Il fatto
Un dipendente pubblico ha subito un procedimento penale per peculato d’uso, avendo utilizzato veicoli di proprietà pubblica, cui aveva la disponibilità per ragioni di servizio, per finalità personali, per un periodo di circa sette anni. A seguito della sentenza di colpevolezza dell’imputato stabilita dal Tribunale di primo grado, la Corte di appello ha emesso una sentenza di estinzione del reato perché estinti per intervenuta prescrizione. La Procura erariale, in base all’accertamento della responsabilità contenuto nella sentenza di primo grado, ha azionato il risarcimento del danno all’immagine, quantificando il relativo pregiudizio in capo all’ente di appartenenza, al doppio dell’utilità patrimoniale percepita dal convenuto a titolo di retribuzioni indebitamente erogate, già oggetto del precedente risarcimento. La Procura ha azionato il danno all’immagine in quanto, a suo dire, sarebbe comunque presente un provvedimento giurisdizionale irrevocabile contenente una statuizione sulla sussistenza del reato e sulla responsabilità dell’imputato, come richiesto dalla normativa sul danno all’immagine.
A propria difesa il convenuto ha ritenuto non esercitabile l’azione erariale dispiegata dalla Procura per il difetto dei presupposti indefettibili di proponibilità dell’azione per danno all’immagine, in quanto mancherebbe una sentenza di condanna del convenuto passata in giudicato.
L’assoluzione del convenuto
A seguito della proponibilità dell’azione da parte della Procura, il Collegio contabile ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui dispone, anche nell’ipotesi di estinzione del reato, che il procuratore regionale della Corte dei conti possa promuovere entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale solo “nei confronti del condannato” e, consequenzialmente, nella parte in cui non prevede che il procuratore regionale della Corte dei conti “promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale” anche nel caso di “sentenza di estinzione del reato”. Secondo la Consulta (sentenza n.123/2023) deve essere esclusa la possibilità dell’assimilazione tra la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 533 c.p.p. e quella con cui il giudice penale si trovi a dichiarare l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
In altri termini, la pronuncia di estinzione del reato presuppone soltanto la mancanza di cause evidenti per pronunciare la formula di merito, ma risulta del tutto priva di un accertamento della effettiva colpevolezza dell’imputato.
Pertanto, per il Collegio contabile, deve ribadirsi la necessità, ai fini della proponibilità dell’azione di risarcimento del danno all’immagine, di una precedente e pregiudiziale sentenza irrevocabile di condanna per un reato previsto contro la Pubblica Amministrazione (capo I, titolo II, libro II del codice penale) così come stabilito anche dal legislatore. In particolare, deve ritenersi pienamente confermata la volontà del legislatore di consentire alle Procure contabili di sanzionare le ipotesi di danno all’immagine unicamente nei casi di sentenze irrevocabili di condanna per un delitto contro la pubblica amministrazione.
In conclusione, l’azione della Procura deve essere dichiarata improcedibile per l’assenza del requisito del giudicato penale di condanna.
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