Il Rapporto sui servizi socio-sanitari dei Comuni italiani
Bianco ha proseguito facendo riferimento alle imprecisioni e imprudenze, in materia di organizzazione, messe in luce dalla crisi seguita all’emergenza sanitaria, come “ad esempio puntare alle eccellenze ma dimenticando l’importanza della presenza capillare di presidi sanitari nei territori. È necessario modificare le competenze in materia di salute a livello europeo, individuando linee di azione decise e condivise tra gli stati dell’Unione. A livello italiano, la Costituzione – ha concluso il presidente del Consiglio nazionale ANCI – assegna competenze alle Regioni, che sarà necessario rivedere in una logica di indirizzo omogeneo nazionale”.
L’impatto della pandemia
Pierciro Galeone, direttore di IFEL, ha poi introdotto e spiegato il Rapporto, ricordando come fin dall’inizio della pandemia “il Servizio Sanitario Nazionale si è posto il problema dell’integrazione tra le prestazioni ospedaliere e le cure primarie sul territorio. Un tema centrale per migliorare le prestazioni e ridurre l’accesso improprio alle prestazioni ospedaliere. Una questione non ancora risolta che è divenuta ancora più rilevante per l’invecchiamento della popolazione, l’incremento delle cronicità, l’aumento dei cittadini non autosufficienti. I servizi sul territorio sono, di fatto, una dimensione disomogenea e “opaca” in tutto il Paese e mostrano le loro maggiori criticità nelle cosiddette aree interne. Dove il numero degli abitanti è ridotto e tale da non rendere giustificabile l’apertura di servizi ospedalieri e ambulatoriali con continuità e dove raggiungere il centro più vicino comporta spostamenti difficoltosi; dove anche la presenza del medico di medicina generale è a rischio perché il numero di assistiti è troppo ridotto ma, magari, più avanti nell’età e, quindi, più bisognoso di un’assistenza di prossimità”.
Nel 2018, si legge nel Rapporto, la spesa dei Comuni per i servizi sociali ha toccato i 7,47 miliardi di euro, senza abbandonare dunque il trend di crescita iniziato nel 2016, una volta diminuiti i vincoli di finanza pubblica. Rispetto al 2013 il dato ha subìto una variazione positiva pari all’8,9%. Sempre nel 2018 la spesa dei Comuni per i servizi sociali per abitante è pari a 124 euro (era di 120 euro pro capite nel 2017) con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica.
Il valore del Recovery Plan
Anche Alessandro Canelli, delegato ANCI alla finanza locale e presidente IFEL, ha riconosciuto ruolo fondamentale ricoperto da enti e istituzioni a tutti i livelli delle autonomie locali durante le fasi più buie dell’emergenza. “I Comuni insieme alle strutture assistenziali governate dal Sistema sanitario nazionale, alle strutture sociali comunali, senza tralasciare l’apporto delle diverse espressioni della società civile e del Terzo settore, hanno dato prova di una straordinaria capacità di coordinamento e di governance. Il modello di stretta collaborazione tra i vari livelli che sono intervenuti sul territorio è stata la formula vincente per la gestione dei differenti bisogni espressi dai cittadini in un momento che non ha precedenti nella nostra storia. Le risorse del Recovery Plan rappresentano un importante strumento per riorganizzare e restituire a tutte le aree del nostro Paese pari dignità e colmare così il divario digitale e le carenze strutturali del territorio. Siamo convinti che tutti i cittadini debbano godere della stessa qualità dei servizi e della possibilità di accedere alle cure in egual misura. Riteniamo che tra i principali compiti dei nostri sindaci rientri il dovere di fornire risposte adeguate e omogenee alle istanze di salute espresse dal territorio. Ma per raggiungere pienamente questo obiettivo è necessaria una efficace attività multilivello di coordinamento tra primi cittadini, autorità sanitarie locali e Regioni”.
>> IL SECONDO RAPPORTO SUI SERVIZI SOCIO-SANITARI NEI COMUNI ITALIANI.
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