La richiesta
Un Sindaco ha chiesto ai magistrati contabili se sia possibile accollarsi il debito finanziario, avente le caratteristiche strutturali e funzionali di cui all’art. 204, c. 2, TUEL, di una società da questi partecipata in via esclusiva e totalitaria, debito a sua volta assistito da garanzia fidejussoria rilasciata a garanzia della solvibilità finanziaria della società partecipata.
La risposta
Il Collegio contabile premette come, l’accollo non rappresenta l’unico schema contrattuale utilizzabile per l’assunzione di un debito altrui. Se il contratto relativo all’assunzione del debito fosse concluso tra il creditore e un terzo, invece che tra l’originario debitore e un terzo, si realizzerebbe infatti un’ipotesi di espromissione (art. 1272 c.c.). L’accollo finanziario è, pertanto, senz’altro ammissibile, rappresentando l’accollo nient’altro che una modalità di ricorso all’indebitamento, in quanto tale sottoposto alle condizioni e ai limiti previsti per quest’ultimo. Nell’ipotesi in cui l’accollo riguardi un finanziamento garantito dall’ente locale con fideiussione, va considerato che la sua posizione muta in modo sostanziale e peggiorativo a seguito dell’accollo. Infatti, a differenza della fidejussione, l’accollante non ha diritto di regresso nei confronti del debitore principale (tranne che nelle ipotesi di accollo interno), né può invocare l’eventuale beneficio di preventiva escussione. Proprio per tali ragioni, l’accollo del debito deve essere motivato da ragioni di interesse pubblico ulteriori e più specifiche rispetto a quelle che riguardano ogni modalità di ricorso all’indebitamento e, in particolare, la
stipula di mutui passivi.
Avuto riguardo l’accollo del finanziamento di una società partecipata deve essere considerato sotto una duplice prospettiva:
a) è soggetto alle condizioni e ai presupposti previsti dalla normativa di contabilità pubblica. Oltre al rispetto dei requisiti di cui dall’art. 204 TUEL, che riguardano le caratteristiche strutturali e gli oneri derivanti dai mutui passivi, devono essere considerati anche i generali al ricorso all’indebitamento (art. 202 TUEL) e i limiti derivanti dalla situazione concreta di indebitamento del singolo ente e del comparto di riferimento (ai sensi dell’art. 10 L. n. 243/2012), oltre alla sua finalizzazione a spese di investimento. In materia di contabilizzazione trova applicazione il principio contabile di cui al par. 5.5 dell’allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, secondo cui: “nel caso in cui un ente subentri al debitore originario di una passività̀ finanziaria già in essere, facendosi carico del rimborso per capitale e interessi, l’operazione è considerata come un trasferimento in conto capitale per assunzione di debiti a favore del debitore originario ed il relativo mandato è commutato in quietanza di entrata nel proprio bilancio, imputando l’entrata tra le accensioni di prestiti”. Nel caso di specie, non vi è alcuna violazione del principio della par condicio creditorum che fa salve, come espressamente stabilito dall’art. 2741 c.c., le cause legittime di prelazione quali le garanzie personali e reali;
b) l’assunzione del debito in capo all’ente socio attiene alla disciplina dei rapporti finanziari con la società partecipata, oggi disciplinati dal D.Lgs. n. 175/2016 (TUSP), che prevede, all’art. 14, il c.d. “divieto di soccorso finanziario” delle Amministrazioni pubbliche nei confronti delle società da loro partecipate. Le disposizioni legislative precludono, fra l’altro, la possibilità di assunzione dei debiti delle società che abbiano registrato reiterate perdite di esercizio, almeno che non si tratti di società che gestiscano servizi pubblici, a tutela dell’interesse alla continuità del servizio stesso. Il socio pubblico, tuttavia, può essere coinvolto nelle vicende dei debiti della società partecipata in qualità di garante, o di titolare dei beni concessi in garanzia. In tali ipotesi, esso ha certamente interesse a preservare il proprio patrimonio e pertanto ad evitare l’escussione delle garanzie concesse. Pertanto, in assenza del divieto sulle reiterate perdite della società, l’ente dovrà comunque valutare la ragionevolezza dell’operazione.
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