Incarichi esterni non autorizzati la restituzione dei compensi illegittimi avviene al netto di IRPEF e previdenza

11 Maggio 2023
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In presenza di incarichi esterni svolti in assenza di autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, quest’ultima ha il diritto/dovere di richiedere gli importi percepiti illegittimamente dal dipendente infedele, anche in presenza dell’attivazione della procedura da parte dei giudici contabili. Tuttavia, per il TAR della Campania (sentenza n.2861/2023), la restituzione deve avvenire al netto dei contributi previdenziali versati dal datore di lavoro che ha corrisposto le somme indebite, nonché al netto delle imposte sul reddito anche essere versate in acconto sempre da parte del medesimo datore di lavoro terzo rispetto a quello di appartenenza del lavoratore pubblico.

La vicenda

Un professore Universitario si è visto inoltrare dal proprio Ateneo una ingiunzione di pagamento per diversi incarichi, svolti negli anni, in assenza di autorizzazione. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso al giudice amministrativo il docente, precisando l’illegittimità dell’azione civile, in presenza di una correlata azione attivata dalla Procura contabile per gli stessi fatti, realizzando in tal modo una indebita richiesta da parte dell’Ateneo. In ogni caso, ha evidenziato il docente, la restituzione sarebbe stata richiesta per compensi al lordo delle ritenute erariali e previdenziali, corrisposte da datori di lavoro estranei al rapporto di lavoro principale. In questo caso sia il TAR che il giudice amministrativo di appello hanno respinto le domande di annullamento del provvedimento dell’Ateneo ma, il Consiglio di Stato, diversamente dal TAR, ha considerato la restituzione al netto del prelievo fiscale e previdenziale.

Sull’azione simultanea della Procura

In linea con le precedenti sentenze della Sezione (Consiglio di Stato sentenza nr. 476/2023), secondo cui la pendenza del citato giudizio non poteva considerarsi preclusiva dell’avvio di un procedimento amministrativo, ex art. 53 D. Lgs. 165/2001, essendo, nell’uno e nell’altro caso, diversi i presupposti e la disciplina applicabile (rileva, ad esempio, in tal senso il diverso termine prescrizionale operante). In altri termini, l’azione promossa dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti del dipendente della Pa che abbia omesso di versare alla propria amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato, è devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti. Tale regola di individuazione del giudice munito di giurisdizione vale anche se la percezione dei compensi si sia avuta in epoca precedente alla introduzione del comma 7-bis, essendo questa una norma ricognitiva del pregresso indirizzo giurisprudenziale favorevole alla giurisdizione contabile. Si verte, infatti, in ipotesi di responsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno, attraverso la quale si è inteso tutelare la compatibilità dell’incarico extraistituzionale in termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico. Diversamente, qualora l’iniziativa di recupero dei compensi percepiti dal dipendente per incarichi svolti e non previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, sia esercitata, direttamente, dalla Amministrazione e sia stato avviato il recupero da parte dell’Amministrazione in base ai poteri datoriali, la controversia che segue, promossa dal dipendente, non esibisce i tratti del contesto erariale, ma mostra un petitum sostanziale rivolto a contestare l’esercizio di poteri datoriali in regime di lavoro privatizzato: poteri che si sono manifestati con il recupero e la trattenuta in busta paga dell’importo dei compensi indebitamente percepiti. La giurisdizione appartiene al giudice ordinario, al quale spetta di conoscere, ex articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (tra le tante: Cass. SS.UU. 05/11/2021, n.32199).

Le somme al netto o al lordo

Altra questione riguarda il prelievo degli importi illegittimamente percepiti, ossia se gli stessi debbano essere calcolati al lordo o al netto del prelievo erariale e dei contribuiti versati. Secondo la giurisprudenza prevalente (Tra le tante: T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 17/02/2021, n. 1033; Consiglio di Stato sez. II, 07/09/2020, n. 539; Cons. Stato, sez. I, parere n. 671/2019) la ripetizione può riguardare solo le somme percepite al netto delle ritenute fiscali e previdenziali. È stato, sul punto, osservato: “Sarebbe infatti inutilmente afflittivo per il percipiente delle somme da restituire pretendere che egli restituisca all’amministrazione anche le ritenute versate per poi procedere ad ottenerne successivamente il rimborso, trattandosi comunque di somme che sono state ormai acquisite all’erario”. Naturalmente, si fa riferimento solo alle ritenute fiscali e previdenziali trattenute all’origine. Ad ulteriore sostegno di tale conclusione, si deve precisare che “la restituzione anche della somma oggetto di ritenuta fiscale e previdenziale all’Università resistente consisterebbe in una sua indebita locupletazione, in quanto la stessa non svolge la funzione di sostituto d’imposta rispetto a tale partita. Tali somme infatti sono state direttamente versate dalla Azienda universitaria al fisco e all’INPS” (cfr. Tar Napoli, II Sez., 19 gennaio 2022, nr. 1533).
In definitiva al docente è stato rispinto l’appello giudicando legittimo l’ingiunzione dell’Ateneo, ma le somme da restituire sono state solo quelle giunte nella disponibilità del docente.

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