La dichiarazione di dissesto finanziario di un ente locale è un atto strettamente vincolato al consiglio comunale, che diviene obbligatorio affinché l’ente sia in grado di garantire i servizi essenziali o il pagamento dei creditori. La decisione si basa su dati di bilancio incontrovertibili, che rendono inevitabile l’adozione del dissesto, nonostante eventuali soluzioni alternative proposte dai revisori dei conti, come la vendita di beni immobili o anticipazioni finanziarie.
Il sindacato giurisdizionale sull’atto si limita a verificare che il processo di accertamento dei presupposti sia stato corretto, senza entrare nel merito delle scelte operate dall’ente. Tuttavia, emerge una questione di legittimità costituzionale riguardo alla perentorietà dei termini previsti dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), in particolare per l’art. 259 e l’art. 261, che impongono un rigido limite temporale per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio riequilibrato: “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 5, 51, 97 e 114 della Costituzione: a) dell’art. 259, primo comma, del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, limitatamente all’aggettivo “perentorio” in esso contenuto; b) dell’art. 261, quarto comma, del T.U.E.L., limitatamente all’aggettivo “perentorio” in esso contenuto, per la parte in cui ugualmente stabilisce la perentorietà del termine (di 45 giorni) per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.”
>> CONSULTA LA SENTENZA n. 5039 del 20/09/2024.
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