Affidamento patrocinio legale. Le risposte dell’ente non convincono i magistrati contabili

12 Dicembre 2022
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La giustificazione dell’ente sull’affidamento diretto degli incarichi per la difesa dell’ente pur se proceduralizzato, a suo tempo censurato dai revisori dei conti, non ha convinto neppure la Corte dei conti della Lombardia (deliberazione n.205/2022) che ha rimesso la questione alla Procura contabile al fine di accertare eventuali danni erariali.

Il fatto

L’affidamento, da parte di un ente del sistema sanitario, di incarichi diretti ai legali per la difesa dell’ente, è stato censurato in prima battuta dall’Organo di revisione contabile. Il magistrato istruttore, pertanto, ha chiesto giustificazioni all’ente sulle modalità in cui si affidavano gli incarichi legali all’esterno.

L’ente ha a tal fine precisato che, a seguito di specifica deliberazione sono stati individuati elenchi di professionisti avvocati da cui attingere per il patrocinio e la difesa in giudizio, nonché per la tutela legale dei suoi dipendenti e di aver successivamente approvato l’inserimento nella lista dei professionisti, a corredo del curriculum, nonché di maggiori informazioni sulle esperienze professionali. L’applicazione degli onorari è, inoltre, conforme alle tariffe professionali di cui D.M. 55/2014. L’elenco è di tipo aperto, nel senso che altri professionisti hanno la possibilità di iscriversi aggiornando in via automatico l’elenco. A tal riguardo l’ente ha richiamato la “disciplina di cui all’art. 17, c. 1, lett. d), del D.lgs. n. 50/2016 “Codice dei Contratti Pubblici”, per la quale è esclusa dall’applicazione integrale del suddetto corpus normativo, rimanendo soggetti ai principi di carattere generale in esso contemplati di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità (art. 4 del D.lgs. n. 50/2016), in conformità al parere del Consiglio di Stato 2017/2018 del 3.10.2018 e alle Linee guida Anac n. 12/2018.” In tale parere il Consiglio di Stato ha operato una distinzione tra patrocinio legale, inteso come contratto d’opera in cui il professionista esegue con lavoro prevalentemente proprio una prestazione avente oggetto definito (art. 2229 c.c.) e servizio legale, configurato come contratto di servizi di natura legale, non riferiti a una specifica questione, in cui il professionista gestisce a proprio rischio un’organizzazione (art. 1655 c.c.). Nel secondo caso si è di fronte a “un vero e proprio “servizio”, vale a dire la messa a disposizione di una struttura imprenditorialmente organizzata destinata a soddisfare i bisogni del committente di volta in volta che essi si presentano. L’oggetto della prestazione, quindi, è predeterminato quanto alla sua natura giuridica (attività legale) ma il suo contenuto non è predeterminato al momento dell’affidamento del servizio, bensì si definisce al bisogno”. I giudici amministrativi di appello, inoltre, hanno precisato che “la pubblica amministrazione, in ragione delle sue dimensioni organizzative e delle attività che esercita, può avere necessità di ricorrere all’uno o all’altro degli indicati modelli contrattuali. In particolare, una pubblica amministrazione, di dimensioni rilevanti, che esplica i suoi compiti in settori omogenei ben precisi e la cui attività può dar luogo a frequenti contenziosi, spesso di natura seriale, di regola avverte l’esigenza di rivolgersi ad un insieme di professionisti, organizzato, che sia disponibile a trattare tutte le controversie nelle quali l’ente dovesse essere coinvolto”. Infine, è stato previsto che, in tema d’incarichi legali, debba essere introdotto un criterio dell’equa ripartizione, che contiene in sé anche il principio della tendenziale rotazione, ma permette l’attribuzione ragionata degli incarichi in funzione della loro natura, delle caratteristiche del professionista. Ciò permette, a dire dell’ente, di esercitare quella naturale e doverosa discrezionalità che mai può essere del tutto negata alla pubblica amministrazione, pena il venir meno della sua stessa funzione amministratrice, ma che al contempo è resa ostensibile e sindacabile proprio attraverso la motivazione, ossia come la scelta sia avvenuta su un professionista piuttosto che su altro inserito nell’elenco.

Le osservazioni del Collegio contabile

Non vi sono dubbi, secondo i magistrati contabili, sulla necessità della motivazione del singolo atto di conferimento di un incarico legale, non solo per ragioni di trasparenza riguardo ai criteri di selezione del soggetto, ma anche al fine di dare contezza della tipologia di rapporto che l’ente ha inteso porre in essere. In presenza, inoltre, di incarichi plurimi al medesimo professionista la motivazione dovrà dare conto anche delle ragioni che hanno indotto l’Ente a ricorrere a singoli incarichi ripetuti, anziché a un contratto di servizi legali affidati con le procedure previste dalle disposizioni del D.Lgs. 50/2016. Ricorda la Sezione contabile come, nelle linee guida dell’ANAC sia stato evidenziato che “ai sensi dell’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici, applicabile ai contratti esclusi, l’affidamento dei relativi contratti pubblici avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità (…)”.

Non avendo, le risposte dell’ente soddisfatto le richieste, il Collegio contabile ha concluso sulle criticità degli affidamenti diretti e sulla mancata verifica dell’opportunità di un affidamento di appalto di servizi legali in sostituzione di singoli incarichi. A tal fine, la deliberazione è stata trasmessa anche alla Procura contabile per eventuali profili di competenza in ordine all’affidamento diretto di incarichi legali.

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