La vicenda
Un ente locale, a seguito dell’assoluzione penale del Sindaco e dei consiglieri comunali, procedeva al rimborso delle spese legali da questi ultimi reclamate mediante approvazione dei debiti fuori bilancio da parte del Consiglio comunale, effettuando il pagamento al loro legale che ne aveva effettuato la difesa in sede penale. Tuttavia, successivamente, accortosi l’ente della non doverosità del rimborso effettuato, dopo avere il Consiglio comunale annullato in autotutela le delibere del riconoscimento dei debiti fuori bilancio, citava davanti il Tribunale civile gli amministratori per la restituzione di quanto versato dall’ente a tacitazione delle spese legali da loro reclamate e corrisposte direttamente al loro avocato che li aveva difesi nel giudizio penale. A propria difesa, i convenuti eccepivano l’assenza della loro legittimazione passiva avendo l’ente corrisposto il rimborso direttamente al loro avvocato difensore e, nel merito, insistevano affinché fosse riconosciuta la connessione delle vicende processuali in cui erano stati coinvolti con l’espletamento del loro mandato di amministratori dell’ente locale e chiedevano che le delibere di annullamento parziale in autotutela fossero disapplicate per evidente illegittimità.
Il Tribunale di primo grado accoglieva l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva dei convenuti rispetto all’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo esperita dal Comune. In riforma della sentenza, la Corte di appello ha, invece, condannato i convenuti alla restituzione degli importi ricevuti anche a titolo di indennizzo per indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2041 cod.civ. D’altra parte, a dire dei giudici di appello, l’avvocato aveva ricevuto quanto spettantegli per la prestazione svolta dall’amministrazione comunale anziché dai clienti e perciò non poteva essere il legittimato passivo dell’azione restitutoria e che, venuto meno il titolo per la sostituzione nel pagamento/adempimento, non poteva che spettare agli appellati, che avevano salvato il loro patrimonio da una deminutio, l’obbligo di tenere indenne il Comune.
Avverso la sentenza di restituzione gli amministratori hanno proposto ricorso in Cassazione, dolendosi dell’errore che aveva commesso la Corte di appello per avere accolto la domanda di ingiustificato arricchimento, trattandosi di azione residuale azionabile solo in caso di infruttuoso esito della ripetizione ad opera del loro avvocato difensore.
L’accoglimento del ricorso
Secondo la Cassazione il ricorso degli amministratori deve essere accolto. Infatti, se in un medesimo giudizio siano cumulate la domanda principale e quella di arricchimento, quest’ultima potrà essere azionata solo qualora si sia risolta negativamente la verifica circa la ricorrenza del titolo della domanda principale (restituzione dal soggetto cui è stato effettuato indebitamente il pagamento). Assolto a tale preventivo onere, spetterà al giudice riscontrare d’ufficio il carattere della residualità della domanda proposta. Pertanto, nel caso di specie i giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare improponibile la domanda di arricchimento ingiustificato per difetto del carattere di sussidiarietà, atteso che il giudice di prime cure aveva correttamente rigettato la pretesa perché l’aveva ritenuta erroneamente rivolta verso gli odierni ricorrenti piuttosto che nei confronti dell’avvocato che aveva ricevuto le somme di cui l’attore chiedeva la restituzione.
La Cassazione, pertanto, potendo nel caso di specie decidere nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, dispone la cancellazione delle statuizioni condannatorie a carico dei ricorrenti.
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