Mancato principio di rotazione negli affidamenti diretti e le continue proroghe dei contatti non sono sufficienti per certificare il danno erariale se la procura non prova il cosiddetto danno alla concorrenza. Con queste motivazioni la Corte dei conti per la Basilicata (sentenza n. 70/2024) ha assolto il Sindaco e i funzionari tecnici chiamati in giudizio dalla Procura contabile.
Il fatto
La Procura contabile ha citato in giudizio per danno erariale il Sindaco e due tecnici comunali per aver disposto continue proroghe contrattuali al medesimo operatore, avvalendosi di contratti di breve periodo con affidamento inizialmente diretto. La procura, a tal riguardo, ha evidenziato come quello contestato, oltre a essere un danno alla concorrenza, tenuto conto che l’amministrazione si era avvalsa di operatore non scelto da confronto concorrenziale, con ingente danno economico, non avendo potuto ottenere più favorevoli condizioni di prezzo, fosse anche un danno alla qualità di servizio, perché chiaramente prorogando un contratto il Comune non ha potuto rinegoziare i termini del servizio e adeguarlo alle nuove e diverse necessità. Quanto alla liquidazione del danno, il Requirente, vista la difficoltà di individuare una procedura di gara simile, faceva riferimento al ribasso del 3,860%, ottenuto da altro Comune nell’ultima procedura aperta espletata.
Il rigetto della domanda di danno erariale
Secondo il Collegio contabile la pretesa risarcitoria appare infondata in quanto il Requirente non ha offerto un sufficiente quadro probatorio del danno erariale derivante dalla contestata violazione delle regole dell’evidenza pubblica, che funge da imprescindibile presupposto della responsabilità amministrativa fin dal remoto art. 83 del R.D. n. 2440/1902. Infatti, per danno alla concorrenza non diversamente da qualunque altra tipologia di danno patrimoniale, non può ritenersi sussistente “in re ipsa” per il solo fatto, cioè, che sia stato illegittimamente pretermesso il confronto tra più offerte. Deve dirsi, piuttosto, che l’omissione della gara costituisce un indizio di danno, in quanto suscita il sospetto che il prezzo contrattuale non corrisponda al minor prezzo che sarebbe stato ottenibile dal confronto di più offerte. Trattandosi, però, pur sempre e soltanto di un sospetto, occorre dimostrare che effettivamente nel caso concreto la violazione delle norme sulla scelta del contraente abbia determinato una maggiore spendita di denaro pubblico; dimostrazione che potrà essere raggiunta con il ricorso a ogni idoneo mezzo di prova, quale può essere la comparazione con i prezzi o con i ribassi conseguiti a seguito di gara per lavori o servizi dello stesso genere di quello in contestazione. Nel caso di specie, la Procura ha ritenuto di individuare il danno applicando il ribasso del 3,860%, ottenuto da altro Comune nell’ultima procedura aperta espletata, mentre il pagamento effettuato dall’ente locale con affidamento diretto era stato contrattato ad un prezzo minore facendo venire meno il danno patrimoniale subito dall’ente locale. In merito al contestato danno alla qualità del servizio, anche in questo caso la Procura non ha fornito idonei elementi di prova di tale posta di anno, non essendo, prima ancora, nell’atto introduttivo indicate quali sarebbero le nuove e diverse necessità alle quali l’amministrazione comunale avrebbe dovuto far fronte, né dimostrato che una rinegoziazione, nel periodo in contestazione, avrebbe potuto determinare un incremento della complessiva qualità dei servizi offerti all’amministrazione né il relativo valore economico.
Pertanto, non potendo trovare accoglimento la domanda attorea, a causa della mancata prova dell’esistenza del danno, i convenuti sono stati mandati assolti.
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