La cancellazione dei residui attivi e danno da mancata entrata
Uno dei maggiori errori riscontrati dai giudici contabili veneti è rappresentato dalla cancellazione dei residui attivi avvenuto in occasione del riaccertamento straordinario anziché in sede di riaccerrtamento ordinario, come i proventi da alienazione e i crediti per morosità di una casa di riposo. A tali poste cancellate, oltre alla erronea imputazione con il riaccertamento straordinario, è stata evidenzia una negligenza conclamata da parte degli organi del Comune a ciò preposti per aver procurato la mancata riscossione di entrata iscritta in bilancio. In questo caso, secondo il Collegio contabile, si è in presenza di un pregiudizio erariale il quale si attualizza con la perdita del relativo credito: con la perdita, cioè, del diritto ad ottenere la prestazione stessa. Infatti, “nelle ipotesi di danno derivante da mancato accertamento/riscossione di crediti, ai fini della sussistenza del danno patrimoniale, non rileva il denaro oggetto del credito non incassato, che ne costituisce in senso stretto la quantificazione, bensì il credito in quanto tale”, di talché, “nell’ipotesi di responsabilità da mancata riscossione di entrate è la perdita del diritto di credito a rendere attuale il danno erariale, a prescindere dall’ attuazione in concreto della prestazione di denaro” (cfr. Sez. I^ Centr. App. n°796/2013, nonché Sezione III^ Centr. App. n°369/2012). Nei casi di “danno da mancata entrata”, infatti, ciò che attualizza il pregiudizio è la definitiva inesigibilità della prestazione, come solitamente avviene in ipotesi di prescrizione del relativo diritto, la quale segna in concreto la “deminutio patrimonii” che costituisce l’essenza del danno erariale. Tale situazione impone alla Sezione di controllo l’invio degli atti alla Procura ai fini della valutazione per possibili danni erariali.
Inoltre, in considerazione anche della crisi finanziaria dell’ente locale, la Corte veneta evidenzia come le carenze in termini di conservazione indebita delle poste di entrata (ovverosia di residui attivi, la cui conservazione ha inficiato i precedenti risultati di amministrazione) potrebbero apparire il frutto di scelte deliberate e consapevoli, finalizzate a finanziare una spesa superiore alle entrate effettivamente accertate.
Sul possibile riaccertamento straordinario-bis
Sulla possibilità, da parte delle Sezione regionali della Corte, di poter attivare una correzione del riaccertamento straordinario dei residui è stato da tempo oggetto di intervento da parte dei giudici contabili in occasione della verifica sulla correttezza della procedura condotta dagli enti locali sino dall’inizio del passaggio alla contabilità armonizzata. Sul punto si sono formati due diversi orientamenti da parte dei giudici contabili. Un primo orientamento è quello della Corte ligure (deliberazione n.2/2016) che ha ammesso la possibilità di correggere eventuali errori effettuati nella attività di riaccertamento straordinario non oltre la data di approvazione del rendiconto 2015 (30 aprile 2016), ciò all’evidente scopo di consentire all’ente interessato di correggere rapidamente gli eventuali errori commessi piuttosto che continuare ad operare in una situazione di illegittimità. Un secondo orientamento, invece, è quello della Corte della Calabria (deliberazione 52/2016), la quale partendo dal dato testuale disposto dall’art.3, co.8, del D.Lgs. n. 118/2011, ha concluso sulla unicità dell’attività di riaccertamento straordinario, aspetto questo sostanzialmente affermato anche dalla Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 4/SEZAUT/2015) secondo la quale “l’operazione è straordinaria, non frazionabile e non ripetibile”, con la possibilità di apportare eventuali rettifiche solo tramite il riaccertamento ordinario. Sempre in merito ad un atteggiamento ostativo ad operare eventuali rettifiche, in conformità al principio di unicità dell’operazione di riaccertamento straordinario di cui all’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 118/2011 e al principio 9.3 dell’allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, è stato espresso anche più recentemente in sede di controllo (Sez. controllo Sicilia n. 206/2016/PRSP; Sez. controllo Umbria, n. 34/2018/PRSE).
Preso atto di tali orientamenti, secondo la Corte veneta va distinta l’ipotesi di omesso riaccertamento straordinario entro i termini stabiliti dalla legge e l’ipotesi in cui – come nel caso di specie – si manifesta la necessità di rettificare un riaccertamento straordinario effettuato nei termini di legge a causa dell’intervenuto accertamento della presenza di illegittimità e/o errori.
Evidenziano i giudici contabili veneti, che già a suo tempo avevano condiviso la posizione dei colleghi liguri con la deliberazione n.304/2016, come il legislatore con l’art. 1, comma 848, della L. n. 205/2017, sembra aver accolto la suddetta ricostruzione ermeneutica, volta chiaramente ad evitare il perpetuarsi nel tempo degli effetti di iniziali errori e/o illegittimità e a ricondurre la contabilità dell’ente interessato nell’alveo della corretta applicazione della disciplina contabile. La predetta disciplina, per il suo tenore letterale, risulta applicabile, sostanzialmente, quindi solo in due diverse ipotesi:
a) per i Comuni che non hanno effettuato il riaccertamento straordinario;
b) per i Comuni che, a seguito del riaccertamento straordinario effettuato, sono stati destinatari di rilievi da parte delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e dei Servizi ispettivi del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nel caso oggetto di attenzione, il Comune rientra a pieno titolo nella seconda di queste ipotesi.
Conclusioni
Nella parte conclusiva il Collegio contabile, oltre a richiamare l’ente al rispetto delle procedure sulla contabilità armonizzata, gli ordina il rinnovo del riaccertamento straordinario dei residui con esplicita esclusione dei residui cancellati in tale occasione i quali, avendo generato un disavanzo da riaccertamento straordinario, sono stati indebitamente ripartiti dall’ente in trent’anni e per quote costanti, mentre se fossero passati nel riaccertamento ordinario avremmo avuto un disavanzo ripartibile al massimo nel primo anno, ovvero in quello più lungo del bilancio di previsione (artt. 162, 188, 193 e 194 del Tuel).
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