A tal fine, non sono sufficienti prese d’atto di formali riconoscimenti in ordine alla assoluta inesigibilità di crediti, qualora esse non siano conseguenza di attento e sistematico esame dell’intera mole delle poste contabili attive.
Nel caso in cui l’avanzo d’amministrazione sia composto da residui attivi non esistenti o di incerto realizzo, non adeguatamente garantiti dal fondo crediti di dubbia esigibilità, la copertura per le spese sarebbe solo fittizia, costituendo il presupposto per l’emersione successiva di tensioni o insufficienze di cassa.
L’operazione di riaccertamento annuale dei residui deve avvenire secondo le modalità indicate dall’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 118/2011, il quale consente (ma non impone) di conservare tra i residui attivi soltanto le entrate accertate concretamente “esigibili” ma non ancora incassate, nel senso cioè che l’esigibilità dell’entrata va verificata non (solo) quale astratta fondatezza giuridica della pretesa creditoria, bensì (anche) di concreta sussistenza di effettive e reali possibilità materiali di ottenerne l’effettivo incasso dal debitore, alla luce delle sue concrete condizioni di solvibilità, che devono essere illustrate e motivate nella relazione al rendiconto (ex plurimis, sez. reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 39/2023/PRSP).
Va, però, precisato che il principio di prudenza deve comunque essere bilanciato e contemperato con quello di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità delle rappresentazioni contabili (§ 5 dell’All. 1 al d.lgs. n. 118/2011), che impone la ragionevole iscrizione in bilancio di tutte le componenti di entrata (principio di universalità: § 3 dell’All. 1 cit.): lo stesso § 9 dell’All. 1 cit. invita ad evitare eccessi di prudenza, in quanto pregiudizievoli al rispetto della rappresentazione veritiera e corretta delle scelte programmatiche e degli andamenti effettivi della gestione; il principio di prudenza non deve condurre all’arbitraria e immotivata riduzione delle voci di entrata, bensì esprimere qualità di giudizi a cui deve informarsi un procedimento valutativo e di formazione dei documenti del sistema di bilancio che risulti veritiero e corretto, soprattutto nella ponderazione dei rischi e delle incertezze connessi agli andamenti operativi degli enti e nella logica di assicurare ragionevoli stanziamenti per la continuità dell’amministrazione.
In particolare, costituirebbe eccesso di prudenza l’automatico ed immediato stralcio dal conto del bilancio di posizioni creditorie per il solo fatto che siano decorsi tre anni dalla loro scadenza o, comunque, siano considerate di dubbia o difficile realizzazione: ciò darebbe luogo ad una rappresentazione non veritiera delle reali condizioni finanziarie dell’ente e della sua effettiva capacità di riscossione. Una sana gestione finanziaria deve essere, infatti, improntata ad un’armonica applicazione dei diversi principi generali ed applicati, senza che l’uno possa prevaricare sull’altro (sez. reg. di contr. Piemonte, delib. n. 86/2020/PRSE).
Costituisce espressione di questa necessità di equilibrato bilanciamento tra le esigenze di prudenza e quelle di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità delle scritture contabili la norma contenuta nel § 9.1 dell’All. 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, nella parte in cui, oltre a richiamare espressamente il principio generale della prudenza, precisa che le operazioni di riaccertamento annuale dei residui sono finalizzate ad individuare formalmente non solo i crediti “insussistenti” o “assolutamente inesigibili”, che vanno “definitivamente eliminati dalle scritture e dai documenti di bilancio”; ma anche quelli di “dubbia e difficile esazione”, per i quali si procede a congruo accantonamento al FCDE (cfr. sez. reg. di contr. Marche, delib. n. 144/2023/PAR).
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