Accesso abusivo al sistema informatico del dipendente e danno erariale

16 Novembre 2021
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Il dipendente che per curiosità o per attività di non competenza accede al sistema informatico dell’ente per la ricerca di dati o di situazione patrimoniali dei cittadini, risponde di danno erariale pari alle ore di non lavoro per le attività di non istituto effettuate. Sono queste le indicazioni della Corte dei conti per l’Umbria (sentenza n.93/2021) che ha condannato un dipendente pubblico.

La vicenda

La Procura conveniva in giudizio un dipendente dell’Agenzia delle Entrate giudicato colpevole di un reiterato accesso abusivo al sistema informatico, con conseguenziale danno erariale derivante dalla percezione indebita della retribuzione, atteso che l’attività lavorativa sarebbe stata destinata a finalità non istituzionali, e da disservizio, ovverosia da mancato conseguimento del buon andamento dell’azione pubblica in ragione dei comportamenti violativi degli obblighi di servizio e delle fattispecie delittuose commesse, con disarticolazione dei moduli organizzativi e funzionali e mancato raggiungimento delle utilità previste in rapporto alle risorse impiegate. In numero di ore dedicate all’accesso al sistema ha comportato un danno erariale quantificato in circa 351 euro, mentre il danno da disservizio è stato quantificato per circa 6.000 euro.

La difesa del convenuto

A dire dell’incolpato nessun danno da disservizio sarebbe emerso nella vicenda in considerazione così come dimostrato da numerose attestazioni ricevute nel corso del servizio, tra cui anche quelle relative alla realizzazione degli obiettivi predeterminati dal datore di lavoro pubblico. In merito all’accesso abusivo indicato dalla Procura, il dipendente evidenzia che le attività di interrogazioni al sistema siano sempre avvenute per finalità istituzionali, confutando le prove raccolte in quanto non assistite da “file di log”, unici documenti informatici aventi caratteristiche di immodificabilità ed inalterabilità. Inoltre, il dipendente ha evidenziato di essere stato assolto dal procedimento penale in merito ai medesimi fatti.

La decisione del Collegio contabile

A differenza del danno separato evidenziato dalla Procura, ossia danno erariale pari alle ore dedicate dal dipendente per l’accesso abusivo al sistema informatico e danno da disservizio, secondo il Collegio contabile le due poste di danno devono essere unificate. I principi generali dell’ordinamento impediscono la duplicazione di identiche conseguenze lesive. Altrimenti opinando, la funzione compensativa del risarcimento del danno si trasformerebbe in sanzionatoria, in ragione dell’eccedenza dell’importo liquidato (dipendente dalla suddetta duplicazione) rispetto alle perdite patrimoniali subite.

Ora, dalla documentazione in atti emergerebbe la prova dell’esistenza di un’attività effettuata per perseguire, almeno in parte, finalità non istituzionali, ovverosia la dimostrazione di numerosi accessi al sistema informatico dell’Agenzia delle entrate per il tracciamento e il reperimento di “posizioni” non curate dall’Ufficio di appartenenza. A differenza del processo penale, in quello contabile i “file log” non sono determinanti. Infatti, il giudice contabile ben può fare riferimento alla documentazione prodotta e verificarne l’attendibilità che, nella specie, sussiste. D’altra parte, il convenuto non contesta “l’intrinseco”, vale a dire i dati sostanziali ivi emergenti, bensì “l’estrinseco”, ovvero l’inutilizzabilità formale della documentazione prodotta.

Il collegio ritiene che la documentazione prodotta dalla Procura regionale sia idonea a fornire la prova circa la “ragionevole e probabile verosimiglianza” delle condotte ascritte, che determinano un pregiudizio da indebita percezione della retribuzione dovuta, posta di danno, invero, nella quale converge e deve essere ricompreso il prospettato danno da disservizio. Un tanto al fine di escludere ogni inammissibile duplicazione risarcitoria.

In merito alla valutazione equitativa del danno patrimoniale subito dall’ente, tenendo conto dell’esiguo danno patrimoniale prospettato da parte della Procura in relazione alla indebita percezione della retribuzione (circa € 351 euro), ritiene che l’intero pregiudizio subito dall’Agenzia delle entrate ed eziologicamente riconducibile alla condotta del convenuto, ammonti a complessivi € 1.000,00.

 

 

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