L’utilità ricevuta dall’ente non è azione di ingiustificato arricchimento ed è possibile opporla solo se imposta

5 Agosto 2024
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Il riconoscimento dell’utilità da parte dell’ente pubblico, in presenza di prestazione resa in assenza di un titolo giuridico valido o in assenza del preventivo impegno di spesa, non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non era stato voluto o non era stato consapevole, e che si era trattato, quindi, di arricchimento imposto. Sono queste le indicazioni della Cassazione (ordinanza n. 20887/2024) che ha confermato la sentenza della Corte di appello sull’indebita utilità ricevuta dall’ente locale per alcune prestazioni rese dalla società.

La vicenda

Una società, a seguito delle indicazioni del portavoce del Sindaco, ha svolto attività di supporto informatico e tecnico redazionale per la gestione del portale del Comune, ma nessun compenso per le prestazioni rese sono state disposte dall’ente locale che si è opposto in quanto, a suo dire, si era in presenza di un debito fuori bilancio e le indicazioni ricevute provenivano da un soggetto non munito di poteri gestori, con inutile chiamata in giudizio del medesimo per l’azione surrogatoria. La questione è giunta davanti al giudice civile. Il Tribunale di primo grado ha rigettato la domanda del fornitore in assenza dei presupposti previsti dall’art. 191 d.lgs. n. 267/2000 per ritenere l’ente obbligato alla controprestazione. La Corte di appello, invece, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello della società e disposto un pagamento in via equitativa pari alla metà di quanto inizialmente richiesto. Secondo la Corte d’appello era inapplicabile l’art. 191, comma 4, d.lgs. cit., poiché la stipulazione dei contratti, in quanto momento gestionale, compete, in generale, in via esclusiva ai dirigenti o ai responsabili dei servizi, mentre il portavoce del Sindaco non poteva ritenersi inquadrabile in alcuna delle figure previste dalla norma. Pertanto, il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non era stato voluto o non era stato consapevole, e che si era trattato, quindi, di arricchimento imposto. Nel caso di specie, non poteva parlarsi di arricchimento imposto, poiché sull’effettiva esecuzione della prestazione oggetto di causa tutte le parti avevano concordato, mentre gli articoli di stampa prodotti dalla società appellante attestavano che il Comune era a conoscenza dell’attività prestata dalla società appellante per la creazione del portale, tanto che il Sindaco aveva rilasciato dichiarazioni volte a rassicurare che le imprese coinvolte nell’iniziativa sarebbero state pagate.

Avverso tale decisione ha presentato ricorso in Cassazione l’ente locale sostenendo l’errore da parte della Corte di appello nel non individuare la procedura ai sensi dell’art.191, comma 4, del Tuel.

La conferma

Per la Cassazione il ricorso oltre che essere inammissibile è anche manifestatamente infondato. Infatti, il subentro ex lege nel rapporto obbligatorio da parte dell’amministratore o del funzionario, che abbiano contrattato per il comune in carenza della deliberazione e dell’iscrizione contabile, presuppone la sussistenza dei requisiti per la costituzione di un valido titolo negoziale, e dunque l’operatività della rappresentanza organica, altrimenti non vi sarebbero debiti da pagare. Il disposto dell’art. 191, comma 4, d.lgs. cit. interviene solo per il fatto che non sono rispettate le menzionate disposizioni contabili e opera esclusivamente sul versante dell’individuazione del soggetto tenuto all’adempimento. La sentenza dei giudici di appello è, infine, coerente con le indicazioni e i principi di diritto enunciate dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sentenza n. 10798 del 26/05/2015) secondo cui «la regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati né spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell’ente pubblico; e poiché il riconoscimento dell’utilità non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, il privato attore ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. deve provare – e il giudice accertare – il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole».

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