Disavanzo da extra deficit e disavanzo tecnico. Le indicazioni dei giudici contabili

14 Ottobre 2019
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A seguito del controllo dei dati relativi al rendiconto di un ente locale, i giudici contabili della Toscana (deliberazione n.334/2019) hanno verificato i dati del risultato di amministrazione a seguito del passaggio ai nuovi principi della contabilità armonizzata, evidenziando alcune criticità nella ripartizione del disavanzo da riaccertamento straordinario, avendo incluso l’ente in tale ripartizione anche il disavanzo tecnico derivante dalla reimputazione dei residui attivi e passivi.

Le operazioni contabili dell’ente sul disavanzo

Dai dati contabili, in sede di monitoraggio dei conti, è emerso che l’ente sottoposto a controllo aveva evidenziato che, a seguito dell’eliminazione di residui passivi della parte destinata ad investimenti e/o della gestione vincolata (non compensati dall’equivalente eliminazione del residuo attivo), l’ente non aveva provveduto a vincolare o destinare la corrispondente quota di avanzo realizzato. Tra le varie cancellazioni dei residui passivi vi era anche quello relativo ad un finanziamento senza che l’ente avesse disposto il correlativo vincolo nel risultato di amministrazione. Inoltre, le risorse della gestione destinate a specifici interventi o al finanziamento di spese di investimento, non utilizzate nell’esercizio per la realizzazione degli interventi cui erano vincolate o destinate, non erano state adeguatamente ricollocate tra le componenti vincolate e/o destinate dell’avanzo di amministrazione. Infine, veniva evidenziato la non corretta riallocazione, nella parte vincolata al termine dell’esercizio 2015, delle risorse vincolate e/o destinate accertate con il rendiconto dell’esercizio 2014 e con il riaccertamento straordinario dei residui, non utilizzate nel corso della gestione 2015. Nello specifico l’istruttoria aveva evidenziato che le risorse inserite nella voce relativa ai vincoli da leggi e principi contabili accertate con il rendiconto dell’esercizio 2014 e con il riaccertamento straordinario dei residui, non utilizzate nel corso della gestione 2015 per 2.149,84 euro, non erano state correttamente riportate nella parte vincolata al termine dell’esercizio 2015.

A seguito del passaggio ai nuovi principi della contabilità armonizzata, l’ente aveva proceduto al riparto del maggior disavanzo da riaccertamento in 30 annualità e con rata costante.

Le indicazioni del Collegio contabile

Nel passaggio alla nuova contabilità armonizzata, il decreto ministeriale 2 aprile 2015 ha disposto, per i casi in cui è stato accertato un maggiore disavanzo da riaccertamento, che gli enti provvedessero al finanziamento del disavanzo nei termini e con le modalità ammesse dal decreto stesso, indicando una rateizzazione del disavanzo a cui deve essere data effettiva realizzazione negli esercizi previsti e per gli importi per ciascuno definiti. In particolare, all’art.4 del decreto è stato stabilito che le quote di maggiore disavanzo da riaccertamento non ripianate negli esercizi ove è stata disposta la rateizzazione devono essere considerate “disavanzi ordinari” da finanziare ai sensi dell’art. 188 TUEL, in aggiunta alla quota del recupero del maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento prevista per ciascun esercizio e di eventuali quote di recupero previste dai piani di rientro in corso di attuazione. In conseguenza di tali indicazioni, il disavanzo dell’ente risulta composto di due quote, la prima realizzata al termine dell’anno 2015 e una quota discendente dal disavanzo da riaccertamento straordinario. Dai conti dell’ente, pertanto, emerge che la suddivisione del risultato nelle due componenti è stata effettuata considerando che il disavanzo da riaccertamento straordinario al 1 gennaio 2015, deve risultare ridotto, al termine dell’esercizio 2015, in misura almeno pari alla rata definita dall’ente nel piano di rientro adottato ai sensi del decreto ministeriale. Nel caso di specie, però, gli atti del rendiconto, così come gli ulteriori elementi emersi dall’istruttoria sull’esercizio 2015 e dalle operazioni di riaccertamento straordinario, hanno evidenziato che la quota da ripianare nell’esercizio doveva tenere conto anche dell’avanzo tecnico realizzato nel 2015 a seguito della reimputazione di residui attivi in misura maggiore dei passivi e del fondo pluriennale vincolato. In merito al disavanzo, precisa il Collegio contabile, si deve ritenere che al termine dell’esercizio, il disavanzo deve risultare ridotto oltre che della rata di extradeficit da coprire nell’annualità in chiusura o, quando maggiore, dalla quota di avanzo tecnico realizzata nell’esercizio onde evitare che questo, contrariamente a quanto disposto dal principio contabile, vada di fatto a finanziare nuove spese e non a ridurre la condizione di disavanzo. In altri termini, l’ente ha proceduto ad una non corretta definizione del “maggiore disavanzo” ancora da finanziare al termine dell’esercizio 2015 il quale costituisce una grave irregolarità contabile, poiché viene rinviato ai successivi 29 anni il finanziamento di un disavanzo di amministrazione non derivante dalle operazioni di riaccertamento straordinario dei residui di cui al D.Lgs 118/2011.

La grave irregolarità del disavanzo

Precisa il Collegio contabile come, in disparte la quota di disavanzo derivata dalla cancellazione di residui attivi e passivi da reimputare ad esercizi successivi e della quota eventualmente generata al momento della reimputazione dei crediti e debiti già assunti, il risultato negativo ha infatti alla base la sussistenza di residui attivi inesigibili o di dubbia e incerta esigibilità, mantenuti in bilancio e per i quali i nuovi principi contabili hanno richiesto la cancellazione o l’accantonamento nell’apposito fondo, ovvero la presenza di passività potenziali o situazioni debitorie latenti per le quali la legislazione oggi vigente richiede la costituzione di accantonamenti nei fondi rischi. Il disavanzo può inoltre derivare dall’obbligo di mantenimento, nel risultato di amministrazione, dei vincoli esistenti sulle entrate affluite al bilancio e non impegnate per le finalità a cui erano vincolate o destinate. Ora, indipendentemente dalle cause che hanno generato un disavanzo, la sua sola presenza, a detta dei giudici contabili, deve essere segnalato agli enti poiché espressione di situazioni patologiche che richiedono interventi immediati di rimozione o risanamento, al fine di ricondurre il bilancio dell’ente a condizioni di equilibrio e stabilità finanziaria. In conclusione, secondo la Corte toscana, è necessaria l’adozione da parte dell’ente di idonee misure correttive, ai fini del ripristino di una corretta gestione finanziaria. Nello specifico l’ente dovrà provvedere al finanziamento del disavanzo di amministrazione con gli ordinari strumenti previsti dall’art. 188 del TUEL ovvero, in riferimento all’extradeficit, provvedere alla relativa copertura nei termini definiti nella delibera consiliare approvata ai sensi del d.m. 2 aprile 2015.

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