Con comunicato del 22/10/2015 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:
L’articolo 9, comma 1, lettera l), del Dlgs 156/2015 sostituisce l’articolo 17-bis del Dlgs 546/1992, concernente l’istituto del reclamo e della mediazione, con un nuovo testo, che presenta rilevanti modifiche.
Com’è noto, l’istituto in questione costituisce uno strumento deflativo del contenzioso tributario di recente introduzione (è stato previsto dall’articolo 39, comma 9, del Dl 98/2011 e ha subito modifiche ad opera dell’articolo 1, comma 611, lettera a), della legge 147/2013), finalizzato a consentire un esame preventivo della fondatezza dei motivi del ricorso e una verifica circa la possibilità di evitare, mediante il raggiungimento di un accordo di mediazione, l’instaurazione di un giudizio tributario.
Nella disciplina attualmente in vigore, si configura come un rimedio che il contribuente deve esperire obbligatoriamente e preliminarmente qualora intenda proporre ricorso avverso atti dell’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20mila euro.
Una delle novità riguarda l’ambito di applicazione dell’istituto che, attualmente circoscritto alle controversie sugli atti emessi dalle Entrate, è stato esteso alle controversie tributarie in cui sono parte in giudizio gli altri enti impositori.
La scelta di ampliare la platea degli enti coinvolti nel procedimento di reclamo si giustifica in base al principio di economicità dell’azione amministrativa, preso atto dell’efficacia deflativa riscontrata in relazione al contenzioso sugli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate e dell’elevato numero di controversie di modesto valore che caratterizza in generale il contenzioso tributario.
Il reclamo diventa, quindi, obbligatorio anche per le controversie tributarie instaurate nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e degli enti territoriali.
Per quanto concerne gli agenti della riscossione e i soggetti privati di cui all’articolo 53 del Dlgs 446/1997, si evidenzia che il comma 9 del nuovo articolo 17-bis stabilisce che la disciplina del reclamo si applica solo in quanto compatibile. Tenuto conto che tali enti non possiedono la disponibilità del tributo, si ritiene che il reclamo possa quindi trovare applicazione per le impugnazioni concernenti, ad esempio, vizi propri delle cartelle di pagamento ovvero fermi di beni mobili registrati o ipoteche.
Si sottolinea che, per l’applicabilità dell’istituto, resta in ogni caso fermo il limite rappresentato dal valore della lite inferiore a 20mila euro. Per il calcolo di detto valore, si fa riferimento agli stessi criteri che il novellato articolo 12, comma 2, del Dlgs 546/1992 prevede per l’individuazione delle liti soggette all’obbligo di assistenza tecnica. I criteri in questione sono rimasti invariati rispetto alla disciplina vigente: occorre sempre avere riguardo all’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; per le cause relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somme di queste.
Sono escluse dal reclamo, per espressa previsione legislativa, alcune tipologie di controversie:
- quelle aventi a oggetto il recupero degli aiuti di Stato illegittimi e dei relativi interessi e sanzioni, di cui all’articolo 47-bis dello stesso Dlgs 546/1992 (si tratta di controversie escluse anche in base alla disciplina vigente)
- quelle di valore indeterminabile, eccettuate – per espressa previsione normativa – le liti in materia catastale indicate dall’articolo 2, comma 2, del Dlgs 546/1992. Ne consegue che, a seguito della riforma, il reclamo si applica anche alle controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale.
Un’altra novità di rilievo è rappresentata dalla mancata riproposizione della vigente disposizione che impone l’alternatività tra mediazione e conciliazione. Di conseguenza, per effetto della riforma, rientrano nell’ambito di applicabilità della conciliazione, disciplinata dai nuovi articoli 48, 48-bis e 48-ter del Dlgs 546/1992, anche le controversie instaurate a seguito di rigetto dell’istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell’accordo di mediazione. La ratio risponde all’esigenza di potenziare gli istituti deflativi sia nella fase anteriore alla instaurazione del giudizio che in pendenza di causa.
