Il fatto
Una città metropolitana aveva proceduto all’assunzione di un avvocato, all’interno dello staff del sindaco, con mansioni di dirigente e coordinatore dell’ufficio di indirizzo e controllo. A seguito dell’erogazione di inventivi tecnici, per le attività di supporto al RUP in diverse opere pubbliche, a seguito della verifica da parte degli ispettori del MEF, l’ente procedeva alla richiesta della ripetizione di quanto ricevuto per espressa incompatibilità di tali somme aggiuntive al personale di staff. Avverso il provvedimento di ripetizione l’avvocato ha impugnato il provvedimento davanti al giudice civile. A differenza del tribunale di primo grado che ha ritenuto legittima la restituzione di tutte le somme erogate in violazione di legge, stante la natura non gestionale dei compiti affidati al personale di staff del sindaco, la Corte di appello ha ritenuto che parte degli incentivi ricevuti erano stati rendicontati dall’ente in quanto si trattava di fondi statali e regionali e, dunque, il pagamento, condizione per la legittimazione attiva all’azione di restituzione, non era riferibile al Comune. Avverso la sentenza anche della Corte di appello ha presentato ricorso l’avvocato e ricorso incidentale il Comune sostenendo, quest’ultimo, che avrebbero dovuto essere restituiti anche quelli riferiti a fondi statali e regionali, erroneamente espunti dai giudici di appello.
La decisione della Cassazione
Secondo i giudici di Piazza Cavour il ricorso incidentale dell’ente locale è fondato. Ha errato, infatti, la Corte di appello nell’escludere dalla ripetizione gli incentivi erogati a valere sui finanziamenti statali o regionali, in quanto il giudice di legittimità ha avuto modo di evidenziare come la legittimazione attiva all’azione di ripetizione di indebito compete al soggetto cui è legalmente riferibile il pagamento, anche se l’incaricato della relativa operazione sia un suo rappresentante o “nuncius” (Cass., n. 10634 del 2007, n. 25270 del 2016, n. 10810 del 2020). In altri termini, il pagamento d’indebito (oggettivo) si configura come l’esecuzione di una prestazione non dovuta, che obbliga chi riceve il pagamento alla sua restituzione a causa della mancanza del titolo, che può consistere nell’insussistenza del rapporto o del negozio in esecuzione del quale viene effettuata la prestazione (Cass., n. 9052 del 2010), ciò verificandosi, evidentemente, anche quando sia dichiarata la nullità del negozio stesso (Cass., n. 7651 del 2005). Sicché, la ripetizione d’indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 c.c., rappresenta un’azione restitutoria – e non già risarcitoria – a carattere personale, che riflette l’obbligazione insorgente tra il solvens ed il destinatario del pagamento privo di causa contratuale (ossia l’accipiens), sia che questi lo abbia incassato personalmente, sia che l’incasso sia avvenuto a mezzo di rappresentante.
In merito al ricorso principale esso è in parte inammissibile e in parte infondato. Infatti, al personale di staff sono espressamente vietati dalla legge l’effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale. In altri termini, qualsiasi attività gestionale sarebbe stata incompatibile con quelle di capo staff del Sindaco. Il medesimo contratti individuale aveva avuto modo di precisare che l’avvocato staffista avrebbe potuto svolgere solo attività di ausilio e di collaborazione al segretario generale e con ai dirigenti per la risoluzione di problemi di particolare complessità attinenti all’organizzazione amministrativa, strutturale e funzionale dell’ente, nonché attività di consulenza agli assessori comunali nella definizione di programmi e dei progetti rientranti nelle materie di rispettiva competenza. Pertanto, come correttamente affermato ai giudici di appello, l’attività di ausilio, data l’alta e specifica professionalità propria del lavoratore, non poteva che sostanziarsi esattamente in quei servizi resi dallo stesso al RUP, rientrando queste ultime a pieno titolo nelle prestazioni proprie dell’incarico dirigenziale che gli era stato assegnato. D’altra parte, anche i giudici contabili (tra le tante: Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Calabria, sentenza n. 72/2020) hanno escluso, per i dipendenti dell’Ufficio del sindaco, la possibilità di svolgere compiti di amministrazione attiva o comunque gestionali.
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