanzo stesso, nei limiti delle quote previste nell’esercizio successivo e seguenti e restano ferme le modalità di ripiano previste nei piani di rientro, che termineranno prima del previsto».

Gli enti in riequilibrio finanziario

La domanda e il dubbio della Sezione di controllo, riguarda la corretta conformazione ai citati principi contabili, anche per gli enti con recupero anticipato del piano di rientro, ma in assenza della conclusione della procedura istruttoria da parte della Commissione di stabilità finanziaria degli enti locali. Procedura questa cui il legislatore pur prevedendo un termine per la sua conclusione, può perdurare anche diversi anni, anche a fronte degli interventi normativi che permettono agli enti di poter rimodulare il piano di riequilibrio finanziario, con la conseguenza che l’istruttoria della Commissione ministeriale potrà concludersi anche a distanza di diversi anni.
Secondo il Collegio contabile molisano, gli effetti giuridici connessi alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale conseguono immediatamente all’esecutività della deliberazione consiliare di adozione del piano. In questo caso, tuttavia, l’impossibilità da parte del giudice contabile di incidere sulla decorrenza degli effetti risulta, peraltro, coerente con la scansione del procedimento di valutazione del piano di riequilibrio adottato secondo una precisa cadenza delle fasi procedurali, circoscritte entro ristretti ambiti temporali al fine di non comprimere oltremodo le situazioni meritevoli di tutela, in primo luogo l’interesse alla tempestività del percorso di risanamento, da monito-rare per evitare l’aggravamento delle condizioni di precarietà finanziaria.
Poiché, dunque, gli effetti della deliberazione consiliare di adozione del piano si producono immediatamente, il giudizio della Sezione regionale di controllo della Corte deve coerentemente prospettarsi «come elemento di una fattispecie normativa che può portare e stabilizzare gli effetti del piano medesimo (con termine finale alla temporanea sospensione delle azioni esecutive) o determinare la prevalenza di un’altra procedura, ossia il dissesto, attesa la conclamazione implicita dello stato di dissesto nella stessa adesione al piano di riequilibrio» (Sezione di controllo per la Campania, deliberazione n. 198/2019).

Non può, tuttavia, non considerare come, fin dalla prima applicazione della normativa sono emerse criticità connesse alla (spesso estrema) lunghezza della fase istruttoria presso la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali ex art. 155 TUEL. Tale circostanza, come notato dalla Sezione delle autonomie nella citata deliberazione, rischia di frustrare l’essenza stessa del processo di risanamento, il quale, in quanto rimedio utile a prevenire il dissesto, non può prescindere dalla celerità dell’applicazione del piano.
Da un alto, quindi, l’ente in attesa della conclusione dell’iter di approvazione del piano di riequilibrio è obbligato ad intraprendere la procedura di risanamento formalmente da lui approvata, dall’altro lato, nelle more della conclusione della fase istruttoria, ritenendo erroneamente integrate le condizioni di legge, decida di non applicare la quota di disavanzo avvalendosi della facoltà concessa dal comma 4-bis dell’articolo 111 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 e dal par. 9.2.30 dell’all. 4/2 al D.Lgs 118/2011, in tal modo addirittura aggravando le condizioni di squilibrio finanziario.
A fronte dei citati dubbi, la Sezione di controllo del Molise ha rimesso alla Sezione delle Autonomie la questione di massima.

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