La nuova disciplina prevede che il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa. In altri termini, in caso di controversia ricadente nell’ambito di operatività del nuovo articolo 17-bis, la notificazione del ricorso dà automaticamente avvio alla procedura del reclamo.
Tale procedura, finalizzata all’annullamento, totale o parziale, dell’atto o alla mediazione della pretesa erariale, deve essere conclusa entro il termine di 90 giorni, decorrente dalla notifica del ricorso.
Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza dei predetti 90 giorni. Ciò significa che il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente inizia a decorrere solo una volta trascorso il tempo utile per esperire la procedura.
La commissione tributaria provinciale, se rileva che la costituzione in giudizio è avvenuta prima dello scadere dei 90 giorni, rinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo.
Al fine del computo dei 90 giorni si applica, per espressa previsione di legge, la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
Durante il periodo utile per concludere la procedura di reclamo, opera la sospensione automatica della riscossione e del pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di contestazione; peraltro, nel caso di mancato perfezionamento della mediazione, il contribuente è tenuto a corrispondere gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta per il periodo di sospensione. Sul punto è stata replicata la disciplina attualmente in vigore.
Per quanto concerne la fase dell’istruttoria del reclamo, è stata ribadita l’autonomia, all’interno dell’ente, del soggetto che deve decidere sul reclamo, per consentire un corretto esercizio del relativo potere. Infatti, con riferimento alle Agenzie fiscali, è stata riprodotta la vigente previsione che affida l’esame del reclamo e della proposta di mediazione ad apposite strutture diverse e autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili. Con riferimento agli altri enti impositori, ai quali è stato esteso l’istituto del reclamo, il legislatore ha invece rimesso alla organizzazione interna di ciascuno di essi l’individuazione della struttura eventualmente deputata alla trattazione dei reclami; tale diversa previsione appare coerente con l’autonomia gestionale e organizzativa degli enti locali ed evita altresì di imporre un vincolo a enti che siano impossibilitati a rispettarlo, a causa, ad esempio, della loro ridotta dimensione.
Invero, il legislatore ha escluso l’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato all’istruttoria, come invece previsto per la mediazione civile, atteso che – come si legge nella relazione illustrativa – in campo tributario l’istituto del reclamo/mediazione si configura maggiormente come espressione dell’esercizio di un potere di autotutela dell’ente impositore, che va stimolato e incoraggiato, allo scopo di indurre ogni Amministrazione a rivedere i propri errori prima dell’intervento del giudice.
L’organo che procede all’istruttoria, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una propria proposta avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa. L’esito del procedimento rileva anche per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi.
In ordine al momento di perfezionamento della mediazione, occorre distinguere:
- se oggetto della controversia è un atto impositivo o di riscossione, il perfezionamento avviene con il pagamento, entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, dell’importo dovuto per la mediazione ovvero, in caso di pagamento rateale, della prima rata. Per il versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni, anche sanzionatorie, previste per l’accertamento con adesione dall’articolo 8 del Dlgs 218/1997
- se oggetto della controversia è la restituzione di somme, il perfezionamento avviene con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme dovute, con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente, consentendogli – nei casi in cui non si dia esecuzione al pagamento concordato – l’azione monitoria davanti al giudice ordinario.
In caso di conclusione positiva della mediazione, le nuove disposizioni prevedono il beneficio della riduzione delle sanzioni al 35% del minimo previsto dalla legge, con ciò introducendo importanti modifiche, più vantaggiose per il contribuente. La vigente disciplina prevede, infatti, che, in caso di mediazione, le sanzioni sono ridotte al 40% delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla mediazione, fermo restando che, in ogni caso, la misura delle sanzioni non può essere inferiore al 40% dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
Resta invariata la previsione attualmente vigente secondo cui sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano sanzioni e interessi.
Infine, si ricorda che – ai sensi del novellato articolo 15, comma 2-septies, del Dlgs 546/1992 – nelle controversie di cui all’articolo 17-bis le spese di giudizio che la parte soccombente è condannata a rimborsare sono maggiorate del 50% a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento di reclamo.
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