Spetta al giudice civile e non a quello contabile la decisione sulla restituzione della retribuzione del dirigente erogata in eccesso

5 Luglio 2024
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La restituzione della retribuzione di posizione e di risultato erogata in eccesso dall’ente, radica la giurisdizione del giudice civile e non di quello contabile, a prescindere dall’oggetto della pretesa se di natura restitutoria o risarcitoria. Con queste motivazioni la Cassazione (ordinanza n. 14768/2024) ha rigettato il ricorso di un ex dirigente sulla competenza del giudice contabile.

La vicenda

Un ex dirigente, dipendente a tempo determinato di un Comune, ha impugnato il decreto ingiuntivo di pagamento per la restituzione della somma indebitamente percepita a titolo di retribuzione di posizione, relative ai due anni di incarico. Nell’opposizione ha chiesto la declaratoria per difetto di giurisdizione in favore del giudice contabile e, nel merito, la revoca del decreto ingiuntivo. Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte di appello, hanno trattenuto la decisione quale giudice competente, precisando che, in materia di pubblico impiego privatizzato, spetta al giudice ordinario la controversia promossa dal dipendente nei confronti dell’ente datore di lavoro diretta ad accertare l’illegittimità della pretesa restitutoria dell’Amministrazione. Nel merito hanno ritenuto legittima la richiesta della restituzione delle somme a lui versate in eccesso della retribuzione di posizione rispetto al minimo previsto dal contratto collettivo, a causa dell’assenza del contratto integrativo decentrato, per mancata costituzione del fondo per la dirigenza e conseguente mancato controllo della compatibilità dei costi relativi alla retribuzione accessoria con i vincoli di bilancio dell’ente. I giudici di appello, inoltre, ribadivano che le relazioni del MEF e della Corte dei conti, pur sprovviste del valore di prova legale, erano elementi suscettibili di valutazione probatoria e si ponevano quale idonea conferma dell’illegittimità delle determinazioni dirigenziali e della derivata retribuzione di posizione.
L’ex dirigente ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione denunciando il difetto di giurisdizione del giudice civile rispetto a quello contabile, trattandosi nel caso di specie di azione non di carattere restitutorio ma risarcitorio.

La conferma della competenza del giudice civile

La Cassazione ha confermato la competenza del giudice civile e il rigetto del ricorso nel merito. In merito alla competenza, le Sezioni Unite della Cassazione (Ordinanza n. 4883/2019) hanno affermato che “l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, essendo la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della amministrazione attrice”. Da ciò deriva, secondo la Cassazione, che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione non di giurisdizione ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile. Nel caso di specie, tale sistema binario vale a maggior ragione per l’azione di ripetizione di indebito con la quale si fa valere la mancanza o la nullità del titolo e dell’obbligazione contrattuale che dallo stesso promana. Nel merito il ricorso è stato considerato infondato in quanto, il d.lgs. n. 165 del 2001 prevede, all’art. 24, che la retribuzione del personale con qualifica dirigenziale è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali e che il trattamento economico così stabilito remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal medesimo decreto. Inoltre, qualora il datore di lavoro attribuisca al lavoratore un determinato trattamento economico di derivazione contrattuale, l’atto deliberativo non è sufficiente a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, occorrendo anche la conformità alle previsioni della contrattazione collettiva, in assenza della quale l’atto risulta essere affetto da nullità, con la conseguenza che la Pubblica Amministrazione, anche nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 97 Cost., è tenuta al ripristino della legalità violata.

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