Vetustà dei residui attivi e i criteri per il mantenimento o cancellazione degli stessi

27 Luglio 2023
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La presenza di residui attivi da oltre cinque anni mantenuti a bilancio senza particolare movimentazione in tema di riscossione dei medesimi è causa di inquinamento del risultato di amministrazione, oltre che incidere negativamente sulla situazione di cassa. Infatti, secondo la Corte dei conti della Lombardia (deliberazione n.171/2023) il mantenimento dei residui fino a tre anni è indicato dal principio contabile, mentre il mantenimento di quelli più risalenti costituisce un’evenienza eccezionale che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente locale.

Il fatto

Ad un ente locale, sottoposto a controllo dei giudici contabili, è stato chiesto il motivo per il quale la quantità dei residui attivi in bilancio siano stati conservati, nonostante la loro anzianità fosse superiore ai cinque anni e gli incassi quasi inesistenti. In risposta l’ente ha evidenziato che la percentuale di riscossione dei residui ha registrato un miglioramento nell’esercizio 2022, assestandosi al 40,29% rispetto al 34,29% del 2021. In ogni caso per ogni residuo conservato permangono le ragioni giuridiche della sua iscrizione e della conservazione.

Le indicazioni del Collegio contabile

A dire dei magistrati contabili, la presenza di tali residui attivi ha potuto “inquinare” la trasparente determinazione del risultato di amministrazione, oltre che incidere negativamente sulla situazione di cassa, come del resto confermato dal reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria per sostenere le spese di funzionamento dell’Ente. Infatti, in merito alla presenza di residui attivi vetusti si richiamano i precedenti arresti della giurisprudenza contabile a mente della quale, sebbene il paragrafo 9.1. del principio contabile applicato della contabilità finanziaria (n. 4.2. del d.lgs. n. 118/2011) non imponga automaticamente la cancellazione dei residui attivi trascorsi tre anni dalla scadenza del credito non riscosso, tuttavia, il mantenimento di quelli più risalenti costituisce un’evenienza eccezionale che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente locale. Nello specifico, infatti, “l’ente non può limitarsi a verificare che continui a sussistere il titolo giuridico del credito, l’esistenza del debitore e la quantificazione del credito, ma deve anche verificare l’effettiva riscuotibilità dello stesso e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza; cosicché ove risulti che il credito, di fatto, non è più esistente, esigibile o riscuotibile entro termini ragionevoli, esso deve essere stralciato dal conto dei residui e inserito nel conto del patrimonio in un’apposita voce dell’attivo patrimoniale fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del Testo unico sugli enti locali, così come ripreso anche dal punto n. 55 del principio contabile n. 3), al termine del quale deve essere eliminato anche da tale conto, con contestuale riduzione del patrimonio” (tra le tante: Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 60/2021).

Il Collegio contabile, pertanto, ha invitato l’ente locale in sede di riaccertamento dei residui attivi a garantire la veridicità dei risultati di amministrazione, eliminando, in particolare, i residui attivi fondati su ragioni di credito insussistenti o per i quali non è più percorribile fruttuosamente l’esazione del credito stesso.

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