I fatti
A seguito della dichiarazione di dissesto di un ente locale, con decreto monocratico del giudice contabile, veniva irrogata agli amministratori e al revisore dei conti la sanzione pecuniaria e l’ineleggibilità prevista dall’art. 248, comma 5-bis, del TUEL. In particolare al revisore dei conti venivano imputate una serie di responsabilità per aver fornito parere positivo ai bilanci di previsione e al rendiconto, senza rilevare che alcuni crediti iscritti in bilancio, nonostante fossero di dubbia esigibilità, nessuna sterilizzazione al fondo crediti di dubbia esigibilità era stata effettuata dall’ente senza che ciò fosse minimamente rilevato dall’organo di revisione. Nel decreto di condanna, era stato pertanto rilevato come tale condotta non fosse conforme ai principi di sana e corretta gestione finanziaria, con la quale si è contribuito ad occultare il reale disavanzo dell’ente, utilizzando a tale fine entrate meramente fittizie, e trovando l’avallo dell’Organo di revisione unico che nulla ha eccepito in merito. Inoltre, la mancata sterilizzazione del credito, sia nel bilancio di previsione a fronte di entrate accertate, sia nel conto consuntivo nonostante la presenza di rilevanti residui, è stata causa del successivo dissesto dell’ente locale. Infatti, per il giudice contabile, il diretto effetto del FCDE sulla sostenibilità finanziaria delle scelte strategiche e programmatiche degli organi decisionali e di indirizzo dell’ente locale, all’indomani della riforma recata dalla normativa sull’armonizzazione contabile implica con tutta evidenza la responsabilità del revisore in ordine alla prudente indicazione e quantificazione di detto fondo, in modo che sia sempre garantita la rappresentazione veritiera degli andamenti effettivi della gestione secondo la programmazione stabilita. In altri termini, la compartecipazione del revisore alla causazione del dissesto è stata ravvisata nella mancata adozione di iniziative ed interventi, volti ad orientare le decisioni degli amministratori verso il rispetto dei basilari principi contabili, la cui inosservanza ha contribuito appunto al dissesto dell’ente.
La replica del collegio contabile alla difesa del revisore
A fronte del decreto sanzionatorio il revisore ha presentato impugnato il provvedimento davanti al collegio contabile in forma collegiale, eccependo in via preliminare l’obbligo di sospensione necessaria del giudizio sanzionatorio, in attesa dell’avvio da parte della Procura del giudizio ordinario di responsabilità, al fine di consentire la riunione dei due procedimenti connessi.
Per il Collegio contabile non sussistono nel caso di specie i presupposti necessari per poter disporre la sospensione del giudizio. In primo luogo, infatti, difetta la contemporanea pendenza delle due cause (quella pregiudiziale e quella dipendente), essendo pacifico che – allo stato- nessun giudizio ordinario per danno sia stato attivato dalla Procura con riferimento al dissesto del Comune. In secondo luogo, nel caso di specie, tra il giudizio ordinario di responsabilità e quello sanzionatorio non sarebbe, comunque, ravvisabile un nesso di pregiudizialità-dipendenza di tipo tecnico-giuridico che, com’è noto, necessita l’accertamento di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato. In tale direzione milita l’attuale formulazione dell’art. 248 del Tuel, che non richiede più il preventivo accertamento di responsabilità, da effettuarsi in altro e distinto giudizio ordinario. In altri termini, a dire del Collegio contabile, l’attuale configurazione della responsabilità sanzionatoria cd. “da dissesto” non considera più il default dell’ente come un aggravamento di un danno erariale già diversamente cagionato dagli amministratori con le proprie condotte, ma assume connotati autonomi, “ non invariabilmente riconnessi né alla causazione di un danno patrimoniale risarcibile in senso stretto, né alla diretta e indefettibile derivazione eziologica del dissesto dalla mala gestio degli organi di vertice, essendo sufficiente una “mera” compartecipazione causale a quest’ultimo” (Tra le tante: SS.RR. 1.4.2022, n. 4). La duplice responsabilità, risarcitoria e sanzionatoria, in cui astrattamente può incorrere l’amministratore locale, si può, pertanto, configurare in termini alternativi senza alcun vincolo di consequenzialità tra le due fattispecie, per cui la definizione di una costituisca antecedente logico- giuridico dell’altra, sicché non si ravvisano i presupposti della richiesta sospensione necessaria.
La sanzione irrogata al revisore
In ragione della responsabilità accertata in via documentale del revisore, che ha omesso di verificare sia il rispetto dell’obbligo dell’accantonamento al FCDE, vigilando anche sulla corretta individuazione, verifica e attestazione nel corso dell’esercizio dell’esigibilità delle obbligazioni giuridiche, oltre che sull’esatta determinazione dell’accantonamento minimo obbligatorio nel bilancio di previsione e nel risultato di amministrazione, deve essere confermata. Ritendo, pertanto, il Collegio contabile la grave e prolungata condotta accertata e l’imputazione soggettiva a titolo colpa grave comportino l’applicazione del moltiplicatore nella misura edittale di 10 volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. Quanto alla sanzione interdittiva, per le stesse ragioni, il Collegio ha valutato congruo applicare, un parametro medio e che, pertanto, questa è stata determinata in un periodo di cinque anni.
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