In un contesto di riduzione della spesa e blocco dei compensi dei dipendenti pubblici, i commi 4-6 del Dl n. 98/2011 offrono la possibilità alle amministrazioni pubbliche di adottare, entro il 31 marzo di ciascun anno, piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi della politica e di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche.
I risparmi realizzati possono essere destinati, fino al 50%, alla contrattazione integrativa; il 50% di queste somme va poi utilizzato esclusivamente con l’applicazione delle fasce di merito (articolo 19 del Dlgs 150/2009).
Nel triennio 2011-2013, però, è presente la tagliola del dell’articolo 9, comma 2-bis, del Dl 78/2010 la quale stabilisce che il totale delle risorse per il trattamento accessorio non può essere superiore a quello del 2010 e che lo stesso va ridotto proporzionalmente al numero dei dipendenti cessati e non sostituiti. Ecco quindi il dubbio: nel tetto vanno ricompresi anche i risparmi che derivano dai piani di razionalizzazione? I magistrati contabili optano per l’esclusione dal blocco.
Innanzitutto viene indicato che la norma fa riferimento a economie “aggiuntive” effettivamente realizzate, superiori a quelle già previste dalla normativa vigente. Se le economie non potessero superare il tetto del fondo del 2010, sarebbe inapplicabile la norma sui piani di razionalizzazione. Norma voluta, invece, dal legislatore proprio col chiaro intento di far ricercare, all’interno del proprio bilancio, le somme che la contrattazione nazionale e quelle decentrata non porteranno, sino alla vigenza del blocco.
Infine, la Corte dei conti del Veneto, richiama l’articolo 6, comma 1, del Dlgs 141/2011, che nel rimandare l’applicazione delle fasce di merito alla nuova tornata contrattuale, fa comunque salva la possibilità di utilizzare le risorse provenienti dalle economie – appunto “aggiuntive” – realizzate con i piani .
I giudici ritengono, però, che possono incrementare il fondo solo le amministrazioni che si trovano nelle situazioni previste dall’articolo 40 del Dlgs 165 e precisamente: rispetto del patto di stabilità, riduzione delle spese di personale, rapporto tra spese di personale e spese correnti inferiori al 50 per cento.
Superati questi dubbi, agli enti rimane la concreta possibilità di individuare le voci di spesa su cui intervenire. Ma le economie non possono derivare da tagli già previsti dal legislatore. Dopo il decreto sulla spending review, quindi, il campo di applicazione potrebbe uscirne ridimensionato, pur nella consapevolezza che, a ben guardare, di risparmi da realizzare nella Pa ce ne sono ancora.
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