La revisione della graduatoria della progressione economica non salva le risorse nel frattempo erogate

18 Giugno 2024
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Deve considerarsi legittima la richiesta dell’ente di restituzione al dipendente delle somme nel frattempo erogate, a causa di un contenzioso che ha visto la riformulazione della graduatoria delle progressioni orizzontali all’interno dell’area. Infatti, secondo la Cassazione (ordinanza n. 16513/2024) il salario accessorio erogato della progressione economica non è assimilabile ad un inquadramento superiore e, pertanto, deve essere restituito.

La vicenda

Un dipendente di un ente pubblico non economico ha impugnato, davanti al giudice del lavoro, il recupero dell’incremento retributivo, corrispondente all’inquadramento nella posizione economica superiore all’interno della medesima area contrattuale, a seguito di contenzioso che aveva condotto alla revisione della graduatoria finale. A differenza del Tribunale di primo grado, che aveva giudicato legittimo il recupero operato dall’ente pubblico, la Corte di appello ha, invece, affermato che all’inquadramento nel livello della categoria economica superiore avrebbe dovuto corrisponde, comunque, un maggior livello di professionalità, cui doveva correlarsi l’affidamento di compiti di adeguato livello, annullando a tal fine il recupero disposto dall’ente fino alla revoca del provvedimento della progressione ottenuta dal dipendente.

L’ente pubblico ha, quindi, impugnato la sentenza in Cassazione sostenendo l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito per aver considerato lo svolgimento di mansioni superiori da parte del dipendente, nel periodo in cui risultò collocato per nella medesima categoria ma con solo avanzamento dovuta alla progressione economica. Pertanto, la determina di conferimento della progressione economica era stata successivamente e doverosamente annullata in autotutela dall’Ente a seguito di un contenzioso che ha visto riformulata la graduatoria della selezione. Ha, inoltre, errato la sentenza dei giudici di appello, nella parte in cui ha ritenuto comunque soggetta a retribuzione il lavoro svolto nella qualifica attribuita legittimamente o illegittimamente, in virtù dell’articolo 2126 c.c.

L’accoglimento del ricorso

Per la Cassazione non risulta in discussione, nel caso di specie, la legittimità dell’annullamento in autotutela della graduatoria finale della procedura selettiva. Pertanto, l’impugnazione della sentenza è dovuta alla decisione dei giudici di appello di riconoscere il diritto alla maggiore retribuzione a partire dalla decorrenza giuridica prevista nel bando. Nel caso di specie, infatti, i giudici di merito hanno ritenuto di poter presumere lo svolgimento, a partire da quella data, di «mansioni di maggior impegno e rilievo», tali da far sorgere il diritto a una maggior retribuzione. In questo caso, tuttavia, la sentenza della Corte di merito contiene una contraddizione in quanto, da un lato, ha confermato il rigetto della domanda della lavoratrice diretta a conseguire la posizione economica acquisita a seguito della selezione e, dall’altro lato, ha riconosciuto al medesimo dipendente il diritto di percepire una retribuzione corrispondente a «maggior livello di professionalità» con identica decorrenza. In altri termini, la sentenza dei giudici di appello contiene un doppio errore. Il primo sul piano giuridico, alla luce del contratto nazionale, dove è errato supporre che al passaggio dal livello economico C2 al livello C3 sia collegato lo svolgimento di mansioni qualitativamente diverse e meritevoli di una maggiore remunerazione. Il secondo errore è sul piano logico, in considerazione del fatto che è errato presumere lo svolgimento di mansioni più impegnative. Infatti, secondo il contratto nazionale, sono da considerare equivalenti e dunque parimenti esigibili, tutte le mansioni inserite nell’area, senza la possibilità di considerare alcune di esse superiori rispetto ad altre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 52 D. Lgs. n. 165 del 2001. Infatti, i giudici di merito hanno dimenticato come, la progressione economica all’interno dell’area, sia basata su criteri di meritevolezza. In tal senso sono proprio i contratti nazionali del comparto che inseriscono criteri basati anche sulla qualità della prestazione lavorativa e sulle qualità personali del lavoratore, senza alcun riferimento al tipo di mansioni svolte all’interno dell’area.

In conclusione, secondo la Cassazione, la domanda dell’Ente risulta fondata essendo volta a ottenere la restituzione di differenze retributive per il periodo in cui l’attribuzione del livello economico C3 non era operativa, mentre, per i motivi esposti, non è ipotizzabile lo svolgimento in quel periodo di «mansioni superiori».

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