La successiva condanna penale del dipendente impone la restituzione sul rimborso delle spese legali versate

L’anticipo per il rimborso delle spese legali sostenute, corrisposto al dipendente pubblico assolto in primo grado, ha natura provvisoria e deve essere restituito al datore di lavoro pubblico, in caso di successiva condanna definitiva del dipendente nei gradi successivi di giudizio

9 Ottobre 2024
Modifica zoom
100%


L’anticipo per il rimborso delle spese legali sostenute, corrisposto al dipendente pubblico assolto in primo grado, ha natura provvisoria e deve essere restituito al datore di lavoro pubblico, in caso di successiva condanna definitiva del dipendente nei gradi successivi di giudizio. Sono queste le indicazioni del TAR del Lazio (sentenza n.16009/2024).

Il fatto
Un dipendente pubblico assolto in un giudizio penale di primo grado aveva ricevuto, dall’ente di appartenenza, il rimborso delle spese legali sostenute in giudizio. In ragione della successiva riforma della sentenza di assoluzione, la Corte di appello condannava il dipendente e la Corte di Cassazione ne confermava la condanna penale. L’ente ha, quindi, richiesto al dipendente la restituzione delle somme anticipate per il primo giudizio.
Avverso la decisione dell’ente, il dipendente ha proposto ricorso davanti il Tribunale amministrativo sostenendo che nel provvedimento di restituzione delle somme, non sarebbe stata fornita alcuna adeguata motivazione, in violazione della legge sul procedimento amministrativo e, in ogni caso, la pretesa restitutoria sarebbe avvenuta per oltre cinque anni senza che vi fossero i presupposti di legge, il tutto in violazione dei termini procedimentali fissati dal legislatore in 180 giorni. Infatti, a suo dire, l’art.21 nonies legge n. 241/90 stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo attributivo di vantaggi economici può annullarsi solo se sussista l’interesse pubblico, entro un tempo ragionevole e, comunque, non oltre i 12 mesi dalla sua adozione. Inoltre, il rimborso spetterebbe al ricorrente in virtù della sentenza assolutoria di primo grado, non assumendo rilevanza le successive vicende del giudizio penale posto che la norma applicabile non impone che la sentenza assolutoria sia passata in giudicato. La richiesta di restituzione della somma sarebbe illegittima, laddove si domanda, oltre all’importo della parcella spettante al difensore anche la restituzione di quanto versato a titolo di imposte, determinandosi così un “doppio versamento”, quantomeno per la parte relativa all’IVA, con un conseguente ingiustificato arricchimento dell’Erario. Infine, si contesta che siano dovuti interessi sulle somme anticipate.

Il rigetto del ricorso
Secondo il Tribunale amministrativo di primo grado il ricorso è infondato. In via preliminare è stato evidenziato come l’anticipazione corrisposta al dipendente per le spese legali sostenute in primo grado che lo hanno visto assolto, era stata espressamente prevista la seguente frase: “salva la ripetizione della somma suddetta nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità del predetto dipendente”.

Nessun affidamento poteva, quindi, maturare il ricorrente a fronte del chiaro dettato del provvedimento di concessione dell’anticipo. È noto, inoltre, che il privato non matura un affidamento legittimo — cioè, qualificato dall’ordinamento giuridico — sino all’approvazione del provvedimento definitivo; in tali casi, infatti, egli non è titolare di una situazione sostanziale consolidata meritevole di tutela sotto il profilo del legittimo affidamento, ma di una mera aspettativa. Per quanto attiene alla dedotta violazione dei termini procedimentali si osserva che, come noto, i termini per la conclusione del procedimento amministrativo hanno carattere ordinatorio e non perentorio e che dalla loro violazione consegue non l’illegittimità del provvedimento impugnato ma, al più, la responsabilità dell’amministrazione, sempre che siano provati e dimostrati gli ulteriori elementi costitutivi della relativa fattispecie.

Inoltre, la richiesta di restituzione delle somme non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 21 nonies della l. n. 241/90, trattandosi di un provvedimento che, in via di mero anticipo, ha concesso un rimborso, con riserva di domandarne la restituzione qualora il complessivo esito del procedimento penale non fosse stato favorevole per il ricorrente. Ciò posto, affermare che, a fronte di una sentenza non definitiva, il rimborso delle spese legali sia irripetibile è del tutto contrario alla ratio di previsioni che sono dirette a rendere indenni coloro la cui responsabilità non sia stata accertata. Del resto l’assoluzione riformata in grado di appello con sentenza confermata dalla Corte di Cassazione, di fatto, riporta un accertamento privo di effetti, in quanto modificato da quella che ha definitivamente statuito sulla vicenda.

In merito alla richiesta di riduzione dell’importo versato a titolo di IVA le doglienze del ricorrente sono anch’esse infondate. Il fatto che poi, tali somme siano state rimborsate dall’amministrazione al dipendente non fa venir meno il presupposto dell’obbligazione tributaria che, comunque, è dovuta. Semplicemente l’onere del pagamento del corrispettivo del difensore, anziché porsi a carico dell’amministrazione, si pone a carico del cliente compresa la parte corrispondente alle imposte.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento