Dissesto per il comune in piano di riequilibrio che elimina i residui passivi, sottostima il FCDE e utilizza il fondo rischi per il pagamento di debiti fuori bilancio

13 Settembre 2018
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Il caso riguarda un comune che aveva attivato la procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (ex art.243-bis del Tuel) al fine del superamento della crisi economica e finanziaria che, nonostante il parere positivo della Commissione di stabilità finanziaria gli è stato denegato il piano di riequilibrio dalla Corte territoriale. Tanto da appellare il diniego presso la Corte dei conti a Sezione Riunite che con la sentenza 06/09/2018 n.24 ha confermato il diniego, conducendo l’ente locale al dissesto.

Il parere della Commissione ministeriale

La Commissione di stabilità finanziaria degli enti locali, nella relazione trasmessa alla Corte dei conti della Campania ha rilevato la conformità del piano ai contenuti alle disposizioni normative di riferimento, oltre che alle indicazioni contenute nelle Linee guida elaborate dalla Corte, concludendo per una ragionevole sostenibilità, ex ante, del percorso di risanamento pur ponendo degli specifici avvertimenti relativamente ad aspetti della gestione finanziaria ritenuti meritevoli di costante monitoraggio. La stessa Commissione ministeriale ha avuto, inoltre, modo di attestare l’integrale recupero del disavanzo ordinario (per € 16.225.904,99) e delle quote extradeficit (€ 1.379.119,89) imputate alle annualità 2015 e 2016.

Le conclusioni della Corte territoriale

A seguito delle integrazioni documentali e della discussione avuto con il Comune, la Corte territoriale evidenziava errori di imputazione contabile ed in particolare non condivideva la procedura di accantonamento al FCDE operata dall’ente locale. Sul punto, l’ente locale precisa come l’accantonamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità, operato in sede di rendiconto 2015 per 39.254.931,15 euro, ha evidenziato come lo stesso sia scaturito dall’applicazione del c.d. metodo ordinario ridotto alla stregua del quale, laddove l’ente in sede di bilancio di previsione abbia optato per una percentuale di accantonamento più bassa del 100% – nel caso di specie quella del 36% – può avvalersi di tale riduzione anche in sede di rendiconto (limitatamente ai residui della competenza 2015 dovendo per quelli afferenti agli anni precedenti applicarsi il metodo ordinario pieno). Del pari congruo deve ritenersi secondo le prospettazioni dell’Ente, alla luce di tale principio, il FCDE quantificato, a consuntivo, 2016 in 43.008.339,28 euro mediante applicazione della percentuale di abbattimento del 55%. E’ stato puntualizzato, inoltre, che tale criterio – applicato correntemente dagli enti locali e valorizzato nello schema tipo di relazione approvato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti – trova fondamento giuridico nell’allegato 4/2 come modificato dal D.m. 20 maggio 2015.

La Corte territoriale ha, inoltre, evidenziato che, la non corretta procedura dell’ente locale che, a fronte di un consistente debito fuori bilancio, ha accantonato le somme corrispondenti al fondo rischi stanziato per far fronte ai debiti già notificati all’Ente e per l’insorgenza di nuovi debiti. Contrariamente a tale procedura, il Collegio contabile ha precisato che in caso di ente in disavanzo, devono reperirsi ex novo le risorse necessarie a sostenere le spese cui erano originariamente destinate le entrate vincolate. In questo modo, precisa il comune l’ente si troverebbe a finanziare due volte lo stesso debito una volta in sede di accantonamento, una seconda volta in sede di riconoscimento e finanziamento mediante l’individuazione di risorse ulteriori.

Le indicazioni delle Sezione Riunite

Secondo le Sezioni Riunite un primo punto di criticità è rappresentato dalla superficialità con cui il comune, in sede di predisposizione del piano, ha dato corso alla revisione straordinaria dei residui attivi e passivi che, come noto, anche alla luce della espressa previsione di cui all’art. 243-bis comma 8 lett. e) Tuel assume valenza centrale nell’ambito delle attività necessarie per il compiuto avvio del percorso di risanamento. Sul punto non può non essere precisata l’irregolarità con la quale l’ente locale a fronte di un disavanzo attestato in 16.225.904,99 euro sia stato successivamente rideterminato, in considerazione dei risultati favorevoli registrati all’esito dell’esercizio 2014, in 8.703.685,47 euro giusta deliberazione n. 51 del 31 agosto 2015 di Consiglio comunale con la quale si è, conseguentemente, provveduto ad una rimodulazione delle quote di disavanzo da imputare a ciascuna delle residue annualità (2015/2023) del piano dandosi, altresì, atto dell’avvenuto ripiano della quota pari a 1.300.000,00 euro prevista per il medesimo esercizio 2014. In tale perimetro, il Collegio contabile territoriale ha evidenziato l’intempestività della revisione dei residui passivi rispetto agli attivi riconducendo la stessa al disordine organizzativo e riconoscendo, peraltro, “che una più attenta attività di riaccertamento avrebbe consentito di determinare in sede di prima approvazione del piano un disavanzo inferiore a quello effettivamente quantificato”.

a. La non corretta gestione dei residui.

In questa prospettiva, correttamente, la Sezione regionale di controllo ha evidenziato che “anche per il 2015 la gestione dei residui da fattore di squilibrio, rilevato ex ante in sede di accesso alla procedura di riequilibrio, diviene misura di riassorbimento del disavanzo medesimo”. D’altro canto i chiarimenti forniti dall’Ente, circa il disallineamento rilevato dalla Sezione di controllo in relazione alla cancellazione dei residui passivi di parte capitale rispetto alla cancellazione degli omologhi residui di parte attiva, ed in ordine alla commistione degli effetti sul risultato di amministrazione 2015 delle operazioni di riaccertamento straordinario ed ordinario, non appaiono persuasivi.

Infine, irregolarità sono emerse, altresì, in relazione alle operazioni di cancellazione dei residui passivi di parte capitale poste in essere nel corso dell’esercizio 2016 che, in quanto afferenti ad impegni impropri (c.d. residui di stanziamento) avrebbero dovuto essere effettuate in sede di riaccertamento straordinario, a mente delle chiare indicazioni di cui al punto 9 dell’allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011.

b. L’errato calcolo del FCDE c.d. ridotto

A tali criticità si aggiungono quelle relative alle risultanze delle verifiche svolte dalla Sezione regionale di controllo in relazione al Fondo crediti di dubbia esigibilità quale posta suscettiva di incidere sulla corretta quantificazione del c.d. maggior disavanzo – conseguente alla rivisitazione del risultato di amministrazione al 1 gennaio 2015 in ragione del passaggio al nuovo sistema di contabilità armonizzata – e, comunque, di originare – laddove non congruo – ulteriori situazioni di squilibrio.

La Sezione regionale di controllo ha ravvisato irregolarità, puntualmente richiamate, e dettagliatamente, motivate nella impugnata deliberazione, in relazione all’accantonamento operato al 1 gennaio 2015 oltre che alla quantificazione del suddetto Fondo, in sede di rendiconto 2015 e di rendiconto 2016: oggetto di censura sono state, in particolare, l’applicazione di un preteso “metodo c.d. ordinario ridotto” (non rinvenibile nel principio contabile) e le modalità osservate dall’Ente laddove ha fatto ricorso, a previsione ed a rendiconto, ai medesimi criteri di calcolo. Sul punto le Sezione Riunite rimarcano come l’interpretazione resa dalla Sezione regionale sia in linea con le indicazioni, peraltro chiare e prive di margini di incertezza ricostruttiva, rese al punto 3.3. del principio contabile n. 4/2 in ordine alle metodologie ammissibili (metodo ordinario/metodo semplificato) ed in ordine alla netta differenziazione tra i criteri di calcolo applicabili, rispettivamente, a previsione ed a rendiconto.

c. Finanziamento debiti fuori bilancio

Infine, in merito al finanziamento dei debiti fuori bilancio mediante accantonamento al risultato di amministrazione, la Sezione regionale ha ritenuto illegittima la modalità di finanziamento dei debiti mediante applicazione di una quota dell’avanzo di amministrazione accantonato a fondo rischi rilevando che la stessa costituisce una valida copertura, in competenza, solo se effettiva e, dunque, solo in caso di risultato positivo dovendo, altrimenti, reperirsi risorse ex novo. Le SS.RR. ritengono di condividere l’orientamento ermeneutico della Sezione regionale (cfr. in termini SRC Piemonte 23/2017; SRC Campania 249/2017/PAR; SRC Liguria 103/2018/PRSP) in quanto coerente con i principi informatori del nuovo sistema contabile ed in linea con le coordinate offerte dalla giurisprudenza costituzionale con le sentenze n. 70 e n. 192 del 2017. D’altro canto la riflessione in atto presso la Commissione Arconet per l’adozione di un intervento normativo volto ad ovviare alle conseguenze di tale rigorosa ricostruzione – documentata dalla difesa dell’Ente con la produzione del verbale relativo alla riunione dell’11 aprile 2018 – costituisce, a parere di questo Collegio, conferma della fondatezza dell’assunto.

Sulla base delle su indicate motivazioni il ricorso del comune deve essere rigettato.

 

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