Ripiano delle perdite dei consorzi tra enti pubblici ammissibili in quanto non sono società pubbliche

18 Marzo 2024
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Il divieto di soccorso finanziario alla società pubbliche non può estendersi ai consorzi tra enti pubblici in quanto non riconducibili alla nozione di società pubblica. Pertanto, le indicazioni dei giudici contabili sul soccorso finanziario alle società pubbliche è solo veicolato nell’evitare interventi tampone con dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto erogate senza un programma industriale o una prospettiva che realizzi l’economicità e l’efficienza della gestione nel medio e lungo periodo e, in tal modo, nel porre un freno alla prassi seguita dagli enti pubblici ed in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire perdite strutturali. Con queste motivazioni la Cassazione (ordinanza n. 6871), in riforma della sentenza di giudici di appello, ha accolto il ricorso di un consorzio di enti locali in amministrazione straordinaria in ragione dell’obbligo del ripiano delle perdite subite da parte degli enti locali partecipanti previste dallo statuto.

La vicenda

A seguito della costituzione di un consorzio tra enti locali, per la gestione dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti, acquedotto e depurazione, il bilancio del consorzio aveva mostrato una perdita significativa nel proprio bilancio con relativa apertura della procedura di amministrazione straordinaria. In assenza dell’adempimento da parte degli enti aderenti al ripiano delle perdite subite, da ripartire in base alle quote di partecipazione, il consorzio ha proposto l’attivazione di un lodo arbitrale, nei confronti degli enti partecipanti, chiedendo di accertare il grave inadempimento di questi ultimi all’obbligo statutario di ripartire le perdite con condanna dei medesimi al risarcimento del danno subito dal Consorzio. Il lodo arbitrale si concludeva con accoglimento della domanda del consorzio con obbligo da parte degli enti partecipanti di attivare le procedure di cui all’art. 194, primo comma, lett. b), del TUEL. La Corte di appello, cui i comuni avevano proposto ricorso, ha accolto le loro doglianze in ragione del divieto di ripianare le perdite degli enti gestori di servizi pubblici, con disposizione che aveva natura di norma imperativa in quanto rientrante nell’ambito dell’ordine pubblico economico e finanziario e che, benché riferita alle società, doveva estendersi in via analogica anche ai predetti organismi consortili.
La questione è giunta in Cassazione dove il consorzio ha contestato le conclusioni dei giudici di appello di una possibile estensione della normativa dettata per le società pubbliche, non potendo essa essere interpretata analogicamente anche agli organismi strumentali degli enti locali diversi dalle società.

L’accoglimento del ricorso

A dire della Cassazione, la figura organizzativa del Consorzio, anche identificata con l’espressione «consorzio-azienda», è espressamente prevista dall’art. 31 del TUEL, il quale stabilisce che gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’art. 114 del medesimo testo unico, in quanto compatibili. Nello statuto è stato, inoltre, previsto l’obbligo dei partecipanti al Consorzio di ripianare eventuali perdite risultanti al bilancio consuntivo, al netto dell’utilizzo di fondi di riserva disponibili determinato all’assemblea, in proporzione delle quote di partecipazione. In tale contesto ha errato la Corte di appello nel ritenere estensibile in via analogica al Consorzio il divieto, previsto per le società partecipate non quotate degli enti pubblici, una norma imperativa di ordine pubblico economico e finanziario, la sua inosservanza da parte degli arbitri determinava la nullità del lodo impugnato. Infatti, tale divieto di assistenza finanziaria trova applicazione nei confronti delle società pubbliche.

L’Art.14 del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, al quinto comma, dispone che le amministrazioni non possono effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate. Tuttavia, secondo la Cassazione, non è possibile estendere l’ambito di applicazione della norma anche ai consorzi, poiché non riconducibili alla nozione di società pubblica. D’altra parte, il fatto che si tratti di soggetti non assimilabili agli enti societari si evince, dall’art. 35, ottavo comma, l. 28 dicembre 2001, n. 448, con cui, al fine di contenere i costi degli enti pubblici locali, è stabilito che le aziende speciali e i consorzi di cui all’art. 31, ottavo comma, del TEUL, devono essere trasformati in società di capitali ai sensi dell’art. 115 del medesimo testo unico.

Pertanto, proprio la necessità di una loro trasformazione in società di capitali rende palese la diversa natura giuridica loro riconosciuta da parte del legislatore. A tale conclusione si perviene anche, in contrasto con la decisione dei giudici di appello, dalle indicazioni dei giudici contabili che non sembrano affermare l’applicazione, neanche in via analogica, di tale norma anche ai consorzi, evidenziando solo che le norme che si sono succedute nel tempo, escludono l’esistenza di un obbligo generale dell’ente locale di ripianare automaticamente le perdite gestionali registrate dal consorzio, ma non escludono né l’applicazione dell’art. 194, primo comma, lett. b), del TUEL, secondo cui i comuni riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da copertura di disavanzi di consorzi, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio e il disavanzo derivi da fatti di gestione, né la possibilità che il Comune deliberi l’accollo dei debiti del consorzio nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali e nel rispetto degli ordinari canoni di razionalità economica.
Il ricorso del Consorzio, pertanto, è stato accolto.

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