Per esempio, i giudici amministrativi hanno respinto i ricorsi proposti dai titolari di immobili di edilizia residenziale pubblica (Ater, Iacp) per il 2012, nei casi in cui i comuni non solo non hanno assicurato il trattamento agevolato previsto dalla legge per l’abitazione principale, ma addirittura hanno aumentato l’aliquota di base fissata per le seconde case. In effetti, per queste unità immobiliari l’articolo 13 del dl Monti (201/2011) aveva limitato il beneficio solo alla detrazione d’imposta. Solo da quest’anno il dl sulla finanza locale (102/2013) li equipara a tutti gli effetti all’abitazione principale.
Di recente il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, seconda sezione, con la sentenza 1088 del 19 luglio 2013, ha ritenuto legittima la delibera del comune che ha aumentato l’aliquota di base per gli immobili posseduti dalle imprese, nonostante il decreto Monti (articolo 13, comma 9) abbia disposto la facoltà degli enti di ridurre l’aliquota fino allo 0,4% per i soggetti Ires, vale a dire i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società. Per il giudice amministrativo, il dl 201/2011 «ha determinato i margini di manovra a disposizione dei comuni per realizzare una «personalizzazione» delle aliquote a livello di singolo ente». Con deliberazione consiliare possono modificare l’aliquota di base, in aumento o in diminuzione, fino a 0,3 punti percentuali. Dunque, gli immobili dell’impresa possono fruire dell’aliquota ridotta solo qualora i comuni abbiano ritenuto di deliberare una misura di favore.
Anche queste unità immobiliari sono soggette all’aliquota di base, «eventualmente modificabile in aumento entro il limite di 0,3 punti percentuali». Peraltro l’aumento non richiede una specifica motivazione, trattandosi di un atto generale. L’aumento dell’aliquota può essere giustificato dalla necessità di garantire il pareggio di bilancio. Tuttavia, mentre comunemente si ritiene che non sia necessario motivare gli atti generali, delibere Imu comprese, non c’è uniformità di vedute in giurisprudenza sull’obbligo di indicare le ragioni in fatto e in diritto degli aumenti delle tariffe della tassa per lo svolgimento del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti.
Il Consiglio di stato (sentenza 5616/2010) ha sostenuto che il comune deve motivare la delibera che aumenta le tariffe Tarsu per coprire i costi del servizio. E non si può invocare la necessità di assicurare la copertura totale della spesa, senza avere dati certi sullo scostamento tra entrate e costi del servizio.
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