Al personale comandato non spetta l’indennità di amministrazione dell’ente di appartenenza

6 Marzo 2024
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In caso di comando presso un’amministrazione, il dipendente perde l’indennità di amministrazione che, anche se fissa e continuativa, non può essere pretesa dal personale in comando presso altre amministrazioni. Secondo la Cassazione (Ordinanza n. 4390/2024), infatti, l’indennità di amministrazione ha carattere di retribuzione accessoria e come tale spettando all’ente di destinazione non può essere conservata nell’ente di provenienza, a nulla rilevando l’eventuale inclusione della base pensionabile.

Il fatto

Il Tribunale di primo grado e successivamente la Corte di appello, hanno rigettato la domanda di una lavoratrice in comando, in merito alla percezione dell’indennità di amministrazione dell’ente cui la medesima era stata posta in comando. Secondo i giudici di merito la suddetta indennità costituisce trattamento accessorio, in quanto soggetto a decurtazione in caso di assenze, esclusa dalle voci retributive che compongono la tredicesima mensilità, ed inoltre computabile ai fini pensionistici in quota B e non in quota A.
Avverso la sentenza di rigetto ha presentato ricorso in Cassazione la lavoratrice sostenendo che seguendo la procedura del distacco, il lavoratore continua ad essere dipendente dell’Ente di appartenenza e il servizio in posizione di comando è equiparato al servizio prestato presso l’Amministrazione di apparenza ai fini giuridici e di carriera. Pertanto, ad avviso della ricorrente va mantenuto il trattamento economico fondamentale, in cui si inscrive l’indennità di amministrazione e trova applicazione la contrattazione collettiva dell’Amministrazione di appartenenza e la relativa indennità di amministrazione. Nel caso di specie, l’indennità che costituisce un compenso annuo, fisso e retributivo che riveste carattere di generalità e continuità, e dalla previsione contrattuale non si evincono distinzioni tra trattamento fondamentale ed accessorio.

Il rigetto

Secondo la Cassazione i motivi addotti dalla ricorrente sono infondati. Infatti, l’art. 56 del dPR n. 3 del 1957 prevede: “L’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell’amministrazione cui l’impiegato appartiene. Il comando è disposto, a tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza. (…)”. Nel comando, dunque, fermo restando il rapporto organico che continua ad intercorrere tra il dipendente e l’ente di appartenenza, si modifica il rapporto di servizio, atteso che il dipendente pubblico è inserito, sia sotto il profilo organizzativo-funzionale, che gerarchico-disciplinare, nell’amministrazione di destinazione, a favore della quale presta la propria opera. Pertanto, il pubblico impiegato, titolare di un posto di ruolo presso una Pubblica Amministrazione, viene temporaneamente a prestare servizio presso altra Amministrazione o presso altro ente pubblico e importa, da un lato, l’obbligo di prestare servizio presso un ufficio od un ente diverso da quello di appartenenza e, dall’altro, la dispensa dagli obblighi di servizio verso l’Amministrazione di origine. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nel comando – che determina una dissociazione fra titolarità del rapporto d’ufficio, che resta immutata, ed esercizio dei poteri di gestione – si modifica il c.d. rapporto di servizio, atteso che il dipendente è inserito, sia sotto il profilo organizzativo-funzionale, sia sotto quello gerarchico e disciplinare, nell’amministrazione di destinazione, a favore della quale egli presta esclusivamente la sua opera. Nel pubblico impiego privatizzato le esigenze che rilevano, con riguardo al comando, sono quelle dell’Amministrazione di destinazione che, pertanto, assume i poteri di gestione del rapporto di lavoro in forza dell’imperatività del provvedimento, con la conseguenza che non possono gravare sul datore di lavoro di provenienza gli oneri economici direttamente connessi all’attività prestata presso l’amministrazione di destinazione, titolare dell’interesse primario al comando, salva una diversa e specifica previsione di legge che diversamente disponga. E’ stato, inoltre affermato, che l’indennità di amministrazione è una voce della retribuzione accessoria corrisposta, seppure con importi diversi, da tutte le amministrazioni del comparto Ministeri senza essere condizionata dalla realizzazione di obiettivi, che è fissa nell’ammontare in relazione a ciascuna posizione di inquadramento, ha carattere continuativo per dodici mensilità. In altri termini, il trattamento accessorio resta a carico dell’amministrazione di destinazione.

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