Già i giudici contabili di primo grado avevano proceduto a condannare il dirigente del servizio per aver proceduto alla proroga di un appalto di servizi in violazione della legge n.150/2000, determinando una duplicazione dei costi sostenuti dall’Ente locale per lo svolgimento di un servizio istituzionale, atteso che l’ente locale era dotato al suo interno di un Ufficio a ciò deputato, munito di propri dipendenti con profilo professionale adeguato ed in possesso di iscrizione all’albo dei giornalisti, oltreché di unità esterne aggiuntive. Nel caso specifico il Collegio contabile aveva precisato che le funzioni istituzionali di pertinenza del servizio erano state svolte, al contempo, sia dagli uffici interni che affidate all’esterno, in palese violazione dell’art. 6 della legge n. 150/2000.
Il ricorso del dirigente
Essendo stato oggetto di addebito erariale il dirigente è ricorso in appello evidenziando alcuni errori contenuti nella sentenza. In particolare ha stigmatizzato come la situazione del personale dell’URP e dell’Ufficio Stampa risultava persino peggiore di quella esistente alcuni anni prima. Infatti, le professionalità a disposizione, erano le stesse (non essendo stati assunti nuovi giornalisti, né nuove unità da adibire all’URP), ma uno dei dipendenti dell’Ufficio Stampa era stato collocato in pensione. In ogni caso, precisa il Dirigente appellante, la sua azione è stata frutto dei criteri vincolanti dell’Organo esecutivo che ha dovuto prendere atto che la dotazione organica esistente alla data della proroga, era da considerarsi ancora insufficiente ai fini dell’espletamento di un’attività di informazione e comunicazione rispondente agli standard richiesti. Il servizio appaltato, inoltre, aveva ad oggetto non l’esercizio dell’intera funzione istituzionale di informazione e comunicazione dell’ente, bensì lo svolgimento della sola parte di attività che il personale interno non riusciva ad espletare. A conferma di tale indicazione è anche il contenuto della deliberazione dell’Organo esecutivo secondo il quale si faceva riferimento ad una “gestione mista” (uffici interni ed appalto) delle attività di informazione e comunicazione, tant’è che sia il bando originario che il provvedimento di proroga, avevano ad oggetto il servizio di “implementazione” di URP ed Ufficio Stampa.
Infine, in merito al potere riduttivo non può non considerarsi almeno paritario, in presenza di un eventuale danno erariale, l’apporto della Giunta che aveva disposto i modo consapevole l’affidamento dell’appalto.
Le indicazioni della Corte di Appello
I giudici contabili di appello la legge n. 150/2000 impone, infatti, alle Pubbliche Amministrazioni la “internalizzazione” della funzione di informazione e comunicazione da esercitarsi mediante strutture e servizi da individuarsi nell’ambito dell’apparato burocratico e delle dotazioni organiche, prevedendo che le unità da assegnare all’Ufficio Stampa possano essere eventualmente costituite anche da personale estraneo alla PA, purché dotato dei titoli professionali necessari. Dalla documentazione in atti, risulta evidente come sia stato incontestabilmente accertato che, nonostante la pacifica esistenza nell’apparato dell’ente locale sia dell’Ufficio stampa che dell’Ufficio relazioni con il pubblico (URP), istituiti all’interno dell’Ente parecchi anni prima rispetto ai fatti di causa, è stato oggetto di esternalizzazione l’intero Servizio di informazione e comunicazione in sé considerato. In altre parole, non si è provveduto ad attingere dall’esterno singole unità di personale da adibire agli uffici interni a ciò preposti, ma si è “delegato” ad una società privata lo svolgimento del Servizio istituzionale, unitariamente inteso, vale a dire la funzione pubblica espressamente intestata dalla legge all’Amministrazione. Rispetto alla difesa dell’appellante, rileva il Collegio contabile di Appello che il divieto di esternalizzazione del Servizio in questione, debba ritenersi violato anche laddove l’affidamento all’esterno sia stato meramente “integrativo” o “implementativo” di quello svolto dagli Uffici interni appositamente istituiti allo scopo, atteso che è la funzione pubblica in sé per sé, a non poter essere frazionata, essendo possibile, eventualmente e ricorrendone i presupposti di legge, reperire all’esterno solamente le singole unità di personale da adibire agli uffici amministrativi a ciò preposti. Né, contrariamente alle tesi difensive sul punto, la predetta esternalizzazione, costituente chiara violazione del dettato normativo siccome avente ad oggetto l’affidamento all’esterno di una funzione istituzionale, espletabile solo attraverso strutture interne, può ritenersi giustificata dalla denunciata assenza di adeguate professionalità interne. In altri termini, l’assenza di personale avrebbe consentito, al più, il ricorso a singoli e specifici contratti di collaborazione e/o di consulenza e, comunque, avrebbe imposto la tempestiva attivazione di specifici programmi formativi (previsti dall’art. 4 della l. n.150/2000, a carico di ogni PA) del personale interno da adibire ai richiamati uffici.
Il danno erariale deve, quindi, essere confermato con la sola differenza, rispetto alla sentenza di primo grado, di un più alta riduzione, rispetto alla spesa complessiva sostenuta per il pagamento del servizio esternalizzato a causa della partecipazione dell’Organo esecutivo non evocato in giudizio dalla Procura contabile. Infatti, non v’è dubbio che l’operato della Giunta che ebbe a deliberare l’appalto originario per l’affidamento del servizio all’esterno, prevedendo espressamente la possibilità di proroga dell’esternalizzazione, abbia posto le basi del successivo e parimenti illegittimo sviluppo della vicenda, incidendo in modo rilevante nella concausazione del danno, tale da considerarne l’apporto causale pari a quello del dirigente, accogliendo per tale verso le tesi della difesa.
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