L’apparato sanzionatorio
Secondo i giudici di appello, a differenza dei loro colleghi di primo grado, hanno evidenziato in via preliminare come, le disposizioni dell’art.248, comma 5, del Tuel sono chiare nell’aver individuato la l’attuale configurazione della c.d. “responsabilità da dissesto”, la quale non è più connotata dal fallimento dell’ente quale ulteriore aggravamento di un danno erariale già diversamente cagionato dagli amministratori con le proprie condotte, bensì assume connotati del tutto autonomi, non invariabilmente riconnessi né alla causazione di un danno patrimoniale risarcibile in senso stretto, né alla diretta e indefettibile derivazione eziologica del dissesto dalla mala gestio degli organi di vertice, essendo sufficiente una “mera” compartecipazione causale a quest’ultimo. In altri termini, gli amministratori locali, per effetto della loro gestione dell’ente, hanno una duplice responsabilità:
a) amministrativo-contabile in senso stretto comportante il risarcimento del danno erariale cagionato all’ente, da certificare secondo le ordinarie regole processuali;
b) da dissesto, a carattere non risarcitorio, ma puramente sanzionatorio, per la quale trova applicazione come, nel caso di specie, del rito speciale della responsabilità sanzionatoria. Pertanto, il giudice contabile ha cognizione piena su entrambi gli effetti che derivano dall’unico accertamento in ordine alla responsabilità degli amministratori e dei revisori che abbiano contribuito, con dolo o colpa grave e con condotte omissive o commissive, al verificarsi del dissesto”.
Altra questione riguarda la definizione di “amministratori” soggetti alla responsabilità sanzionatoria il cui ambito applicativo, al fine di confutare l’eccezione sollevata dagli appellanti incidentali, previsto dall’art.248, comma 5, del Tuel trova pieno riferimento alla nozione di “amministratori” esplicitata dall’art. 77, comma 2, TUEL, il quale indica, tra gli altri, i sindaci, i consiglieri comunali ed i componenti della giunta. Il già menzionato art. 77 costituisce, invero, l’unica disposizione che, all’interno del TUEL, fornisca una chiara ed esplicita definizione di “amministratori”.
La disposizione normativa
L’art. 248 d.lgs. 267/00 ha previsto che “gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati… Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione”, mentre per i revisori dei conti è previsto che “a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari, nonché al Ministero dell’interno per la conseguente sospensione dall’elenco … Ai medesimi soggetti, ove ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione”.
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