Sezione Autonomie confuta la tesi del MEF sulle assunzioni a tempo indeterminato del decreto crescita

5 Dicembre 2023
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
Con due distinti pareri il MEF ha avuto modo di precisare che per l’incremento del fondo, fuori dai limiti dell’art.23, comma 2, del d.lgs. 75/2017, è necessario fare riferimento esclusivamente all’incremento del personale a tempo indeterminato. Per la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.18/2023) è, invece, necessario prendere in considerazione anche il personale a tempo determinato, accogliendo la questione di massima sollevata dalla Sezione Liguria (deliberazione n.115/2023).

Le indicazioni del MEF

Il d.l. 34/2019, a seguito del decreto attuativo del 17 marzo 2020, ha previsto che, una volta censito il personale al 31/12/2018, in caso di incremento di detto personale a partire dal 20/04/2020 (data di operatività del decreto per i Comuni), è possibile incrementare il fondo del salario accessorio del valore pro capite del maggior personale assunto, senza incorrere nella violazione dei limiti imposti dall’art.23, comma 2, del d.lgs. 75/2017 (ossia importo superiore a quanto stanziato per il salario accessorio nell’anno 2016). Con successivi due pareri, il primo reso alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (parere n. 179877 del 1° settembre 2020), e il secondo (parere n. 12454 del 15 gennaio 2021) reso ad un Comune, il MEF ha ritenuto che, ai fini dell’adeguamento del fondo per il trattamento accessorio, dev’essere preso in considerazione unicamente il personale assunto con contratto a tempo indeterminato, escludendo, pertanto, il personale arruolato con contratti a tempo determinato, mentre ai del calcolo del salario accessorio pro-capite, ha suggerito di calcolare anche il personale assunto con contratti a tempo determinato (fra cui i dirigenti a tempo determinato ex art. 110 TUEL).

Il dubbio della Sezione della Liguria

Secondo il parere della Corte dei conti della Liguria, contenuto nella deliberazione n.115/2023, il ragionamento del MEF fa giungere ad un effetto distorsivo con il rischio di una disparità di trattamento fra enti locali e personale/dirigenti in servizio. Infatti, supponendo che due enti locali, di identiche dimensioni demografiche, nel 2018, avevano in servizio n. 20 dirigenti e, nel 2023, a seguito delle assunzioni medio tempore intervenute ne abbiano 25. Ora, in base all’interpretazione prospettata dal MEF, i Comuni possono elevare il fondo per il salario accessorio (ai sensi dell’ultimo periodo del comma 2 del citato art. 33) solo se hanno assunto, nell’arco temporale indicato, dirigenti a tempo indeterminato. Per cui, se l’ente A ha effettuato n. 5 assunzioni tutte a tempo indeterminato, potrà incrementare il pertinente fondo per il salario accessorio per 5/20, mentre l’ente B ove abbia effettuato n. 2 assunzioni a tempo indeterminato e n. 3 ex art. 110 TUEL, pur avendo in servizio, complessivamente, le medesime 25 unità di personale, potrà farlo per soli 2/20 con conseguente riduzione proporzionale del “valore medio pro capite” del fondo per tutti i dirigenti, anche quelli in servizio in precedenza. Ciò è valido anche al contrario, nel caso l’ente locale assuma personale a tempo indeterminato il luogo di quello a tempo determinato. Oltre all’effetto distorsivo e imparziale, il ragionamento del MEF non trova fondamento nemmeno sotto il profilo di un eventuale sfavore, da parte del legislatore, per le assunzioni di dirigenti a tempo determinato ex art. 110 TUEL. Il legislatore, infatti, ha previsto che gli enti possono conferire contratti dirigenziali a contratto nel limite del 30% dei posti istituiti nella dotazione organica. Il legislatore, in ragione del favor per l’assunzione di dirigenti a contratto, ha previsto al contrario un incremento al 50% fino all’anno 2026, per gli enti locali incaricati dell’attuazione di interventi finanziati dal PNRR.
In ragione di tale problematica, i giudici contabili liguri hanno rimesso alla Sezione delle Autonomia la questione di massima.

La risposta della Sezione delle Autonomie

I giudici della nomofilachia contabile confutano la tesi del MEF ed accolgono le argomentazioni della Sezione remittente, non da un punto di vista letterale della normativa, che non offre spazi adeguati a una interpretazione diversa, quanto piuttosto per un profilo logico e sistematico.

Sotto il profilo logico, la giurisprudenza interna e quella, della Corte di giustizia dell’Unione europea, hanno da tempo valorizzato la direttiva 1999/70/CE, di recepimento dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, affermando un principio di non discriminazione. Infatti, sia il personale a tempo indeterminato sia il personale a tempo determinato concorrono alla ripartizione dei fondi per la contrattazione integrativa previsti dal contratto collettivo nazionale di riferimento, partecipando alla distribuzione di tutti gli elementi accessori. In considerazione della sostanziale omogeneità dei trattamenti risulterebbe paradossale che una determinata categoria di personale rientrasse tra i soggetti che partecipano agli impieghi del fondo per il trattamento accessorio ma non tra quelli che possono incrementarlo.

Da un punto di vista sistematico, l’accoglimento dell’orientamento più restrittivo produrrebbe non solo l’effetto, efficacemente stigmatizzato dalla Sezione regionale di controllo per la Liguria, di ridurre il trattamento accessorio anche per i dipendenti a tempo indeterminato, ma altresì quello di disincentivare il ricorso a quelli a tempo determinato (al fine di non determinare tale effetto riduttivo). Si tratterebbe di una tendenza opposta rispetto a quella attualmente compulsata dal legislatore per sopperire a carenze di personale, specialmente di profilo tecnico.

In merito al personale dirigenziale assunto a tempo determinato ai sensi dell’art.110 del Tuel, valgono le medesime ragioni per la generalità dei dipendenti a tempo determinato, stante la volontà del legislatore di garantire comunque l’invarianza del valore medio pro capite del trattamento accessorio, a fronte di un ampliamento della possibilità di procedere ad assunzioni per gli enti locali.
In conclusione, è stato possibile enunciare il seguente principio di diritto:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019 n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019 n. 58, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite dell’apposito fondo per la contrattazione decentrata integrativa, deve essere preso in considerazione non solo il personale dirigenziale a tempo indeterminato, ma anche quello a tempo determinato e, in particolare, il personale dirigenziale assunto ai sensi dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, sia nell’anno base che in quello di applicazione del limite».

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento