di Gianni Trovati
Enti locali. Niente accordo con il Governo in conferenza Stato-Città sul decreto spending, che però ora sarà adottato. Ridotta la quota di contributo collegata ai fondi Pnrr ricevuti
Sui tagli agli enti locali la pace fra sindaci e governo ieri in conferenza Stato-Città non è arrivata. Ma non c’è stata nemmeno guerra aperta. Perché sul decreto riveduto e corretto rispetto alle prime bozze per attenuare il colpo di forbice misurato in proporzione ai fondi del Pnrr i Comuni hanno negato l’intesa; ma nel corso della riunione hanno riconosciuto la profondità dei correttivi nati dall’intenso confronto tecnico con il ministero dell’Economia delle ultime settimane. Resta la contrarietà, insanabile, al principio in base al quale l’aver ricevuto risorse da Next Generation Eu giustifica la richiesta da parte del governo di un contributo aggiuntivo alla tenuta dei saldi di finanza pubblica: principio fortemente voluto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Nella versione finale, che dopo il passaggio in conferenza di ieri attende solo l’emanazione e l’approdo in Gazzetta Ufficiale, il taglio imposto a ogni ente locale continua a dipendere in parte dai livelli complessivi di spesa corrente, esclusa quella per il welfare locale, e in parte dai fondi del Pnrr; qui l’esclusione riguarda gli investimenti dei nuovi asili nido. Inalterato, com’è ovvio, resta il conto complessivo a carico del comparto, che deve contribuire per 250 milioni quest’anno (200 i Comuni, 50 le Province e le Città metropolitane) in una misura che vale 1,25 miliardi da qui al 2028.
La girandola delle cifre produce per esempio una richiesta proporzionalmente più alta a Genova (3,8 milioni), Taranto (1,1 milioni), Novara (440mila euro), Varese (403mila euro), Ascoli Piceno (322mila euro). In tutti questi Comuni il taglio 2024 vale il 6,1 per mille della spesa corrente, ed è dovuto al fatto che la loro partecipazione più intensa ai progetti del Pnrr ha portato in queste città più fondi comunitari. Un po’ più tenue il quadro a Venezia (2,8 milioni), Modena (823mila euro) o Catanzaro (298 mila euro), dove il taglio si ferma sotto al 5 per mille delle uscite correnti. Va detto però che con la distribuzione originaria i Comuni più attivi sul Pnrr avrebbero pagato un pegno maggiore, anche del 40%, e non si sarebbero visti alleggerire il contributo negli anni come accade invece con il testo finale.
Gli sforzi per attenuare il colpo hanno reso ancora più intricato l’incrocio delle tre variabili che concorrono a determinare il taglio (Sole 24 Ore di ieri). La prima è la quota di taglio parametrata sulla spesa, che scende progressivamente dal 65% di quest’anno al 50% del 2028. La seconda è la quota misurata sui fondi Pnrr, che naturalmente segue il percorso inverso. E a chiudere il quadro interviene la soglia massima di “tagli Pnrr” sul totale: che sale negli anni dal 90% del 2024 al 120% del 2028 ma resta molto lontana dall’ipotesi iniziale, che permetteva ai tagli Pnrr di salire fino al 300% di quelli misurati sulla spesa. Il contributo così costruito viene limato dalla restituzione ai Comuni dei fondi Covid rimasti inutilizzati, che alleggeriscono la richiesta del 17% nel 2024 e 2025 e del 27% nei due anni successivi.
Come si vede, la diplomazia tecnica si è trovata a dover costruire un’architettura complessa, che per il momento permette però di archiviare la questione senza drammi. Ma gli sguardi di tutti ora si volgono alla manovra d’autunno, dove le cifre potrebbero diventare assai più consistenti.
In collaborazione con Mimesi s.r.l. – Articolo integrale pubblicato su Ilsole24ore del 28 giugno 2024
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