Sindaco del comune assolto per il fallimento della società in house

Italiaoggi
23 Febbraio 2024
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di DARIO FERRARA (Italiaoggi, 23/02/2024)
Assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta impropria il sindaco del comune dopo il fallimento della società in house di cui l’ente locale è socio unico.
La partecipata è un soggetto di diritto privato distinto dall’amministrazione pubblica: rappresenta un autonomo centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche. Il primo cittadino, dunque, si trova in rapporto di alterità rispetto al consiglio di amministrazione della partecipata e non può impedirne il dissesto: se non si dimostra che ne è amministratore di fatto, può rispondere come esterno, ma bisogna provare che ha contribuito in modo specifico a determinare l’insolvenza. Così la Cassazione penale, sez. V, sentenza n. 7723 del 22/2/2024.
Definitiva l’assoluzione dell’imputato, per non aver commesso il fatto, dall’imputazione del reato fallimentare derivante da operazioni dolose: mancata ricapitalizzazione della multiservizi dopo l’azzeramento per perdite, sostituita da una copertura irregolare con l’iscrizione a bilancio di un credito verso il comune e senza un vero ripianamento. Il sindaco ammette che la spaè tenuta in vita per salvare i posti di lavoro. Ma non è contestata la falsa appostazione in bilancio e per il resto si tratta di condotte non univoche, valutabili con responsabilità a vario titolo: politica, contabile o amministrativa.
Di fronte alla «gestione scellerata» della partecipata il sindaco può chiedere la rimozione degli amministratori «infedeli o incapaci»: la facoltà di cui all’art. 2449 Cc, tuttavia, resta ben distinta dalle omissioni che si attribuiscono all’imputato come concorrente esterno nel reato. Non conta che col «controllo analogo» il comune socio unico svolga influenza dominante sulla società, che è autonoma al punto da dedurre i costi e detrarre l’Iva dei suoi contratti come un privato. E il fatto che la multiservizi svolta attività di pubblico interesse o gestisca beni demaniali non crea una relazione organica con l’ente locale. Insomma: come legale rappresentante del comune l’imputato non aveva i poteri per impedire il fallimento della partecipata.
* In collaborazione con Mimesi s.r.l. – Articolo integrale pubblicato su Italiaoggi del 23 febbraio 2024.

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