I contributi degli amministratori autonomi vanno versati anche senza sospensione dell’attività professionale

11 Giugno 2024
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In considerazione del fatto che, al fine di poter versare i contributi agli amministratori autonomi gli enti richiedano la sospensione dell’attività professionale, non risponde alla medesima esigenza prevista per i lavoratori dipendenti. Infatti, lo svolgimento di un mandato, particolarmente impegnativo, come è quello connesso agli incarichi degli amministratori locali, inevitabilmente interferisce sull’attività di lavoro, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla capacità contributiva del professionista. La Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n.132/2024) in risposta ad un ente locale ha evidenziato la condivisibile interpretazione della normativa riguardante la differenza dei contributi da versare ai lavoratori subordinati rispetto a quelli autonomi.

La domanda

Un ente locale ha chiesto ai magistrati contabili se sia legittimo il versamento dei contributi assistenziali, previdenziali e assicurativi, ai rispettivi istituti previdenziali, in favore di professionisti, eletti o nominati amministratori, che non abbiano sospeso l’attività lavorativa nel periodo del mandato.

La risposta del Collegio contabile

I giudici contabili hanno dichiarato inammissibile il quesito posto, non tanto in quanto non afferente alla contabilità pubblica, quanto piuttosto perché sulla questione è intervenuta la giustizia civile e, in particolare, la Cassazione. Infatti, secondo la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.2/2023) le Sezioni di controllo devono dichiarare l’inammissibilità del quesito qualora venga richiesta l’interpretazione di una norma che, pur regolando aspetti della spesa del personale (come nel caso di specie), richieda provvedimenti che incidono su posizioni giuridiche soggettive su cui sono chiamate a decidere altre magistrature.
In altri termini, il dubbio interpretativo è stato oggetto di una recente specifica sentenza della Cassazione (ordinanza n. 24615/2023) che ha espresso alcuni importanti principi interpretativi.

Il comma 1 dell’art. 86 pone a carico dell’amministrazione locale il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi, ai rispettivi istituti, per gli amministratori che, durante il mandato elettorale, richiedono l’”aspettativa non retribuita”; si tratta, con riferimento a quest’ultima, di una condizione che, all’evidenza, può riguardare esclusivamente i “lavoratori dipendenti”, cui solo è riferibile l’istituto dell’aspettativa non retribuita. Pertanto, la disposizione contenuta nel successivo comma 2 dell’articolo, nella parte in cui stabilisce il versamento “allo stesso titolo” per gli amministratori locali che “non siano lavoratori dipendenti” non può intendersi come volta a stabilire, anche per i lavoratori autonomi, la condizione di cui al comma 1 (cioè l’aspettativa non retribuita), semplicemente perché detto presupposto è inconcepibile per i lavoratori che non siano dipendenti. per i liberi professionisti impegnati in funzioni pubbliche elettive, la tutela al mantenimento del posto di lavoro -da intendersi estensivamente come mantenimento dell’attività lavorativa- diviene effettiva solo se agli stessi, da un lato, è consentita la prosecuzione degli incarichi professionali e, dall’altro, è attribuito il beneficio previdenziale in discussione, a compensazione della ridotta capacità di contribuzione. In altri termini, la sospensione integrale dell’attività lavorativa avrebbe riflessi fortemente negativi per il futuro per il professionista, rendendo oltremodo difficoltosa la ripresa. Pertanto, lo svolgimento di un mandato, particolarmente impegnativo, come è quello connesso agli incarichi di cui al comma 1 dell’art. 86, inevitabilmente interferisce sull’attività di lavoro, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla capacità contributiva del professionista.

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