Riconoscimento del debito fuori bilancio
In merito ai debiti fuori bilancio, previsti in via tassativa dall’art.194 del Tuel, l’emersione di un debito non previsto in bilancio deve essere portata tempestivamente all’esame del Consiglio dell’Ente per l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione della riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, e il reperimento delle necessarie coperture, secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e art. 194 commi 2 e 3 TUEL. Il ritardo nel riconoscimento, con rinvio ad esercizi successivi a quello in cui il debito è emerso, comporta una non corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente. Infatti, il comma 4 dell’articolo succitato dispone che “Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.”
Secondo il Collegio contabile, l’istituto del riconoscimento dell’utilità dei debiti assunti in violazione dei principi di contabilità pubblica deve necessariamente essere coniugato con i princìpi posti a presidio della corretta gestione delle risorse finanziarie pubbliche e, perciò, va effettuato solo in presenza di un concreto accertamento dell’utilità scaturente da oneri contrattuali privi di copertura, con riguardo all’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’ente, da esternare con rigorosa motivazione nella relativa deliberazione.
Il ricorso alla procedura di riconoscimento di legittimità del debito fuori bilancio, in ipotesi di acquisizione di prestazioni senza un valido titolo giuridico, ha visto sino ad oggi due diversi orientamenti della giurisprudenza contabile, ossia:
Un primo orientamento secondo cui, in mancanza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata, il rapporto obbligatorio insorgerebbe sempre direttamente tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che ha consentito la fornitura, con conseguente impossibilità di esperire l’azione d’ingiustificato arricchimento nei confronti dell’Ente;
Invece, in un secondo orientamento giurisprudenziale, la mancanza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata non costituirebbe motivo ostativo all’applicabilità dell’art. 194, comma 1, lett. e), TUEL e il debito ben potrebbe essere ricondotto al bilancio dell’Ente, a tal fine risultando necessario e sufficiente il riconoscimento di utilità della prestazione ricevuta.
A tal fine è stato evidenziato come, proprio per la tipologia di debiti fuori bilancio di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art.194 del D.Lgs. n. 267/2000, il riconoscimento del debito deve avvenire prima del pagamento, e ciò anche nella considerazione dei limiti fissati dalla norma con riferimento agli “accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”, i quali richiedono e presuppongono una previa valutazione, specifica e concreta, da parte del Consiglio dell’Ente, con possibili ricadute anche nella materia della responsabilità personale dei contraenti.
Nel caso di specie, non potrà essere ritenuta ragione sufficiente a dimostrare la concreta utilità a favore dell’Ente la “prosecuzione “di un servizio, privo di una convenzione o di un contratto sottostante, ma è necessario effettuare una stringente e puntuale valutazione, rimessa alla competenza dell’Ente.
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